martedì 29 gennaio 2008

Una casta di mafiosi, il voto ed il comunismo cinese

Domenico Crea ha questo curriculum:
"Una vita politica che ondeggia tra centrodestra e centrosinistra quella di Domenico 'Mimmo' Crea, il consigliere regionale arrestato la scorsa notte dai carabinieri di Reggio Calabria. ''Ma al di la' dei suoi cambi di casacca -a sentire il pm della Dda di Reggio Calabria, Mario Andrigo, che ha condotto l'operazione Onorata sanita' ed e' uno dei due pm del processo per il delitto Fortugno- Domenico Crea era sempre punto di riferimento di almeno tre cosche della ionica reggina, gli Zavettieri di Roghudi, i Morabito di Africo e i Cordi' di Locri''. Una figura ''paradigmatica'', per il Pm, di un certo modo di fare politica. Consigliere regionale fin dalla sesta legislatura (ha ricoperto l'incarico di assessore all'Urbanistica ed all'Ambiente e poi assessore all'Agricoltura, in seguito e' stato capogruppo del Ccd ), Crea e' rieletto nella settima legislatura, sempre nella lista del Ccd, con circa 9000 voti di preferenza e, nella Giunta di centrodestra di Chiaravalloti, ha ricoperto l'incarico di Assessore al Turismo. Poi, defenestrato dall'incarico, trova collocazione nelle liste della Margherita alle elezioni d'aprile del 2005. Una candidatura, in verita', assai contrastata: il governatore Loiero e Franco Fortugno espressero dubbi ma per lui si mossero i big dell'allora partito DL in Calabria e a Roma (la sua candidatura fu resa nota con un comunicato ufficiale della Margherita da Roma). Nonostante le 8200 preferenze non venne eletto: in provincia di Reggio la Margherita porto' al successo l'attuale assessore al bilancio Demetrio Naccari e Fortugno. Ed e' solo dopo l'assassinio di Fortugno che Crea varca il portone dell'Assemblea regionale calabrese. Ma le perplessita' non sono mai cessate e sono anzi aumentate quando Alessandro e Giuseppe Marciano', padre e figlio, vennero arrestati come presunti mandanti del delitto Fortugno. In quella occasione il presidente della Regione Loiero ''invito''' Crea, pur considerato estraneo al fatto criminale, a farsi da parte dopo l'arresto dei due, che ora sono destinatari di due ordinanze di custodia anche nell'ambito dell'operazione sulla sanita'. Crea non lascio' il consiglio regionale ma la Margherita, aderendo alla DC di Rotondi e diventandone capigruppo. (ANSA)"

Vorremmo tanto sapere chi, nella Margherita, sponsorizzo' all'epoca questo personaggio.
La cosa "incredibile" è che, prima del passaggio sotto Rotondi, si alleò alle ultime provinciali con una lista autonoma legata alla vedova Fortugno, Maria Grazia Laganà (fonte La Stampa).

Probabilmente per il dott. Mastella questi comportamenti sono legati ad una logica di gestione del potere che non deve scandalizzare ed alla quale tutti bene o male si uniformano.
Questo un dettaglio di ciò che è stato intercettato in Calabria:

"Il valore degli assessorati era ben chiaro a Crea, che puntava alla fetta più grossa: la sanità. "La sanità è prima, l'agricoltura e la forestale seconda, le attività produttive terza; in ordine, dai, come budget. Sette mila miliardi con la sanità, 3 miliardi 360 milioni di euro hai ogni anno sopra il bilancio della sanità", dice il consigliere regionale arrestato parlando con Antonio Iacopino, suo uomo di fiducia.

"Gli assessorati più grossi sono sanità, attività produttive, agricoltura e forestazione che gestiscono quello che vogliono, gestiscono tutto. E nella sanità nessuno si accorge di niente, puoi fare quello che vuoi", ripete il consigliere nominato dopo la morte di Francesco Fortugno.

Crea parla di soldi da gestire, di affari e di potere. Un intrigo che ha reso ricche tutte le persone coinvolte. "Il più fesso dei miei è miliardario... e ti ho detto tutto...Però fino ad un certo punto si sono comportati bene - spiega al suo interlocutore il consigliere finito in manette, riferendosi ai suoi faccendieri - Che te ne fotte dello stipendio. Cioè, ma quando hai me, cretino, tu che puoi fare? Ti prendi i diecimila euro da consigliere? E che c... sono?".(fonte TGcom)

A questo sistema di potere il parlamento ha concesso un commosso tributo con un lungo applauso nel momento in cui il dott.Mastella rassegnava le dimissioni da ministro del Giustizia (sic!) ed attaccava i giudici che costringevano la sua consorte agli arresti domiciliari per una vicenda di raccomandazioni legate al sistema sanità in Campania.Con lo stesso spirito con cui si celebra, oggi, l'anniversario della morte di un latitante come Craxi.

Perchè a Napoli si dovrebbe ragionare in modo diverso rispetto a Reggio Calabria?

Chi garantisce trasparenza nelle nomine e nella gestione ?

Ora lor signori ci propongono un nuovo parlamento, nuove regole a traino di nuove elezioni. Perchè? Cosa dovrebbe cambiare nella sostanza e nei modi in cui si gestisce il potere?

Questa casta di politici sono gli stessi che gestiscono municipalizzate ed aziende a partecipazione pubblica, sono quelli che vogliono convincerci della necessità di passare la mano nella gestione delle stesse al privato. Motivi di efficienza si dirà.Una strategia di occupazione del territorio precisa dico io. Crei strutture e business economicamente appetibile sulla pelle dei cittadini e poi ti spartisci il tutto con qualche principe del mercato alla Montezemolo o Della Valle. Un pò quello che avviene in Cina, paese in cui i nuovi ricchi che gestiscono aziende private appartengono, nel 90% dei casi, per legami parentali al potere politico.

Questo è lo scenario amici e compagni. Qualcuno di voi ha voglia di dedicare ancora del tempo a questo tipo di politica o forse non pensa che sia il caso di rovesciare il tavolo compresi i commensali?

lunedì 21 gennaio 2008

Craxi

Ma abbiamo bisogno di celebrare uno così? Probabilmente si, visto che quella che prevale è la logica mastelliana del così fanno tutti. E sappiamo che lui rivendicò, all'epoca, in parlamento il diritto a rubare perchè costume italico e così facevano tutti.
Al contrario di dire "signori, abbiamo fallito come classe dirigente e quello che corriamo il rischio di lasciare (oltre al debito pubblico) è immondizia morale di cui si ciberanno le nuove classi dirigenti, quindi togliamoci di torno e scontiamo le nostre colpe dedicandoci al volontariato e andando a raccontare come non si dovrebbe gestire la cosa pubblica" lui prima e loro adesso dicono " Non potete processarci solo perchè si intascava qualche tangente e concepiamo il potere come un club chiuso in cui spartirsi poltrone e soldi pubblici ed in cui entri solo se sei fidato, fai favori, porti voti e sei parente. Che tu non sia una cima non conta un cazzo"
Sarà mica un caso se, oggi, gli italiani non si fidano più di nessuno.
La loro colpa maggiore è di lasciarci, probabilmente, nelle braccia di qualche fascista di nuovo vestito.

venerdì 18 gennaio 2008

Il discorso di San Mastella e video di commento

Signor Presidente,
le considerazioni analitiche che avrei svolto in tutta la loro compiutezza le allego
alla sua attenzione e all’attenzione dei colleghi di quest’aula. Notizie di poche ore fa, di
quelle che tramano e sconvolgono la vita delle persone, annunciate al solito con
battage pubblicitario della stampa e finanche da qualche pamphlet editoriale che nelle
ultime pagine di un brillante giornalista aveva raccontato e profetizzato queste cose.
Mi fanno fare, ve ne chiedo scusa, un discorso forse molto diverso e certamente
diverso rispetto a quello che avevo maturato per le mie convinzioni e per il tratto di
funzionalità istituzionale che mi ha accompagnato in questa mia esperienza come
ministro Guardasigilli.
Vi parlo però Onorevoli Colleghi, col dolore nel cuore di chi sa che, a causa del suo
impegno pubblico, delle sue profonde convinzioni e delle sue idealità, si trova ad
essere colpito negli affetti più profondi, incredulo ed impotente.
Ho provato, ho creduto, ho sperato che la frattura tra magistratura e politica
potesse essere ricomposta, attraverso la dialettica, il confronto, il dialogo, l’incontro.

