Terzo in classifica assoluta, primo in classifica per la saggistica, il libro "La paura e la speranza" di Giulio Tremonti è un bello scossone.
L'ho appena finito, e ho appieno la sensazione di averne letti due, di libri. Il primo, che corrisponde alla prima parte, è una lucida analisi della catastrofe a cui stiamo andando incontro a testa bassa. Sembra impossibile leggere Tremonti che scrive cose tipo:
Come se l'universo fosse un supermercato, stiamo consumando il futuro dei nostri figli, con il rischio di farlo tanto in fretta da vedere noi stessi il risultato delle nostre azioni.
Parla di fine delle risorse, parla di disastri ambientali, parla di crolli finanziari imminenti. Parla di banche rapaci, di consumismo dissennato, di politica compiacente. Responsabile la globalizzazione, e quello che Tremonti chiama "mercatismo", lapalissiano sinonimo di liberismo che lo stesso autore sa di non potere mettere apertamente in discussione pena la gogna pubblica. Il dogma, se si discute, si deve far finta di discutere altro. Insomma, viene voglia di abbracciarlo piangendo e sussurrargli, "Grazie, grazie!": finalmente un politico italiano che osa l'indicibile.
Poi comincia la seconda parte. Dove Tremonti fa se stesso: l'uomo di genio che crede di poter discettare su ogni cosa sotto il sole anche se non è in grado. E Tremonti, se pur economista di pensiero laterale, il filosofo non lo sa fare. Dopo aver precipitato il lettore ignaro nell'incubo angosciante che noi qui conosciamo bene, glissa graziosamente sul fornire risposte da economista. O meglio: offre risposte talmente assurde da sospettare il ghost writer. Un fumoso "recupero di valori" (che quando mancherà il riscaldamento poco ci difenderà dal freddo), le radici giudaico-cristiane (idem con e senza patate), l'Europa baluardo di civiltà contro il pericolo cinese (o non c'era una catastrofe incombente? i cinesi ne saranno miracolosamente immuni?), la solita "famiglia" che non c'entra niente ma non guasta mai.
Volendo discettare di Dio e radici culturali come risposta alla crisi, avrebbe fatto meglio a leggersi cosa diceva il compianto Bakhtiari.
Insomma l'impressione, volendo esser buoni, è che Tremonti abbia lanciato il sasso e poi opportunamente nascosto la mano. Volendo esser cattivi, è che la prima parte del libro se la sia fatta scrivere da Naomi Klein e la seconda da Giuliano Ferrara.
Per quanti guardano ai fatti di casa nostra come all'ombelico del mondo, continuiamo con la rassegna internazionale di cosa si muove in giro per il mondo. E' forse anche l'occasione per qualche ragazzotto di scoprire nuovi orizzonti e farsi venire in mente qualche idea che concretizzi qualcuna delle magnifiche opportunità presenti nel globo. Ieri era il Messico con le sue fabbriche per nuovi schiavi. Un posto dove la destra al potere non si pone tanto il problema dell'ordine pubblico quando a crepare sono i diseredati. Oggi tocca al Brasile.Non si parla di spiagge ma di movimenti di contadini in lotta. Cazzo di categorie ottocentesche. Magari abbiamo bisogno di rivedere alcune cose però il sospetto è che giri un pò d'informazione interessata d ideologica sulla necessità di superare il muro del conflitto. Sarà...."sarà che guardandoci intorno continuiamo a coltivarlo questo maledetto muro".
Fonte :alacalle. Il conflitto per la terra in Brasile è il lascito di un’iniqua distribuzione della ricchezza che caratterizza l’intera società brasiliana. In molte regioni rurali del paese è in corso un conflitto non dichiarato che dura da circa 50 anni, che contrappone i movimenti organizzati dei contadini poveri e le milizie dei grandi proprietari terrieri. La mancata riforma agraria, questione pendente del Brasile odierno, è alla radice delle rivendicazioni dei movimenti che intendono difendere i diritti della popolazione povera che risiede nelle aree rurali. In molti casi, i latifondisti sono eredi della struttura sociale del periodo coloniale portoghese, detengono migliaia di ettari di terreni improduttivi, sfruttano il lavoro schiavo e organizzano milizie armate per ostacolare le occupazioni organizzate dai sem-terra. In Brasile, il modello basato sull’esportazione di prodotti agricoli ha prosperato per 400 anni, fino al 1930, mentre la rivoluzione borghese compiuta da Getúlio Vargas ha lasciato intatto il sistema di potere nelle campagne. Oggi, l’1% dei proprietari possiede il 56% delle terre coltivabili, corrispondente a 133 milioni di ettari. Essendo il Brasile un paese di dimensioni continentali, non è corretto ridurre la grande proprietà al modello di latifondo poco produttivo, a causa della presenza, radicata negli Stati del sud, di un’agricoltura industriale trainata dalle esportazioni. Tuttavia, il paese risente della mancanza di strumenti giuridici consolidati per favorire la piccola proprietà e quindi per sradicare la povertà endemica che caratterizza la vita dei contadini, mentre nelle aree più arretrate i latifondisti concentrano il potere economico, politico, giudiziario e sulle forze di polizia. Negli Stati più arretrati si concentra la maggiore conflittualità fra i movimenti per la riforma agraria e le milizie dei latifondisti. Il governo di Luiz Inácio Lula da Silva, entrato in carica nel 2003, non è riuscito a implementare una seria riforma agraria, tuttavia ha cessato di considerare la questione come secondaria. Tuttavia, l’attuale governo federale è ostaggio dei partiti che lo sostengono in Parlamento, i quali – con circa 180 deputati su 530 – rappresentano gli interessi dell’oligarchia terriera degli Stati più arretrati, dove maggiore è la concentrazione della terra. I movimenti organizzati dei lavoratori agricoli, diffusi in tutto il paese, hanno promosso una strategia di protesta pacifica, finalizzata a sensibilizzare i contadini poveri e l’intera società brasiliana. Le marce lungo le strade statali mirano a sensibilizzare i contadini poveri, che spesso non hanno accesso a mezzi di informazione e non hanno strumenti per mobilitarsi, mentre le occupazioni di edifici pubblici servono per premere sulle istituzioni incaricate della riforma agraria. Il Movimento dos Trabalhadores Rurais Sem Terra (MST) rappresenta l’espressione più conosciuta a livello internazionale delle lotte per la terra in Brasile.