ESEMPIO DI DIDATTICA MASTELLIANA

In origine era un oscuro professore, da lì la sua abilità oratoria


Ma devo prendere atto che nonostante abbia lavorato giorno e notte per dimostrare la
mia credibilità e la mia buona fede di interlocutore affidabile per il mondo della
giustizia, oggi mi accorgo che sono stato invece percepito da frange estremiste come
un avversario da contrastare, se non addirittura come nemico da abbattere.
Ho creduto infatti, pur consapevole della estrema difficoltà di quella che alcuni
reputano una mission impossibile, di dover rifiutare la pericolosa tentazione di chi
vorrebbe indirizzare la Giustizia italiana verso la palude della rassegnazione e
dell’impotenza, suggerendo la ineluttabilità di un conflitto perenne e di
disfunzionamenti ormai cronici e ahimè irreversibili.
L’illusione di poterci riuscire mi ha fatto fare ogni sforzo, con un Parlamento mai
così fragile e incerto in tutta la mia trentennale esperienza d’Assemblea.
Ho avuto l’illusione di poter riformare l’ordinamento giudiziario in accordo con la
magistratura e nell’interesse del Paese. Ho avuto l’illusione che le soluzioni trovate per
migliorare l’efficienza, motivare il personale, ridurre costi dell’esposizione debitoria,
nonostante al mio arrivo a via Arenula non avessi trovato, non per responsabilità
alcuna, ma perché così era, né la benzina per le macchine, né la carta per i fax dei
magistrati, ho avuto l’illusione, lo ribadisco, che tutto ciò potesse essere prova della
mia onestà intellettuale e assenza di secondi fini.

LA MISSIONE DI SAN MASTELLA SECONDO SORDI
Il suo vicino il nostro caro amato paese


Ho avuto l’illusione di poter affermare con convinzione e senza riserve il valore,
fondamentale nel nostro assetto costituzionale, del principio dell’esclusiva soggezione
del giudice alla legge.
Soltanto – sottolineo soltanto – alla legge, ma almeno alla legge. In mancanza di
ciò, credevo e credo che è la base stessa su cui poggia l’autonomia e l’indipendenza
della magistratura ad essere messa a rischio e in discussione.
Queste mie convinzioni, purtroppo queste mie illusioni, oggi trovo frantumate
contro un muro di brutalità, di indisponibilità, di chiusure e di egoismi di parte.
Ho dedicato, e non per questo me ne rammarico, tutte le mie energie nell’ultimo
anno per affermare e dimostrare che ci si poteva riuscire, che tra i poteri e le
istituzioni il dialogo avrebbe premiato, convinto come sono, nella mia coscienza
ispirata dalla fede, che solo nell’incontro e nella relazione con l’altro si trova la
soluzione. Oggi qui le mie certezze vacillano, e con esse la mia storia di politico aperto
al dialogo e all’altro si trova in una crisi profonda.
Non si illudano però coloro che confidano nello sconforto, coloro che credono che le
ferite sul piano personale e sentimentale possano essere determinanti per farmi
cambiare idea e percorso.
Lo sapevamo, ce l’ha insegnato Aldo Moro, che non siamo chiamati a preservare un
ordine semplicemente rassicurante. Lo sapevamo che nello sfidare l’ordinaria
grettezza saremmo potuti rimanere impigliati nella palude degli egoismi, delle
diffidenze e delle cattiverie.
Mentre ero dedito a questo lavoro, modesto certo, lo so, ma pieno di granitica
sincerità, è iniziato un tiro al bersaglio nei miei confronti, quasi una ostinata caccia
all’uomo, un’autentica persecuzione umana, Sono state utilizzate centrali d’ascolto con
corsie privilegiate ogni qualvolta nel computer si accendeva la spia – mai parola fu più
usata a proposito – che segnalava il mio nome o quello dei miei amici. Tutta la mia
famiglia è stata in questo periodo intercettata.

MASTELLA LA FAMIGLIA ED I COMPUTER INTERNO E NATURA MORTA
Della serie i figli sò piez e core (e strunz!).Però fanno carriera senza capire un cazzo

Siamo così diventati, anche come partito, in quel di Potenza un partito di tale
rilevanza quanto ad intercettazioni subite, da poter superare, colleghi della
maggioranza e dell’opposizione, agevolmente la soglia di sbarramento di qualsiasi
percentuale elettorale. Eppure ho resistito a tutto questo.
Ho resistito a tutto questo forte della mia passione politica, delle mie convinzioni
del modo in cui si tenta di superare in sintesi anche contrasti e antagonismi
permanenti. Ma per delegittimarmi è bastato che un piccolo nucleo di magistrati, per
alcuni dei quali l’integrità è contestata da altri magistrati, dello stesso distretto, quelli
che hanno operato in questa vicenda.
E’ bastato che questo gruppetto innescasse un congegno violento, privo di obiettivi
e riscontri nella realtà, confondendo ciò che è tipico della politica anche in maniera
distorta, lo riconosco, ma che rivendico alla politica e ai conflitti interni della politica,
ai riti della politica, è bastato tutto questo per puntare al cuore con un pregiudizio che
desse l’idea di un sistema di potere in Campania da combattere, travisando realtà e
norme penali, per interrompere il mio lavoro. Avevo resistito nel fortino personale,
saldo in questa certezza nelle mie convinzioni, a tutte queste scorribande corsare
contro di me, contro la mia vita personale e politica con l’intento dichiarato di creare
panico e terrore tra i miei sostenitori i cui ideali ad ispirazione cristiana forse ancora,
chissà, creano motivo di preoccupazione politica.
Ora però, rispetto a componenti di un ordine che disinvoltamente hanno il
vantaggio, perché non riconoscerlo, di poter fare e di poter decidere dei tuoi destini
prescindendo dalla tua volontà e dai tuoi comportamenti; rispetto all’imprevedibile
apertura di varchi che toccano i miei affetti, la mia famiglia, mia moglie, getto la
spugna.
E’ la prima volta, confesso, che ho paura.
Ho combattuto la mia battaglia fin quando il combattimento era alla pari, leale e
non arrivavano colpi bassi e imprevisti, perché dalla tua condotta politica nulla
lasciava presagire, nonostante il mio temperamento, i miei eccessi un po’ barocchi, il
mio stile inconfondibile, il mio, eccessivo forse, lo riconosco, è bastato tutto questo e
nulla lo lasciava presagire rispetto a questo un concertato volume di fuoco per
distruggere la tua persona, la tua dignità, i tuoi valori.
Oggi tocca a me, in precedenza è toccato ad altri, tocca ai cittadini italiani per
questo potere straordinario che un ordine rispetto ad altri ha stabilito per sé.
Non fosse per il fatto, Onorevoli Colleghi, che patior ergo sum, soffro
ontologicamente con me stesso, tutto mi appare irreale, innaturale fuori da ogni logica
che si componga con la vita politica fatta anche di scontri, di rivalse, di umori, di
indicazioni, di nomine, ma perché quelle che fanno i politici sono illecite e quelle che
fanno i magistrati sono lecite?
Non è possibile che il potere di vita e di morte pubblica, di vita e di morte di un
Governo, possa appartenere oggi a questo pacchetto di mischia giudiziaria, in altre
circostanze ad altri pacchetti di mischia, senza che tutto questo avvenga, senza come
in questo caso, nel caso della mia famiglia, senza essere ascoltati, senza una
controprova, senza una richiesta di spiegazioni, in attesa di un giudizio che non si sa
né come né quando arriverà.
Questo criterio di valutazione ideologica non è mio ed appartiene per fortuna ad
una componente minoritaria, riconosco, della magistratura. Si tratta di un
neogiustizialismo che ho combattuto, che ha fatto capolino negli ultimi tempi della
storia giudiziaria del nostro Paese e che è soltanto intento a decretare l’umiliazione
umana, mediatica e politica di chi è contro di loro.
E qualora questo pacchetto di mischia si fosse sbagliato? Chi ripagherà un domani
la mia famiglia e la mia famiglia politica di questa umiliazione subita?
Le tante famiglie italiane, centinaia di migliaia che subiscono queste umiliazioni e
queste ferite?
E se eventualmente salissero in quota responsabilità per un opera di demolizione
eterodiretta tesa a scardinare il presunto sistema di potere, chi ne risponderà? E a chi
costoro risponderanno?
Oggi a me in questa giornata, confesso, molto molto particolare mi è dato solo
prendere atto di questa scientifica trappola che mi è stata mediaticamente prima e
giudiziariamente dopo tesa in modo vile ed ignobile.
Così come è altrettanto vile e ignobile prendere in ostaggio mia moglie cui voglio
un mondo di bene e a cui rinnovo il mio affetto e che si esalta in una vita comune e
che sperimenta anche nella sofferenza il valore della famiglia.
Per questo non posso consentirmi, proprio, per quest’ostaggio, né torsioni né
movimenti scomposti che apparirebbero come irregolari e non in linea con il rispetto
che si deve ad un giudizio di cui si è serenamente in attesa.
Nessuno si illuda, però. Da altre postazioni continuerò, continueremo a combattere
la nostra battaglia, con un’esperienza e con delle ferite in più, consapevoli di essere
arrivati al vero nodo della democrazia – lo scontro sotterraneo e violentissimo tra i
poteri – avendo subito ora, da Ministro della Giustizia, quello che dopo 30 anni di
specchiata carriera politica non ho mai subito e non avrei mai immaginato. In questi
pochi mesi ho avuto il triplo di avvisi di garanzia che mai ho avuto nella mia vita di
trent’anni di vita parlamentare politica ed umana.
Continuerò però insieme a tutti coloro i quali vorranno crederci, e che avranno la
speranza di chi, come me, è cresciuto ed ha imparato ad essere certo del bene, anche
quando, colpiti dall’ingiustizia e dalla violenza lo si intravede molto molto in
lontananza ed appare opaco.
Mi dimetto dunque, Onorevoli Colleghi mi dimetto, perché tra l’amore per la mia
famiglia e il potere scelgo il primo.
Io, questo onnipotente Mastella, sceglie il primo.
Avrei potuto operare sottili distinguo giuridici restando al mio posto.
Mi dimetto per essere più libero umanamente e politicamente, mi dimetto sapendo
che un’ingiustizia enorme è la fonte inquinata di un provvedimento perseguito con
ostinazione da un procuratore che l’ordinamento manda a casa per limiti di mandato e
per questo me ne addebita la colpa. Colpa che invece non ravvisa nell’esercizio
domestico delle sue funzioni per altre vicende che lambiscono suoi stretti parenti e
delle quali è bene che finalmente il CSM se ne occupi per dignità.
Mi dimetto riaprendo la questione delle intercettazioni assai spesso manipolate, a
volte estrapolate ad arte, assai spesso divulgate senza alcun riguardo per la
riservatezza dei cittadini e per la libertà della persona umana.
Mi dimetto perché ritengo, anche dopo la mia dolorosa esperienza, che vada
recuperata la responsabilità perlomeno civile dei magistrati, sulla scorta della
giurisprudenza della Corte di Giustizia di Strasburgo.
Ho trovato, lo riconosco, nel corso della mia attività istituzionale intensa una
stragrande maggioranza di magistrati seri e imparziali, ma mi sono imbattuto anche in
alcuni che fanno del pregiudizio, soprattutto contro la politica ed i politici, la ragion di
vita della loro attività professionale.
Come ci si può difendere però da questi il cui potere di interdizione, di vita e di
morte, di delegittimazione appare senza confini?
Mi dimetto per senso dello Stato e lo faccio senza tentennamenti in fondo avrei
potuto restare al mio posto.
Un Ministro della Giustizia che non è in grado di difendere neppure la moglie
dall’assalto violento ed ingiusto di accuse balorde e non riesce ad evitarne neppure
l’arresto ai domiciliari non è certo in grado di inquinare prove perché è talmente
risibile il proprio potere che lo si può lasciare tranquillamente al proprio posto.
Mi dimetto dunque per riaprire una questione fondamentale e democratica, di
emergenza democratica tra la politica e la magistratura.
Anche perché, come ha scritto Fedro: “Gli umili soffrono quando i potenti si
combattono”, grazie.


COMMENTO FINALE: MASTELLA SO CAZZI TUOI
Chiave di lettura:
ambientazione: parlamento o consigli di vario genere (comune/regione etc.)
protagonisti: classe dirigente
morale: ghigliottina unica speranza?

Rieducare un adolescente



Questo articolo è comparso questa mattina sulla stampa, l'autore è Massimo Gramellini:



"Il Sessantotto è finito. Almeno in Germania, dove i servizi sociali hanno condannato un adolescente intrattabile a trascorrere nove mesi in un campo di rieducazione. Nessun lager. Semmai un gulag, visto che il piccolo bullo è finito in trasferta a Sedelnikovo, caratteristico villaggio siberiano a 55 gradi sotto zero e senza acqua calda, dove potrà sfogare i suoi bollenti spiriti spaccando la legna necessaria a non morire congelato.

Vogliamo dirlo? Finalmente una misura di sicurezza che mira davvero al recupero del condannato. Da un carcere, nove volte su dieci, sarebbe uscito con il diploma di delinquente professionista. E anche le misure alternative non avrebbero scalfito più di tanto la sua balordaggine. Mentre un’esperienza estrema di disagio fisico è come l’aratura del campo: incide in profondità. Solo dentro i nuovi solchi si potranno gettare i semi della compassione e del dialogo che, lanciati adesso, rimbalzerebbero sopra la crosta, andando sprecati.

C’è già chi, obbedendo stancamente agli schemi del secolo scorso, ha bollato questo provvedimento come fascista. Gli si potrebbe rispondere che a essere fascista non è mai la durezza in sé, ma la durezza ingiusta, prevaricatrice e arrogante. Fra i tanti modi di voler bene a chi fa del male, quello di sottoporlo a uno choc naturale che gli consenta di rimodellarsi il carattere è forse il più adulto e sincero di tutti. Perciò in Italia, terra di finti buoni e di ipocriti autentici, non si applicherà mai."