Il MST nasce nel 1984 ed eredita l’esperienza di decenni di lotte ed occupazioni per una migliore distribuzione della terra. Nel corso degli anni ’90, il MST costruisce una rete di solidarietà internazionale e propone azioni che superano la dimensione agraria, finalizzate ad un cambiamento radicale della società brasiliana. Il Movimento ha partecipato anche all’organizzazione dei 3 Forum Sociali Mondiali che si sono tenuti a Porto Alegre (Rio Grande do Sul), sensibilizzando migliaia di partecipanti su tematiche quali la riforma agraria, l’agricoltura sostenibile, la deforestazione del’Amazzonia e le condizioni delle centinaia di migliaia di emarginati costretti ad abbandonare le campagne per ingrossare le file del sottoproletariato di metropoli come Rio de Janeiro e San Paolo. In 20 anni di attività, migliaia di famiglie di senza terra sono state insediate in seguito ad occupazioni dei cosiddetti “latifondi improduttivi”, tuttavia i grandi proprietari hanno ricorso continuamente alla violenza per respingere le invasioni e non hanno risparmiato gli attivisti politici dalle rappresaglie. Oggi, il MST rappresenta la maggioranza dei 4.8 milioni di famiglie di senza terra, corrispondenti a circa 15 milioni di brasiliani, promuove una serie molto vasta di attività che vanno dall’educazione all’appoggio delle rivendicazioni dei movimenti urbani e può contare su almeno 20.000 attivisti, presenti in tutti gli Stati del Brasile. A 21 anni dalla fondazione, il MST rappresenta la principale forma di resistenza organizzata all’aristocrazia terriera latifondista e alle grandi multinazionali, promuovendo i diritti di milioni di contadini senza terra, salariati e piccoli proprietari. Anche se è diventato famoso in tutto il mondo per propugnare una distribuzione più equa dei milioni di ettari di terreni improduttivi, il MST ha premuto per una serie di cambiamenti importanti della legislazione nazionale brasiliana. Da anni, il Movimento spinge per la costituzione di linee di crediti agevolati per i piccoli proprietari agricoli, per la messa al bando delle sementi transgeniche e per il disarmo delle milizie private dei latifondisti. La strategia più utilizzata dai militanti del MST è l’occupazione pacifica dei latifondi considerati improduttivi, finalizzata al riconoscimento dell’improduttività dei terreni. I latifondisti temono le invasioni poiché, se sono seguite da una dichiarazione governativa che attesta l’improduttività dei terreni, ne comportano l’esproprio e l’assegnazione a famiglie di senza terra, mentre il proprietario riceve un rimborso dallo Stato federale. Per evitare ciò, i grandi proprietari cercano di sgomberare gli accampamenti del MST prima che gli apparati governativi incaricati della riforma agraria si interessino ufficialmente della questione. I militanti sem-terra, i missionari e i membri dei partiti di sinistra (come il PT) sono il bersaglio dell’attività di intimidazione e di eliminazione fisica promossa dai grandi proprietari i quali, per ribattere alla strategia delle occupazioni, invadono le terre che appartengono ai piccoli contadini e allo Stato federale e le recintano, impedendo che il governo possa costituire piccoli insediamenti sulle sue proprietà. Gli Stati maggiormente colpiti dalle pratiche di appropriazione illegale delle terre sono: Pará, Acre, Amazonas, Maranhão, Mato Grosso, Rondônia, Roraima e Tocantins. La concentrazione della terra in questi Stati e i furti a discapito del governo federale sono il risultato di una storia di secolare impunità, caratterizzata dall’assenza di un potere giudiziario imparziale e da forze di polizia corrotte. Da oltre un secolo, i latifondisti organizzano milizie armate private (milícias) che raccolgono lavoratori salariati delle loro proprietà e membri delle polizie statali. Le milizie svolgono una serie di funzioni: scoraggiano e reprimono i tentativi di invasione dei sem-terra; invadono con violenza i terreni pubblici e quelli di piccoli proprietari, aggregando nuovi terreni al latifondo; organizzano gli omicidi di militanti politici e di missionari scomodi. I cosiddetti crimini di pistolagem rappresentano una minaccia seria alla vita civile di molti Stati del Nord e del Nordest del Brasile, in quanto sono il risultato della formazione di organizzazioni illecite che godono dell’appoggio di membri delle istituzioni. Spesso, la polizia agisce come braccio armato dei potentati locali, vale a dire i grandi latifondisti e l’apparato burocratico ad essi contiguo. Alcuni vescovi hanno denunciato queste reti di complicità e la consuetudine dei grandi proprietari di occupare la maggior estensione di terra possibile, per collocare allevamenti estensivi e per lo sfruttamento del legname. Tuttavia, le proteste della Pastorale della Terra servono a poco, in assenza di interventi rapidi del governo federale. Il MST raramente ha risposto con la violenza a questo tipo di azioni, tuttavia qualche gruppo di militanti, che agisce in aree ad alto rischio, è provvisto di piccoli arsenali di armi da fuoco, per difendersi dagli attacchi delle milícias.