Non mi meraviglia più nulla ormai.In una società puzzolente dove uno stuolo di parlamentari rivendica come un diritto il fare politica con le minacce, in cui si formano famiglie che hanno come unico scopo quello di fare affari occupando spazi e poltrone, dove ci si abbarbica alla poltrona pur vedendo decine di migliaia di concittadini convivere con la merda.Un paese come il nostro, dove i Tanzi truffatori trovano cordate di amici per continuare a fare affari, o gli evasori alla Valentino Rossi fanno pubblicità dando del patacca a chi prova a vendergli un computer. Un luogo in cui c'è una vetrina di persone perbene su cui varrebbe la pena spendere del tempo e dell'inchiostro, di moralisti e moralizzatori beccati con le mani nella marmellata.Gente che conta.Gente che ha studiato e che è figlia di una rispettabile borghesia senza scuse.In questo paese, insomma, abbiamo bisogno di trovare il caso da additare come esempio per mirare ad una società più giusta . Questo caso coincide sempre con un poveraccio da mettere sulla graticola, da arrostire lentamente per scrivere di come si dovrebbe fare per educare quella banda di balordi senza speranza. Che siano zingari, extracomunitari o derelitti poco importa. Quello che conta è il messaggio, razzista ed insulzo. Ci accontentiamo così e non ci importa nulla andare oltre la superficie. Che sia efficace o meno, giusto nel vero senso della parola e, cosa più importante, equo cosa volete che conti. Magari sarà sfuggito al nostro giornalista del cazzo che persino la Cia raccomanda, nei suoi documenti sull'uso della torura, di non andare oltre una certa soglia, perchè l'effetto è il contrario di quello che si vuole ottenere. Di solito subentra la sfida e la resistenza ed a quel punto tanto vale ammazzarlo un individuo.Quello che ha scritto Gramellini mi porta alla mente un libro di Edward Bunker il cui titolo è "little boy blue".E' la storia di un ragazzino ribelle. Di come i ragionamenti alla Gramellini sortivano effetti contrari in termini di rieducazione.
All'inizio del romanzo c'è la scena in cui il ragazzo viene portato in un riformatorio, poche parole tracciano bene l'ambiente i sentimenti e ciò che avverrà poi:
" L'assistente sociale aveva un'aria arcigna, frutto, in realtà, di una lunga pratica di stoicismo intesa a isolare le sue emozioni dai dolori della compassione. Il padre era l'immagine della determinazione silenziosa, una determinazione appena incrinata dalle pieghe della preoccupazione; i muscoli della mascella pulsavano mentre aspirava il fumo della sigaretta.Le labbra del ragazzo erano quasi invisibili, risucchiate tra i denti, che di tanto in tanto le mordevano per soffocare la collera che covava come fuoco sotto la cenere.Esercizio di coraggio, per farsi forza, e autocontrollo. la ribellione era imminente, ma ancora prematura, in quel particolare momento."


giovedì 17 gennaio 2008

Storia di un comunista senza giustizia

Assistiamo, per nulla coinvolti, al teatrino che coinvolge il dott. Mastella e consorte.A lui non va la nostra solidarietà, sappiamo che è parte di un gioco in cui cordate di potere si azzannano e regolano conti in sospeso.Preferiamo ricordare un episodio in là nel tempo. Un fatto dimenticato e sospeso.Così, provocatoriamente in alternativa a questa soap opera di stato.La storia dell'uccisione di un compagno.Il suo nome era Pedro.

Rimangono i ricordi ed i semi lasciati andare. E' loro destino germogliare.


fonte:http://utenti.lycos.it/mumiaa/pedro/

9 MARZO 1985: OMICIDIO DI STATO

Nei primi giorni di marzo la Digos di Trieste riceve una segnalazione dal Sisde (il Servizio Segreto del Ministero degli Interni) della presenza di Pedro a Trieste in via Giulia 39. Il questore di Trieste è Antonino Allegra, capo della squadra politica di Milano quando fu "suicidato" l'anarchico Pinelli.

Sabato 9 marzo ore 11.

Pedro esce di casa, dall'appartamento al terzo piano; una volta giù decide di rientrare.

Appostati all'esterno ci sono 4 sicari dello Stato italiano. Sono Nunzio Maurizio Romano, agente del Sisde (che ha il compito di riconoscerlo); Giuseppe Guidi, viceispettore della Digos; Maurizio Bensa e Mario Passanisi, agenti della Digos di Trieste.

Il Romano, il Guidi e il Passanisi entrano nello stabile e si mettono in agguato nel sottoscala. Quando Pedro discende le scale il Romano gli si para davanti e spara due colpi calibro 38 a meno di mezzo metro di distanza che lo colpiscono ai polmoni. Immediato il fuoco incrociato degli altri due poliziotti killer che colpiscono Pedro con pallottole calibro 9 alla spalla e alla gamba.
Nel piccolo atrio si conteranno successivamente i segni di almeno una dozzina di colpi.

Pedro fa appello per l'ultima volta alla sua straordinaria forza di volontà, uscendo in strada e impedendo così che tutto si svolga senza testimoni. Esce, ferito mortalmente, parecchi passanti lo sentono gridare "mi vogliono ammazzare mi vogliono ammazzare". Il Bensa, rimasto all'esterno dello stabile, appena vede Pedro gli spara, alle spalle. Pedro si accascia sanguinante dopo pochi metri. Il Passanisi lo ammanetta.
Trasportato in ospedale con notevole ritardo, muore verso le 11.50.

Non ci sono dubbi sulla premeditazione dell'omicidio.
L'agente del Sisde che non avrebbe dovuto nemmeno partecipare ad operazioni di polizia, ha invece determinato l'agguato di via Giulia. E' stato lui a decidere di entrare nello stabile e ha sparare per primo.

Alla notizia della morte di Pedro migliaia di comunisti e proletari scendono con rabbia e con dolore nelle piazze, da Trieste a Padova, dalla Calabria a Parigi per denunciare lo stato assassino e rivendicare l'internità di Pedro al movimento di classe e la sua identità rivoluzionaria ed internazionalista. Giungono comunicati di solidarietà dai compagni prigionieri d'Italia, Spagna, Francia.

Chi era Pedro

Pietro Maria Walter Greco, conosciuto da tutti come "Pedro", figlio di proletari calabresi di Melito Porto Salvo arriva a Padova alla fine degli anni sessanta per studiare. Si iscrive a Statistica, conseguirà più tardi la laurea che gli permetterà di lavorare come insegnante di matematica e con il suo lavoro sostenere la famiglia al Sud.

Dal suo arrivo a Padova la sua presenza all'interno del movimento di lotta è instancabile. Centinaia e centinaia di proletari lo ricordano al proprio fianco nelle iniziative nei quartieri, dove si sviluppava come in tutta Italia, un forte movimento per il diritto alla casa; occupazioni, autoriduzioni contro il caro affitto unite alla lotta per i servizi nel territorio. Significative nel '72 le occupazioni di case in via Tirana nel quartiere Savonarola.

E ancora lo ricordano, sempre in prima fila, nelle mobilitazioni di massa e nell'antifascismo militante che hanno caratterizzato quegli anni contro le trame nere, le stragi fasciste fino alla grande manifestazione del 3 giugno 1975 a Padova che contestava il comizio di Almirante.
Poi la lotta per le mense, gli spazi sociali, la lotta sul posto di lavoro.

La sua presenza piena di forza e determinazione, la sua spontanea e grande capacità di coinvolgimento era troppo scomoda.

Scatta il primo tentativo di eliminarlo.

E' l'11/3/80. Il mandato di cattura che costringe Pedro alla latitanza è per reato associativo e per partecipazione ad una manifestazione del '77 terminata con scontri con la polizia.
E' firmato da Pietro Calogero, magistrato che si distinse a cavallo degli anni '70 e '80 per il suo zelo antiproletario e anticomunista incarcerando decine e decine di proletari e di comunisti che erano stati interni alle lotte degli anni '70.

La testimonianza contro Pedro è sostenuta da un tossicodipendente Maurizio Lovo.
"...non ricordo la presenza di Pedro alla manifestazione, sono comunque indotto a pensare che ci fosse..." questa la deposizione del Lovo.

Vista l'inconsistenza delle accuse, al processo per direttissima Pedro viene stralciato costringendolo così a prolungare la sua latitanza. Tutto questo gli costa la perdita del posto di lavoro da insegnante. La sentenza del TAR che decreta la sua riassunzione e il riconoscimento degli emolumenti arriva provocatoriamente solo dopo il suo assassinio.

Nel maggio 1981, grazie alla mobilitazione dei compagni Pedro è prosciolto e ritorna a Padova dove continua il suo encomiabile apporto alle lotte proletarie: da quelle dei precari del censimento a quelle dei precari della scuola, si batte per la riconquista del posto di lavoro.

E ancora, è a fianco di chi lotta per la casa nel Ghetto dove abita e agli occupanti del condominio Sereno al Portello.
Occupa il Centro Sociale "Nuvola Rossa" nel quartiere Savonarola. Questa sarà una delle prime e più grosse esperienze di aggregazione giovanile proletaria a Padova. Sono i primi mesi del 1982. Pietro Calogero col blitz denominato di "Quaresima" spicca decine di mandati di cattura. Pedro è di nuovo costretto alla latitanza.

Questa volta il pentito di turno è Mauro Paesotto, l'imputazione sempre la stessa: il reato associativo "costituzione di banda armata non denominata" senza alcun riferimento a fatti specifici e senza alcuna prova.

Per Pedro questa latitanza sarà senza ritorno.

Al famoso processo 7 aprile nel '86 i coimputati di Pedro, quelli che avevano lo stesso identico mandato di cattura, vengono assolti e tornano in libertà.

Queste inchieste che hanno colpito Pedro si collocano all'interno dell'ondata repressiva che Stato, Magistratura e Polizia con l'avallo del sistema dei partiti, compresi la sinistra parlamentare e gli organi di informazione asserviti al potere, hanno messo in atto alla fine degli anni '70 contro l'intero movimento di classe che si è espresso con potenza a livello nazionale in tutto il decennio.
L'obiettivo è quello di fermare i movimenti e di eliminare le avanguardie comuniste.

Lo stato borghese e i padroni che si dibattono in una crisi strutturale senza soluzioni, a fronte di un formidabile ciclo di lotta che ha posto con chiarezza il problema del potere, mettendo il loro in discussione, non vedono altra soluzione che la repressione.
Gli strumenti utilizzati sono il terrore di massa e la criminalizzazione delle lotte.

Pochi giorni prima del blitz di Quaresima nella caserma della Celere di Padova si torturano i militanti delle Brigate Rosse. Il movimento risponde scendendo in piazza. Pedro è presente.
In un clima di terrore e di caccia alle streghe si arresta in massa. In poco tempo si arriverà in Italia alla cifra di 12.000 fra mandati di cattura e comunicazioni giudiziarie. Questa cifra è di per sé significativa della consistenza reale dei movimenti che si sono sviluppati in quegli anni.

Lo scopo ultimo è quello di eliminare le avanguardie comuniste. Per questo col passare del tempo gli strumenti repressivi si affinano e diventano selettivi dai pentiti alla dissociazione, dalle carceri speciali al regime differenziato con l'articolo 90, fino alla tortura e agli assassini.

Il movimento di classe nonostante i grossi attacchi subiti non si arresta.
Contro di esso le forze politiche che hanno fondato il loro potere sull'emergenza preparano l'assassinio di Pedro.
Alla fine del '84, all'interno di una campagna sull'Euroterrorismo basata sugli interventi di Craxi che parlava di "infiltrati" nel grande Movimento per la pace e contro la Nato, 36 Magistrati tifosi delle leggi di emergenza incitano Scalfaro ministro dell'Interno a proseguire con l'emergenza.

In questo contesto viene ucciso Pedro.

Questo assassinio non fu il solo tragico episodio della primavera 1985.
Una strage di zingari a Pordenone, 4 evasi dal carcere di Pescara vengono fucilati nel sonno a Roma, nelle montagne attorno ad Orgosolo si apre una caccia all'uomo contro alcuni ricercati che vengono intercettati, uccisi e i loro cadaveri trasportati come cinghiali sul tetto delle auto della polizia.
Logiche omicide dello Stato dell'emergenza, figlie di una campagna repressiva su scala internazionale.

E' in quel periodo che si sviluppa la cosiddetta cooperazione europea contro la criminalità e il terrorismo.
All'inizio dell'anno l'apparato di comando dei paesi dell'Europa occidentale si impegna nella costruzione di uno Spazio di Polizia Europeo: spazio che permetta con accordi pubblici e segreti di aggirare le diversità giuridiche dei singoli stati soprattutto in materia di reati politici.
E' il governo italiano di Craxi e Scalfaro che sopravvive di emergenza in emergenza che spinge a concludere accordi per ottenere l'estradizione degli esuli politici da Parigi.
E' il Partito delle leggi speciali, dei reati associativi, delle leggi premiali che vuole un'emergenza europea.

venerdì 11 gennaio 2008

Operai

Oggi Repubblica ci informa di questa cosa:

Come fa a costare così poco - l'equivalente di 1700 euro - la Tata Nano? Forse bisognerebbe andarlo a chiedere agli operai che la dovrebbero fabbricare che da stamattina sono in piazza per protestare contro il loro sfruttamento. "La costruiamo col nostro sangue, senza nessuna garanzia di sicurezza e con salari da fame - spiegano i protestanti - la macchina costa poco non perché i progettisti sono dei geni ma perché non pagano gli operai". Operai che hanno semi bloccato gli ingressi della fabbrica di Singur, a 30 chilometri di Kolkata e che - in modo davvero spettacolare hanno incendiato sagome di carta della Nano. La rivolta è partita dopo la presentazione internazionale della macchina al Salone di New Dheli dove Ratan Tata è stato celebrato come un benefattore dell'umanità e la macchina è stata considerata una specie di svolta epocale per l'India. Altro che svolta: a quelle immagini e a quelle dichiarazioni gli operai sono scesi in piazza. Inscendando una bella manifestazione... Dal punto di vista del marketing un bel disastro: la vicenda della Nano comincia tutta in salita.



Da noi ci accontentiamo di questo:

Ci sarà qualche motivo?

giovedì 10 gennaio 2008

Monnezza


Per chi è interessato a questa vicenda, copio ed incollo (;-)) , tre diversi articoli che ho trovato su internet.

Il 1°, tratto da wikipedia, tratta dell'argomento termovalorizzatori ed offre una sintesi dei costi e degli interessi che ci sono dietro.

Il 2° parla di regole

Il 3° di salute ed offre qualche informazione sulla situazione in Campania.

Buona lettura

Conclusioni, costi e ruoli nel sistema integrato [modifica]

Gestione dei rifiuti in Europa – 2001 [4][8]
Nazione Riciclo Incenerimento Discarica Altro
Austria 60% 10% 30% 1%
Belgio 35% 34% 27% 4%
Francia 25% 32% 43% 0%
Germania 42% 22% 25% 11%
Italia 17% 9% 67% 8%
Paesi Bassi 45% 33% 8% 14%
Regno Unito 12% 7% 80% 0%

La combustione dei rifiuti non è di per sé contrapposta o alternativa alla pratica della raccolta differenziata finalizzata al riciclo, ma dovrebbe essere solo un eventuale anello finale della catena di smaltimento. Inoltre è ovvio che, se un inceneritore viene dimensionato per bruciare un certo quantitativo di rifiuti, dovrà essere alimentato per forza con quel quantitativo, impedendo di fatto la riduzione dei rifiuti e l'aumento ulteriore della raccolta differenziata.