Dal 1985, gli omicidi riconducibili a gruppi armati che agiscono per conto di latifondisti sono stati circa 1.400 (compresi quelli di 400 attivisti), il 92,5% dei quali è rimasto impunito. A questi, va aggiunto un numero imprecisato di lavoratori nei latifondi che, dopo essersi ribellato contro le condizioni di schiavitù, è stato eliminato fisicamente. Nel 2004, 36 sono state le vittime – attivisti sem-terra, missionari, índios – direttamente riconducibili alla violenza nei campi, mentre all’inizio del 2005, erano 213 gli attivisti minacciati e privi di protezione della polizia. È riconosciuto da molti che il sistema giudiziario di alcuni Stati (come Paraíba e Pernambuco) è controllato da rappresentanti dei latifondisti, che spesso decidono di non trattare i casi di omicidio di lavoratori senza terra e di attivisti politici. Dal 1985 al 2004, solo 15 mandanti e 64 esecutori materiali sono stati condannati; su un totale di 1.024 processi, risultanti da oltre 1.400 crimini, solamente il 7,6% sono stati portati a termine. Secondo i dati elaborati dalla Commissione Pastorale della Terra, nel corso del 2004 quasi due milioni di brasiliani (corrispondenti a 385.899 famiglie) sono state coinvolti direttamente in 1.543 conflitti nelle aree rurali. Nel 2003, gli episodi di conflittualità registrati sono stati 1.690, nel 2002 925, nel 2001 880 e nel 2000 660. Secondo gli esperti, la crescita della conflittualità è la conseguenza di due dinamiche: da una parte, la crescita delle aspettative di riforma agraria, dall’altra l’occupazione illecita di terreni da parte dei grandi produttori, con l’espulsione dei piccoli proprietari e dei sem-terra. Fra i motivi che hanno contribuito all’aumento delle aspettative dei movimenti per la riforma agraria, va ricordata la nomina di Marcelo Resende, membro di una ONG vicina al MST, alla presidenza dell’Istituto Nazionale per la Colonizzazione e la Riforma Agraria (INCRA). Un altro aspetto del conflitto per la terra, spesso dimenticato, riguarda le riserve indigene, istituite da decenni da parte del governo federale ma costantemente minacciate da latifondisti, commercianti di legname e garimpeiros (cercatori di minerali preziosi). Dei 430.000 índios brasiliani, circa 130.000 risiedono in 50 aree ancora non ufficialmente demarcate, per questo vivono in una situazione di conflitto latente con i grandi proprietari terrieri. Da questo punto di vista, gli Stati che presentano i fuochi di maggiore tensione sono: Goiás, Mato Grosso, Mato Grosso do Sul, Pará. Per riassumere, si osserva che la maggiore conflittualità si registra nelle aree in cui la concentrazione delle terre è elevata, la riforma agraria è ferma, i progetti di sfruttamento del territorio avanzano e lo Stato è assente. Il Piano Nazionale di Lotta alla Violenza nelle Campagne, elaborato dal governo Lula, ha registrato gravi ritardi nell’implementazione. Tuttavia, in assenza di un piano per una migliore distribuzione delle terre, questa misura non può abbassare il livello dello scontro fra contadini poveri e latifondisti.
A Ciudad Juarez ,ogni settimana, una donna sparisce e di lei non se ne sa piu' nulla.
Le cronache ufficiali parlano di piu' di 470 omicidi e circa 600 sparizioni.
Le vittime sono giovani di eta' compresa tra i 15 e i 25 anni . Molte di loro lavoravano come operaie nelle numerose fabbriche che assemblano, per societa' multinazionali, prodotti per l'esportazione (maquiladoras). Questi insediamenti industriali costituiscono la fonte principale di sostentamento per gli/le abitanti della citta'. Il salario delle operaie impiegate nelle maquiladoras, è di circa 4$ US al giorno per dieci ore di lavoro.
Le maquiladora sono stabilimenti industriali posseduti o controllati da soggetti stranieri, in cui avvengono trasformazioni o assemblaggi di componenti temporaneamente esportati da altri paesi industrializzati in un regime di duty free ed esenzione fiscale. I prodotti assemblati o trasformati vengono esportati all'estero.