Per ragioni tecnico-economiche la tendenza è oggi quella di realizzare inceneritori sempre più grandi, conla conseguenza di alimentare il "turismo dei rifiuti" (cioè il trasporto di rifiuti anche da altre province se non da altre nazioni) con il conseguente inquinamento. In Italia questo fenomeno è stato accentuato dai forti incentivi statali che hanno favorito l'incenerimento a scapito di altre modalità di smaltimento più rispettose dell'ambiente.

In Italia si sono inceneriti nel 2004 circa 3,5 milioni di t/anno su un totale di circa 32 milioni di tonnellate di RSU totale prodotto, cioè circa il 12% (per un confronto con altri paesi europei si veda Inceneritore); tale pratica specie al Nord è in aumento, e in Lombardia ad esempio raggiunge il 34%.[6]Ciò che balza all'occhio è il grande ricorso allo smaltimento in discarica, che è in diminuzione (dal 2001 al 2004, al Nord -21%, al Sud -4% e al Centro -3%) [6] ma che interessa attualmente in tutto circa il 56,9% dei rifiuti urbani prodotti (45% al Nord, 69,5% al Centro, 73,2% al Sud; si stima che sul totale nazionale il 76% sia rifiuto da raccolta indifferenziata e il 24% siano residui dai diversi processi di trattamento: biostabilizzazione, CDR, incenerimento, residui da selezione delle R.D.), con conseguenze ambientali che si vanno aggravando soprattutto nel Sud, dove i pochi impianti di trattamento finale sono ormai saturi e la raccolta differenziata stenta a decollare: gli inceneritori sarebbero perciò, secondo alcuni, da aumentare (soprattutto al Sud). Tuttavia, se si considera che nei comuni più virtuosi la raccolta differenziata supera già adesso l'80%, si deduce che persino al Nord essa è ancora molto meno sviluppata di quanto potrebbe e che in alcune aree del Nord gli impianti di incenerimento sarebbero perfino sovradimensionati. Pertanto, il timore di alcuni è che non si potrà sviluppare appieno la raccolta differenziata e il riciclo per consentire agli inceneritori di funzionare senza lavorare in perdita, oppure si dovranno importare rifiuti da altre regioni.

Una considerazione importante è infatti che gli investimenti necessari per realizzare i termovalorizzatori sono molto elevati (il costo di un impianto in grado di trattare 421.000 t/anno di rifiuti è valutabile in circa 375 milioni di euro, cioè circa 850-900 € per tonnellata di capacità trattatabile[9]), e il loro ammortamento richiede, tenendo anche conto del significativo recupero energetico, circa 20 anni; perciò costruire un impianto significa avere l'«obbligo» (sancito da veri e propri contratti) di incenerire una certa quantità minima di rifiuti per un tempo piuttosto lungo.

È emblematico a questo proposito il caso dell'inceneritore costruito recentemente dall'Amsa a Milano, Silla 2: inizialmente aveva avuto l'autorizzazione per bruciare 900 t/giorno di rifiuti, poi si è passati a 1250 e infine a 1450t/g. Se si guarda alla gestione dei rifiuti a Milano, ci si accorge che la raccolta differenziata raggiunge il 30% circa[10] (dato sostanzialmente invariato da anni), e gran parte del rimanente viene incenerito da Silla 2. Se si considera che la media di riciclo della provincia di Milano è, escludendo il capoluogo, del 51,26% in costante miglioramento, e in particolare del 59,24% per i comuni con meno di 5 000 abitanti e del 55% per quelli fra i 5 e i 30 000,[10] e che a Milano la raccolta dei rifiuti organici non è mai andata oltre la sperimentazione in piccole aree della città, nonostante il più che collaudato sistema di raccolta dei rifiuti porta a porta e la notevole sensibilizzazione della popolazione, che permetterebbero sicuramente di fare molto di più, è normale che sorga il sospetto che non si punti sulla raccolta differenziata proprio per alimentare Silla 2 e ripagare l'investimento.

È interessante confrontare i costi dello smaltimento dei rifiuti di una città come Milano che fa ampio ricorso all'incenerimento con quelli di città che puntano sulla differenziata: a Milano nel 2005 si sono spesi 135,42 €/abitante contro una media provinciale di 110,16 e contro gli 83,67 di Aicurzio, paese più virtuoso di Lombardia nel 2005 col 70,52% di raccolta differenziata.[10] Il sindaco di Novara inoltre nel 2007 ha dichiarato che portando in due anni la raccolta differenziata nella città dal 35 al 68% si sono risparmiati due milioni di euro, mentre ad esempio il sindaco di Torino per sostenere la necessità dell'inceneritore del Gerbido ha dichiarato che «in qualsiasi centro urbano superare il 50% è un miracolo, perché la gestione di questo tipo di raccolta ha dei costi non sostenibili per i cittadini»; eppure a San Francisco è oltre il 50% già dal 2001.[11]

Note [modifica]


Ing. Giuseppe Pugliese, Direttore della Riserva Naturale dello Stato Cratere degli Astroni: LETTERA APERTA

Il quartiere Pianura, dove in questi giorni riaprirà la discarica, è un quartiere popolare di Napoli, dove vive una cittadinanza erede di una tradizione contadina travolta dall’espansione della città e che per circa quaranta anni ha ospitato il più grande sversatoio di rifiuti d’Europa. Dal 2003 ho avuto l’onore e l’onere di dirigere Riserva Naturale dello Stato Cratere degli Astroni, confinante con il quartiere, ed ho speso ogni mio giorno per coinvolgere le popolazioni locali sui temi della conservazione della natura e della tutela e valorizzazione del territorio. Nello svolgimento del mio incarico ho provato a comunicare a migliaia di persone valori importanti, in parte legati alle loro radici in parte molto lontani da essi, fatti di tradizioni, territorio, agricoltura di qualità, conservazione del suolo, limitazione dell’attività venatoria legale ed illegale, riqualificazione dei terreni rurali circostanti la riserva, conservazione dei boschi marginali, tutela della fauna selvatica. Ho parlato con poche parole semplici, mostrando più atti concreti che sciorinando lunghi discorsi. La concretezza si traduce in un bosco pulito, nella fauna libera di vivere, degli alberi liberi di crescere, di animali da non comprare perche catturati in altri paesi o di insetti da non schiacciare perchè alla base della natura che vediamo. E soprattutto, sempre e comunque di rispetto delle regole.

Grazie a questo impegno Astroni oggi è l’unico pezzo di terra napoletana dove viene chiesto di rispettare delle regole e si è in grado di farlo. Questo è possibile perché, a partire da me, chi lavora o da una mano ad Astroni è il primo a rispettare queste norme e quindi abbiamo la statura morale per poter chiedere agli altri di fare altrettanto.

Oggi invece, con l’ennesima emergenza rifiuti, lo Stato viola le regole che esso stesso si è dato, condannando per sempre se stesso nell’animo e nel cuore di ogni napoletano. È evidente che questi cittadini non vogliono la discarica per la nota materializzazione dell’effetto N.I.N.B.Y. (not in my back yard, ovunque ma non nel mio giardino di casa), non certo per una reale e consapevole visione del problema in ogni sua forma e dimensione, ma vedono in questa azione governativa infrangersi anche l’ultima menzogna che in questi anni i politici locali e nazionali avevano promesso: il recupero delle periferie, il ritorno alla legalità dopo oltre quaranta anni di oltraggio agli uomini ed al territorio. Oggi in queste persone si concretizza la consapevolezza che chi è nato nel degrado non potrà mai uscirvi seguendo le regole, ed è questa la più grande sconfitta in questo sud.