Le maquiladoras attingono manodopera da una popolazione povera , malgrado tutti i vantaggi (fiscali, infrastrutture moderne e gratuite, salari bassi) riconosciuti a chi investe, i lavoratori non partecipano in nessun modo allo sviluppo della citta'. I dati sulle infrastrutture urbane e sui servizi erogati indicano che il 14% della popolazione non ha un accesso diretto all'acqua potabile, ed il 44% delle strade sono ancora senza asfalto e prive di illuminazione notturna.
Fonte www.mujeresdejuarez.org
Ciudad Juarez : citta' di frontiera, zona franca industriale, citta' violentaCiudad Juarez e' una citta' di frontiera che conta circa un milione e mezzo di abitanti ed e' situata in una regione desertica dello stato di Chihuahua al confine con gli Stati Uniti, a quattro chilometri da El Paso, Texas. Juarez sorge sulla linea di 3.500 Km di frontiera che separa il mondo sviluppato dal mondo in via di sviluppo: la sola frontiera al mondo ad avere questa particolarita'.
Ciudad Juarez attira le popolazioni povere degli stati dell'interno che arrivano a centinaia ogni mese alla ricerca di un lavoro o per tentare di attraversare il confine. Si stima che il 35% della popolazione economicamente attiva di Ciudad Juarez sia costituita da emigrati, sia uomini che donne.
Dopo la firma dell'ALENA, Ciudad Juarez e' diventata la piu' importante zona franca industriale di tutto il Messico. Nel 2003, c'erano 269 maquiladoras e 197000 lavoratori e lavoratrici. Secondo le statistiche ufficiali nello stato di Chihuahua, le donne occupano il 48,3% dei posti di lavoro disponibili e hanno in media tra i 20 e i 22 anni ma si trovano anche delle minorenni (in Messico l'eta' legale per lavorare e' 16 anni).
A Juarez, il costo della vita e' paragonabile a quello di El Paso (Texas) MA i salari nelle maquiladoras non superano in media i 4$ US al giorno per dieci ore di lavoro. Nel 2003, il 18% della popolazione viveva nella poverta' piu' estrema, il 22% non aveva un servizio d'acquedotto e il 14% viveva senza acqua potabile. I nuovi arrivati si ammassano nelle bidonvilles costruite nella periferia della citta', istallandosi su terreni incolti che appartengono spesso a grandi proprietari terrieri.
La crescita incontrollata della citta' e' avvenuta senza uno sviluppo parallelo delle infrastrutture e dei servizi. Le maquiladoras attingono da questo stesso bacino di popolazione impoverita la mano d'opera di cui hanno bisogno ma non partecipano in nessun modo allo sviluppo della citta' malgrado tutti i vantaggi (fiscali, infrastrutture moderne e gratuite, salari bassi) di cui beneficiano. Un lavoro ingente sarebbe necessario e parecchie risorse finanziare dovrebbero essere stanziate solo per asfaltare le strade che ancora non lo sono (il 44%), senza contare l'illuminazione spesso insufficiente e l'organizzazione dei trasporti pubblici. Anche il sistema di trasporto destinato agli operai delle maquiladoras non e' sicuro. Non sorprende il fatto che molte ragazze scompaiano all'alba o la notte, all'uscita dal lavoro e anche in pieno giorno senza che nessuno se ne renda conto.
Ciudad Juarez e' una citta' violenta. Accoglie dal 1993, il cartello di narcotraficanti piu' potente del Messico. Attraverso Juarez transita l'80% della cocaina proveniente dalla Colombia e destinata al mercato americano. I narcotraficanti non hanno nessuna difficolta' a reclutare dei trasportatori che ricevono molto piu' denaro di quanto non potrebbero guadagnare sul mercato del lavoro formale.
A Juarez sono presenti piu' di 500 bande di strada che si dedicano ad attivita' criminali di ogni genere e spesso impongono ai nuovi membri lo stupro di una giovane ragazza per essere ammessi nel gruppo. I regolamenti di conto tra bande di strada rivali fanno registrare ogni giorno decine di vittime.
In questa citta', in cui il predominio maschile caratterizza ogni livello dell'organizzazione sociale, la violenza verso le donne si esprime tanto nell'ambiente domestico quanto in quello lavorativo, creando un facile contesto per gli assassini che possono contare sull'indifferenza assoluta.
Le statistiche redatte dal Centro di crisi di Juarez, Casa Amiga, indicano che il 70% delle donne che vi si rivolgono per cercare aiuto sono state picchiate dai loro mariti, mentre il 30% lo sono state da qualcuno che conoscevano. Nel solo 2001, sono state presentate 4540 denunce per stupro (12 al giorno). Ugualmente, le molestie sessuali e le minacce di licenziamento da parte dei supervisori e dei proprietari delle maquiladoras alle donne che rifiutano le loro avances sono un fenomeno corrente. La poverta' aumenta la vulnerabilita' delle giovani donne. La violenza che regna a Juarez sembra essere quindi il risultato di un insieme di fattori. Le statistiche nazionali del 1998 classificano Ciudad Juarez come la citta' piu' violenta di tutto il Messico.
Amnesty International, insieme ad altre Organizzazioni non governative, svolge da oltre un decennio una campagna per attirare l'attenzione mondiale sugli omicidi seriali di donne in Messico.