In questi giorni l’apertura della discarica di Pianura, all’ interno al Parco Regionale dei Campi Flegrei ed adiacente all’Oasi WWF Cratere degli Astroni, e l’apertura della Cava Amendola Formisano, già avvenuta da qualche settimana nel comune di Ercolano(e di cui nessuno parla), posta a 50 metri dall’ex stazione Cook e ubicata nel cuore del Parco Nazionale del Vesuvio, sono solo l’ultima conferma della totale mancanza di attenzione dei nostri amministratori nazionali e locali alla tutela del territorio ed al rispetto delle norme vigenti.

Piani del parco, norme di salvaguardia, piani paesistici, vincoli ambientali ed idrogeologici, piani regolatori, divengono di colpo pacchi di carte superflui, buoni per accumulare polvere e riempire librerie. Questi strumenti di tutela del territorio, già largamente disattesi dai cittadini campani ed ignorati dalle amministrazioni locali, vedono oggi la loro sconfitta definitiva grazie al recente intervento governativo.

Oggi una parte di questi cittadini viene a chiedere conto delle parole spese in questi anni, di queste visioni di rinascita territoriale, di rispetto del territorio, di condivisione e rispetto delle regole. Sui manifesti degli spettacoli finanziati dagli enti pubblici campani compare da qualche tempo una scritta: questo spettacolo è contro il sistema della camorra. Che significato dare a questa frase se non si passa dalle parole ai fatti. Slogan vuoti.

Oggi l’Africa si chiama Napoli, si chiama Campania, si chiama Sud. Che senso ha parlare di prevenzione dei tumori quando non si attuano politiche territoriali affinché questi non si sviluppino in una popolazione di avvelenati cronici, che senso ha parlare di parchi naturali se la Campania oramai ospita solo cemento e rifiuti. Qui non è la Svizzera, non è la Lombardia e la Toscana, non è Roma. Questa è Napoli, con le sue regole, la sua violenza, il suo retaggio di terra di conquista delle corti europee, la sua puzza di sangue e munnezza. Uno Stato a parte, diverso da tutti, dove le sembianze della politica, del malaffare, della camorra, della città perbene e dell’impresa non si distinguono più le une dalle altre.

È per tutto questo che bisogna dire no alla discarica di Pianura, per difendere il principio che sulle norme ambientali non ci sia alcuna deroga, neanche in condizioni di emergenza e che al sud si inizi finalmente a rispettare le regole, a partire dallo Stato.

Ing. Giuseppe Pugliese
Direttore della Riserva Naturale dello Stato Cratere degli Astroni.


Oms e Iss: nell´area a nord di Napoli cancro in crescita fino all´84% PDF

Scritto da Irene De Arcangelis e Giuseppe Del Bello da la Repubblica, 09-01-2008


In Campania prima era un triangolo, poi è diventato un ottagono. Della morte. Ogni vertice è un Comune. Una città dove la discarica uccide oppure fa ammalare di cancro. Figure geometriche che imprigionano nei veleni interi paesi. L´ultimo rapporto arriva, lo scorso aprile, dagli studiosi dell´Oms e dell´Istituto superiore di Sanità. Riguarda un periodo di oltre quindici anni: nei comuni dell´ottagono campano sono cresciuti dell´84 per cento i tumori al polmone e al fegato, linfomi, sarcomi, malformazioni congenite.
Mentre c´è stata una impennata della mortalità che ha oltrepassato il dodici per cento nelle donne e il nove per cento negli uomini. In particolare le neoplasie del fegato hanno rappresentato il killer numero uno, colpendo il sette per cento delle donne e il quattro per cento degli uomini. Sul fronte delle malformazioni, il più colpito è stato il sistema nervoso centrale per il quale è stata registrata una incidenza dell´84 per cento in più. Subito seguita da quelle dell´apparato urogenitale che è stato dell´83 per cento nelle aree più a rischio.
Tutto questo accade nell´ottagono della Campania. Che vuol dire, in provincia di Napoli, i Comuni di Bacoli, Acerra, Caivano, Giugliano. E Aversa, Castelvolturno, Villa Literno, Marcianise nel casertano. Ma già nel 2004 la prestigiosa rivista scientifica d´Oltreoceano "Lancet oncology" aveva pubblicato dati inquietanti, che diventarono oggetto di discussione nel mondo scientifico. Erano basati sul Registro tumori della Asl Napoli 4, comprensorio del nolano. Il famoso "triangolo". Nei comuni di Acerra, Marigliano e Nola (distretto 73) era stata registrata una impennata di vittime che copre quasi tutto il territorio della Asl Napoli 4. È impressionante il raffronto tra l´incidenza in Campania e sull´area studiata: per il fegato l´intera regione raggiunge quota 23.6, contro il 56.4 del distretto 74; per la vescica 25.9 contro 32.4; per la leucemia 17.6 contro 20.7.
Gli otto comuni coinvolti sono tutti vicini o circondati da sversatoi illegali. Lo stesso scenario che potrebbe riproporsi a Pianura dove molti dei manifestanti hanno dichiarato: «Tutti noi abbiamo almeno un familiare malato in casa». Il riferimento è al passato. Fatto di trent´anni di rifiuti abbandonati nel cratere vulcanico di contrada Pisani dove ancora oggi sono visibili da lontano le esalazioni di gas, la vegetazione ingiallita dalla contaminazione batterica e i liquami del percolato. Gli stessi elementi che, nello studio degli esperti, avrebbero causato altrove l´aumento di patologie gravi e mortali. Mentre è certo, anche alla vigilia dell´utilizzo della discarica di Pianura, che non sono stati fatti prelievi per tenere sotto controllo il territorio prima, durante e dopo l´apertura del sito. I tecnici dell´Arpac avrebbero dovuto intervenire sabato scorso, ma la protesta sempre più serrata e la sassaiola contro i visitatori indesiderati li ha allontanati e costretti ad abbandonare l´area. E i prelievi. Spiega il direttore generale dell´Agenzia per l´Ambiente della Campania, Luigi Capobianco: «Per fare tutti i campionamenti e avere i risultati di laboratorio ci vogliono tra i quindici e i venti giorni. Ma fino a quando non sarà possibile avvicinarsi alla discarica i tempi si allungano». Dunque Pianura, sul piano tecnico, per ora non può essere aperta senza le garanzie medico ambientali.
Discarica uguale veleni. Anche se, spiega Raffaele Carducci, docente di tossicologia, «sicuramente i metalli pesanti, tra cui cromo, arsenico e piombo, sono i maggiori imputati sia per le patologie tumorali che per la degenerazione degli organi. Possono anche modificare il Dna. Per non parlare delle sostanze organiche che, andando in putrefazione, danno origine alla produzione ed esalazione di ammoniaca». Intanto un messaggio rassicurante arriva dal ministero della Salute: «Nessun danno alla salute è attribuibile all´attuale emergenza rifiuti in Campania». Anche se si sottolinea «l´assoluta urgenza e necessità per la rimozione controllata e immediata dei rifiuti e la prevenzione di eventuali incendi».
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martedì 8 gennaio 2008

Se uno ti scrive così

Ho ricevuto, in sogno, una missiva in cui mi venivano scritte queste cose


Senti mangiapolenta col cervello di un topaccio ebreo, vi parlate
così su lago di como?
Continua a ingozzarti di polenta, i ghetti ci vogliono...
Addà torna Norimberga...
Mein Kampf! Mein Kampf!