Il Messico
Il Messico e' una Federazione composta da 31 stati e da un distretto federale (Citta' del Messico).
Cosi' come la federazione e il distretto federale, ciascuno degli stati ha una costituzione propria e dispone di un sistema esecutivo, legislativo e giudiziario proprio. Ciascuno dei 31 stati e' suddiviso in un certo numero di amministrazioni comunali dotate a loro volta di un proprio potere esecutivo eletto.
In Messico ci sono diverse forze di polizia, ciascuna corrispondente a una delle diverse entita' amministrative quali la Federazione, gli stati, il distretto federale e le amministrazioni comunali. Dall'inizio del mandato del presidente Vicente Fox, tutte le questioni legate alla sicurezza pubblica nazionale sono competenza del ministero della Sicurezza pubblica. La struttura fondamentale di questo ministero e' l'Ufficio del procuratore (la Procuraduria General de la República – la PGR). In ciascuno dei 31 stati si trova una Procuraduria General de Justicia del Estrado (PGJE).
Riguardo al funzionamento di questi organismi la Commissione interamericana dei diritti dell'uomo ha denunciato l'assenza di autonomia strutturale degli Uffici del procuratore rispetto al potere esecutivo federale ed ha richiesto al governo messicano di modificare questo stato di fatto.
La mancanza di coordinazione tra i corpi di polizia costituirebbe, secondo alcuni, la causa principale dell'elevato tasso di criminalita' a Juarez. Stupisce, pero', la perfetta convergenza tra i diversi gradi governativi, nel minimizzare il numero di omicidi e nel considerare le vittime le vere responsabili "perche' passeggiavano in luoghi bui e indossavano minigonne o altre mises provocanti...".
Era il 1887, il26 gennaio.La targa nella fotografia parla di quattro soldati siciliani che quel giorno morirono a Dogali, in Eritrea, insieme ad altri 400 compagni. Li possiamo immaginare nella canicola provare a resistere.Ad impedire che la morte si presentasse lì ad aspettare la fine del loro viaggio. Come sarà stata la loro vita non lo sappiamo.Quale la loro classe sociale solo immaginare.Forse "cafoni" con le mani callose, o muratori o gente destinata ad emigrare per trovare fortuna ed un'altra vita. Quello che leggiamo sono le solite parole tronfie della retorica dei buoni contro i "barbari" abissini. Cosa avranno avuto da gioire le madri al "novo esempio d'eroismo" non lo sappiamo. Pensiamo che abbiano pianto, al contrario, la mancanza di braccia in grado di sfamare le loro famiglie. C'è una retorica che anticipa di un po' quella degli otto milioni di baionette e che fa da prologo alla mattanza della guerra del 1915. Un modo di raccontare la fine degli ultimi solo quando hanno assolto alla loro funzione di carne da macello per chi governa.
Un modo che non troviamo quando si tratta di celebrare altri tipi di eroi. E' il caso di 5 ragazzi anarchici che morirono tragicamente in un "incidente"stradale.
Il 26 settembre 1970 cinque anarchici tra i 18 e i 26 anni di età morirono in un tremendo incidente stradale alle porte di Roma.
"Volevano manifestare contro la visita del presidente americano Nixon nella capitale, si scrisse; andavano a consegnare un dossier di controinformazione, dissero altri.
Sulla vicenda dei cinque ragazzi si aprirono numerose polemiche: “agitatori capelloni” per alcuni, “compagni” morti per difendere la verità per altri. In città e negli ambienti anarchici iniziarono a rincorrersi le voci: troppi elementi fuori posto, la dinamica dell’incidente mai esattamente ricostruita, strane coincidenze mai chiarite.
Sono anni travagliati: i ragazzi muoiono in un’Italia che, appena nove mesi prima, ha conosciuto l’orrore di piazza Fontana, dopo un’intensa stagione di scontri sociali; muoiono in un paese confuso, mentre il “mostro” Valpreda è ancora in carcere e in altre stanze pare si stia preparando- di lì a due mesi- un colpo di stato.
Dopo breve tempo, però, sui cinque giovani cala il silenzio. E la storia di Giovanni Aricò, di sua moglie Annelise Borth, in attesa di un bimbo, dell’anarchico pittore Angelo Casile, di Francesco Scordo e di Luigi Lo Celso rimane un ricordo privato delle famiglie.
Nel 1993 il pentito Giacomo Ubaldo Lauro, nel corso dell’inchiesta Olimpia, torna a parlare di quella vecchia storia dimenticata. Racconta di come quella morte, in realtà, possa avere una spiegazione, parla di conversazioni a proposito dei presunti mandanti; voci, appunto, non sufficienti, però,a riaprire il caso."
Nella loro breve vita si sono occupati di controinformazione, forse per quello non ci sono più.I lati oscuri della vicenda, che voglio qui ricordare, rimandano ad un'Italia in cui lo stragismo e la strategia della tensione dettavano l'agenda politica.Anni in cui la prudenza del PCI, la sua politica alla ricerca di un equilibrio in grado di garantirne la legittimità "democratica" si lasciavano alle spalle le scorie di una generazione per nulla disposta a chinare la schiena o, semplicemente,a voltarsi dall'altra parte.
"L’incidente di Ferentino nel quale persero la vita i cinque ragazzi fu, come abbiamo visto, rapidamente archiviato. Non sussisteva, secondo chi svolse le indagini, alcuna responsabilità da parte dell’autista dell’autotreno o di ignoti. Restano tuttavia alcune zone d’ombra che, nel corso degli anni, hanno alimentato i dubbi di chi non ha mai creduto alla tesi dell’incidente.
“In Italia va di moda l’incidente”: così si intitolava un articolo di Camilla Cederna che illustrava come nei mesi successivi la strage di piazza Fontana numerosi testimoni o persone in qualche modo legate alla vicenda persero la vita in misteriosi scontri d’auto. Elementi di varia natura, coincidenze, sospetti…non è certo questa la sede per giudicare, ma è senz’altro corretto esporli, lasciando sospesa ogni valutazione sulla loro attendibilità.
Le prime coincidenze riguardano la figura di Junio Valerio Borghese, che appare in maniera inquietante sullo sfondo in più occasioni.
I fratelli Aniello risultano essere suoi dipendenti; in secondo luogo l’incidente avviene in vista del castello di Artena, di proprietà del principe Borghese. Nello stesso punto, otto anni prima, era morta in un incidente d’auto la moglie del comandante della Decima Mas, la nobile russa Daria Osluscieff, e nella stessa occasione era rimasto ucciso Ferruccio Troiani, il giornalista che l’accompagnava: stesso incidente d’auto nello stesso punto.
Ancora più inquietanti appaiono però le dichiarazioni del pentito Giuseppe Albanese:“L’avvocato Barbalace di Pizzo Calabro, durante la comune detenzione nel carcere di Lecce, ebbe a confidarmi che i giovani anarchici erano stati uccisi da una squadra che era alle dipendenze del principe Borghese. Aggiunse che quello stesso sistema era stato utilizzato per eliminare una parente scomoda dello stesso Borghese”. Queste parole si aggiungono alle affermazioni dei pentiti dell’operazione Olimpia, di cui abbiamo parlato nelle pagine precedenti. Cosa c’è di vero in queste frasi?
E ancora, irapporti dell’incidente della polizia stradale sono firmati da Crescenzio Mezzana, che pochi mesi più tardi si precipiterà a Roma per partecipare al golpe di Junio Valerio Borghese.
Dieci giorni prima dell’incidente di Ferentino, inoltre, viene ucciso a Palermo il giornalista Mauro De Mauro, marò della X Mas; dopo la sua scomparsa molti affermarono che fossevenuto a conoscenza delle collusioni tra la mafia siciliana e i piani di realizzazione del colpo di stato diretto da Borghese. Dalla tessera ferroviaria di Casile risulta che il ragazzo aveva compiuto nell’estate 1970 numerosi viaggi proprio a Palermo: è possibile che anche l’anarchico stesse seguendo una traccia simile a quella di De Mauro? Cosa stava accadendo a Palermo in quei mesi tanto da richiamare tutta questa attenzione?
Infine, esiste un’informativa del controspionaggio su quello che è successo a Ferentino: il documento però, contro ogni logica, è compilata dal controspionaggio di Palermo, diretto nel settembre 1970 dal colonnello Bonaventura, braccio destro del generale Miceli, accusato di aver partecipato ad alcune riunioni a Roma come referente dei servizi deviati siciliani.
Nel novembre 2001 Aldo Giannuli, consulente della commissione stragi, consegna una relazione al tribunale di Brescia: sostiene di avere identificato una nuova struttura clandestina parallela ai servizi segreti, attiva dal secondo dopoguerra fino agli anni Settanta, denominata come “Noto servizio”. La struttura era stata fondata da un gruppo di ex repubblichini riuniti attorno alla figura di Junio Valerio Borghese, e può contare su un gruppetto di “specialisti” in grado di simulare incidenti stradali, eliminando così elementi scomodi."fonte:http://www.lsdi.it/dossier/anarchici/
Era l'epoca in cui Almirante parlava in questo modo
Oggi siamo in un periodo in cui fascisti imprenditori vengono ricevuti dal prossimo presidente del consiglio il giorno in cui è ricorso l'anniversario della liberazione,un periodo nel quale è difficile muovere passi che non siano condotti all'interno di una "dialettica" istituzionale e codificata, tempi nei quali qualsiasi cosa diremo o faremo passerà al vaglio di un'informazione nelle mani di pochi.Il tutto con l'accondiscendenza di chi ha permesso, senza un minimo di resistenza degna di questo nome, che tutto ciò accadesse.
Sono convinto che arriveranno altre lapidi a celebrare "cafoni" morti lontani da casa.La voglia di essere presenti dove è "strategicamente necessario per i nostri interessi", come ha detto l'ex compagno Violante a proposito della necessità di rafforzare la presenza italiana in Afghanistan,mi inducono ad immaginare un futuro prossimo venturo non molto diverso da ciò che si celebra su quella targa di marmo del 1887.