Non ho commenti particolari, tranne uno: ti vedrei bene appeso a testa in giù, così queste belle parole non le scrivi più (in rima).
Ho una domanda, se mi scrivessero queste cose (declinandole sulla mia sfera sessuale, di razza e colore della pelle) cosa farei?
P.S.
A proposito, non è un gioco ma è un nuovo modello di comunicazione che dovrebbe rimanere segreto.Dopo la categoria delle donne e quella degli omosessuali tocca agli ebrei.Non male compagni.

sabato 5 gennaio 2008

Loro ci vogliono così


"Varrebbe la pena ricordare la lezione di Beowulf, l'eroe epico che strappa le braccia all'Orco che appestava la Danimarca: "il nemico più scaltro non è colui che ti porta via tutto, ma colui che lentamente ti abitua a non avere più nulla". Proprio così, abituarsi a non avere il diritto di vivere nella propria terra, di capire quello che sta accadendo, di decidere di se stessi. Abituarsi a non avere più nulla. " Roberto Saviano


Loro ci vogliono esattamente così, gente che cerca sui giornali il simbolo di una ricchezza che non avrà mai nella vita.Disposta a lasciarsi alle spalle solidarietà e diritti. Per cosa? Per il vuoto di un'esistenza passata a mendicare favori.
In quel loro c'è una schiera di signorotti dell'oggi che hanno la faccia tonda del Berlusconi di turno e del Veltroni prossimo venturo.Gente senza spigoli.Ruminanti.
Quello che possiamo promettergli è un futuro che non sarà tale neanche per loro.

venerdì 4 gennaio 2008

La stringente logica di Ferrara e quella di Pamparana

I due citati hanno una cosa che li accomuna, sono due ex comunisti.ortodosso il primo(ex P.C.I.), gruppettaro il secondo (ex L.C.).
Tutti e due moralisti e dispensatori di buon senso.
Il primo promuove la moratoria sull'aborto sostenendo che bisogna riflettere sulla deriva eugenetica, figlia del peggiore nazismo, che la 194 rappresenta. Nel dire queste cosine non si dimentica di accennare a quegli stati in cui si sacrificano le bambine , con l'aborto, a favore dei maschietti (da spiegare : a- come pensano di procreare, ammesso che sia vero, b-cosa c'entra la 194 con la Cina?).In tutto questo tace sui risultati che vedono una diminuzione degli aborti, nell'ordine del 65% ,dal momento in cui la 194 è diventata legge.
Evidentemente gli piaceva di più quando di queste cose si occupavano i "privati" con i ferri da calza.
Il nostro garantirebbe questo diritto, solo alle donne in "difficoltà accertata".
Il che nella sua logica vuol dire, dopo uno stupro che ti è riconosciuto come tale da un tribunale, forse puoi abortire.In quel caso si potrebbe sancendo così un nuovo principio che vede legittimo l'orrendo aborto sterminatore nel caso di attentato alla verginità offesa.
Gran faccia da culo il nostro.Anzi, il loro.
Il secondo, su canale 5, ci delizia narrandoci delle sofferenze di chi rimane senza i suoi cari perchè morti sul lavoro, o senza lavoro perchè l'azienda ti trasferisce, con preavviso di 10 giorni, da Roma a Milano. E con figli a carico e stipendio da 1.000 ti tocca dire di no.
E lui, ricordando i tempi di quando da gruppettaro frequentava qualche operaio, che con piglio duro ed indagatore ti chiede dallo schermo" Ma dove sono quelli che devono difendere i lavoratori?"
Ma come non sei contento per la flessibilità garantita dalle leggi che tutelano i padroni?Dimenticavamo che siamo su una TV commerciale. Ed anche la disperazione è merce che fa business.
Io l'ho mandato a fanculo.Ma gli sparerei volentieri alla sua ipocrisia (solo a quella, compagni)
Parlando di gente dimenticata (ma non da tutti)una lettera uscita da un carcere qualche giorno fa.
Lettera di Bruno Ghirardi del 29 novembre

sabato 29 dicembre 2007
Tempo fa, girando per Milano ho notato in un piazzale una via dedicata a un “addetto alla sicurezza” morto in Iraq tempo a dietro, per mano della resistenza.
Già è curioso dedicare una via a un personaggio con un'attività del genere, ma di che attività si tratta in realtà. Così leggendo qua e là si scopre che a fianco delle truppe di invasione, prevalentemente americane, agiscono in Iraq e anche in Afghanistan, truppe mercenarie, quantificabili in Iraq in alcune migliaia. Si dice fino a ventimila, anch'esse parte integrata della missione di pace ai fini della democrazia di esportazione. Questi fulgidi guerrieri hanno licenza di uccidere e non hanno nemmeno il timore d'incorrere, per particolari nefandezze, in qualche corte marziale. Pericolo per altro piuttosto remoto anche per i mercenari in divisa, militarmente inquadrati. É difficile saperne di più vista la censura imposta su tutto quanto avviene in Iraq, solo ogni tanti si viene a sapere di caduti da questa schiera che fanno tranquillamente in Iraq quanto di più esecrabile e sanzionabile nei paesi d'origine. Come l'Italia che dedica una via, pur periferica, a uno di questa schiera. Tra le altre cose a questi pare che vengano appaltati gli interrogatori, per i quali la tortura, come si sa, è un cardine. Probabilmente il fatto che queste pratiche abbiano per soggetto “arabi”, solleva da molte questioni etiche, anche se in sé l'imperialismo non dovrebbe essere razzista, tant'è vero che ultimamente si è parlato di mercenari nepalesi, filippini e dello Sri Lanka.
Ora nel corso della mia nuova quanto non richiesta esperienza carceraria mi sono imbattuto già in molti presunti “militanti islamici”, non meglio definiti visto il variare di sigle in simbiosi con i mandati di cattura. Mandati di cattura che riguardano il famigerato 270 c.p., cioè associazione sovversiva con il comma 3, introdotto nel 2001. In base a questo articolo si può perseguire chi svolge generiche attività di sostegno alla Resistenza in paesi terzi, raccogliendo fondi, facendone propaganda...Niente di deflagrante per la sana democrazia italiana, se fosse tale...
In realtà si persegue chi semplicemente esprime sostegno alla resistenza di un paese invaso, tra l'altro in forme anche legittime, mentre si omette qualsiasi provvedimento a chi uccide, stupra e tortura, lautamente pagato. Già questo in un paese originato da una stessa pratica in circostanze storiche molto simili dovrebbe parere strano.
In questi processi riguardanti militanti islamici si sfruttano al massimo i termini di carcerazione preventiva, così che quand'anche un imputato venisse riconosciuto non colpevole, si fa anni di carcere e poi viene espulso sul parere del ministero dell'interno, inappellabile. Tutto in genere senza preoccuparsi di avere qualche straccio di prova.
Anche questo dovrebbe essere strano tanto più che nelle aule giudiziarie si imputa di “devastazione e saccheggio”manifestanti antifascisti e antimperialisti, quando si praticano questi in Iraq e Afghanistan con tanto di bandiera e divisa.
Tutte queste cose strane, tutte insieme fanno la normalità di decine di persone senza aver fatto nulla di definito, in un paese che piano piano si trasforma con una forma stato fascista e imperialista.
Opporci a ciò di può e si deve.
Bruno Ghirardi
29 novembre

mercoledì 2 gennaio 2008

Quelli che non si arrendono