Cosa ne sarà di noi, cosa ci aspetta sul fronte della lotta? Tutto sembra indicare un periodo in cui potremo contare solo su noi stessi.Dovremo fare i conti con chi si scandalizza per frasi urlate e vive con la testa sotto la sabbia il suo presente.Oggi se ci si vuole opporre bisogna sapere che il prezzo sarà molto alto, si pagherà in termini di libertà negata, in emarginazione sui luoghi di lavoro e nella società.Quanto più saremo in grado di tessere la nostra tela fatta di relazioni e di luoghi in cui fare politica, tanto meno sarà efficace la loro egemonia culturale.C'è un filo rosso tra avvenimenti così distanti e noi, oggi.Il bivio tra essere carne da macello e da consumo indifferenti a tutto o gente pronta a mettersi in gioco. A qualsiasi costo.Niente di nuovo, come al solito.
La signora Marcegaglia, quella che si fa fotografare in bici con il marito abbronzato e la figlioletta sulla canna, detta la linea. Dopo aver fatto la classica premessa da buona madre di famiglia, "Noi crediamo al ruolo del sindacato", ha scoperto in men che non si dica quelli che sono gli obiettivi confindustriali.
1- rinegoziare un forte alleggerimento normativo ed economico del contratto nazionale 2- punto 1 premessa per la possibilità di valorizzare il lavoro e le scelte dell'individuo 3- più forza al secondo livello di contrattazione con, magari (citazione di Marcegaglia), con le gratifiche individuali
Meno interesse c'è per argomenti tipo l'abolizione dell'articolo 18 o la riforma delle pensioni. In compenso, Confindustria, chiede la cancellazione delle sanzioni contro i datori di lavoro nel caso delle morti bianche e propone una "vasta campagna" con "corsi di formazione aziendale per responsabilizzare imprenditori e sindacalisti" Marcegaglia è la stessa che, con indubbia sensibilità ambientale,pose il problema dei costi per l'industria dati dalla necessità di conformarsi alle nuove disposizioni europee.In sostanza, noi dobbiamo fare profitti, i costi sociali non rientrano nel nostro concetto di PIL.
A noi questa roba non fa impressione. E' il classico bagaglio ideologico, puntello della cultura aziendale, che viene fuori, in tutta la sua chiarezza ed evidenza, perché ora è il tempo per raccogliere i frutti. D'altro canto se i maggiori competitor, sul piano politico, hanno la stessa visione di società perché attendere ancora?
In ogni caso siamo un po' in ritardo rispetto a quello che è già accaduto in giro per il mondo. In Inghilterra, ad esempio, se negli anni 80 oltre il 50% dei lavoratori era coperto da accordi di settore si era ridotto al 36% sul totale nel 1992 il loro numero.
Tra il 1986 ed il 1997 naufragarono 14 accordi collettivi che coinvolgevano 1,2 milioni di lavoratori.
Le aziende estere che investivano in UK, da quel momento, rifiutarono qualsiasi contrattazione collettiva di settore preferendo la contrattazione individuale.
"Nel 1994 ilBritish Institute of Directors sollecitò una pressoché totale individualizzazione delle relazioni sindacali". Questo fatto aveva come obiettivo quello di circoscrivere il ruolo del sindacato, a soggetto in grado di fornire "servizi" ai propri associati, dismettendo quello per cui storicamente era nato.
Stessa tendenza in Germania dove, la necessità di rendere più flessibili i contratti e le condizioni di lavoro, portarono anche alla non adesione di molte aziende alla associazione che le rappresentava nelle contrattazioni collettive(es. Gesamtmetall).
Infatti se nel 1980 era pari al 54% il numero delle imprese aderenti a questa organizzazione (per il 74% della forza lavoro) nel 1995 si era passati al 43% del numero complessivo (per il 65% della forza lavoro).
L'impatto sulla struttura della forza lavoro si è manifestato, per quei paesi, in tutta la sua evidenza. Nel 1997, in UK, il 38% dei lavoratori era impiegato a tempo determinato.
In Francia, nel 1988, su 9 nuovi posti di lavoro 8 erano a tempo determinato, parziale od occasionale.Dopo 10 anni, al culmine del boom economico, tale percentuale era rimasta sostanzialmente invariata.
Nella Germania dell'Ovest le occupazioni di lavoro atipiche si sono espanse passando (tra il 1980 ed il 1997), dal 7 al 15,9%.
Negli USA la forza lavoro non impiegata tradizionalmente nel 1995 era di circa il 25%.
In compenso,in Europa, a fronte di una diminuzione del lavoro maschile è cresciuto l'utilizzo di manodopera femminile che, a parità di lavoro, ha salari mediamente più bassi.
Non ci soffermeremo, qui, su altri effetti quali quelli della costante caduta del numero degli iscritti alle organizzazioni sindacali.
Il "capitale umano" ridotto a fattore di produzione ed a costo, difficilmente potrà trovare la valorizzazione a cui fa riferimento la signora Marcegaglia. Lo impedisce, in primo luogo, la necessità di rispondere in modo adeguato a quella che è la competizione a livello internazionale.Il punto è che questa strategia viene portata avanti in un paese che ha carenze strutturali di suo e che, una volta esaurita la leva demagogica della flessibilità, della produttività e del costo del lavoro, non avrà altri orpelli a cui agganciarsi per giustificare la sua emarginazione rispetto al contesto internazionale. Riesce difficile pensare che i salari potranno recuperare il loro potere di acquisto basandosi semplicemente sul cambiamento di quelle che sono le regole negoziali, o nella semplice trasformazione della relazione da collettiva ad individuale. Così come riesce difficile pensare che la sensibilità degli imprenditori su temi quali la sicurezza possa essere risvegliata grazie a qualche corso di formazione.
A questo assalto (su un corpo di per sé abbastanza scarnificato) si sommeranno quelli dati dall'attacco al welfare (minore tasse a fronte di minori servizi) che ancora di più amplieranno il gap di sofferenza tra chi ha molto e chi ha molto poco della torta.
In questo contesto chi scrive concorda con quegli economisti che evidenziano come l'ascesa del capitalismo globale, con le sue regole, sta riportando indietro i paesi industrializzati verso una nuova versione del primo capitalismo (quello senza regole): -Alta competitività dei mercati,(relazione tra domanda ed offerta) -Azienda tipica di piccole dimensione nel periodo del primo capitalismo industriale. Adesso: tendenza a diminuire la propria quota di mercato interno, concentrazione sul core business e dismissione di attività di secondo livello. Crescita a livello internazionale (attraverso processi di fusione ed aggregazione ed al trasferimento di intere aree di attività). -Competizione condotta essenzialmente utilizzando la leva dei prezzi -Massimizzazione dei profitti nel breve periodo, tendenza rafforzata dalla necessità di mantenere o far crescere il valore per gli azionisti -Negoziazione salariale condotta a livello individuale -Mercato del lavoro altamente competitivo, bassi salari, massima flessibilità, poche protezioni sociali.Considerazione dei poveri come "parassiti del welfare" e tendenza a limitare la possibilità di usufruire di prestazioni sociali -Cicli economici di lunga durata con poca possibilitàdi tenerli sotto controllo con meccanismi che consentano alla domanda dei consumatori di essere sostenuta, in caso di recessione, attraverso un sistema di previdenza sociale. -La precarietà nel lavoro e del reddito funzionale alla struttura produttiva, impedisce ai poveri di accumulare qualsiasi proprietà stabile. -Crimine, povertà e senza tetto fattore endemico.
Ora, mentre molti sono impegnati a spalare le macerie ideologiche del 900, il capitale ricostruisce su scala planetaria quella logica di modalità e di condizioni per l'accumulazione a vantaggio di pochi eletti (il perimetro sono 6 miliardi di individui) che in fondo non sembrano tanto una novità nella storia dell'uomo.
Di oggi è la notizia che il berlusca pensa a tagliare qualche migliaio di posti di lavoro in Alitalia. Adesso sono tutti lì a stracciarsi le vesti. La domanda è "ma cosa avrebbe fatto di diverso quel signore con l'accento francese?" Io penso nulla. Quando si fece l'Hub di Malpensa gli unici ad opporsi, a quella specie di cattedrale nel deserto, furono un pò di ecologisti preoccupati dell'impatto ambientale e gli abitanti della zona che temevano per la propria quiete. Frotte di brillanti economisti, supportati da uno studio della Bocconi, si affrettarono a spiegare che quella era un'occasione da non perdere.Decine di migliaia di potenziali clienti per l'area, migliaia di posti di lavoro. Bene, il risultato è servito su un piatto d'argento. Da una parte una struttura ridondante ed inutile rispetto ai numeri veri, dall'altra parte una compagnia di bandiera sull'orlo del fallimento. Quando la qualità, di chi amministra, è scarsa conta poco che questa si manifesti tra il pubblico od il privato, il risultato è sempre lo stesso: un disastro economico ed umano per la collettività.
Proveranno a cancellare la memoria.Noi siamo e saremo qui ad impedirlo.Trasmetteremo ai nostri figli le immagini ed i ricordi di quelli che sono morti, di quelli finiti in galera.Trasmetteremo l'idea della resistenza come di un dovere per dare significato ad una vita che, altrimenti, sarebbe sbiadita e senza significato. Trasmetteremo l'idea di vivere con la schiena dritta.Non ci piegheranno con le loro prebende.Oggi, forse, ci sentiamo soli.Come si sentirono soli loro.Una solitudine a cui seppero reagire.Da comunisti. W la resistenza.
Foto segnaletica di Panzarini Lino, partigiano comunista fucilato
"A dominare sembrano comportamenti di tipo adattivo improntati ad una eternizzazione del presente e a una desertificazione del futuro che mescolano toni euforici e sconsolati.Da una lato, un senso di liberazione da ideali che impongono all'esistente un orizzonte di ulteriorità frustrante, abbinato ad una condanna talvolta spietata della sua imperfezione.Il piacere per prospettive di vita finalmente adeguate all'individuo ed alle sue effettive possibilità.Dall'altro, un senso di perdita e angustia, uno strano pessimismo che si fatica ad organizzare.Sensazioni divergenti radicate nella percezione che la vita è tutta qui, senza alternativa:un godimento del presente che non intende sacrificarne un attimo sull'altare di un domani diverso, di una felicità esile, su misura dell'ego, la magnifica ossessione del me generation.Chiedere di più si è rivelato rischioso.Meglio di così, si muore."
Enrico Donaggio e Peter Kammerer/ Karl Marx - Antologia
"Una fiaba racconta che un giorno i topi decisero che la vita sarebbe stata molto più sicura se il gatto avesse avuto sempre al collo un campanellino.Il problema era decidere chi avrebbe rischiato la vita per mettere il campanello attorno al collo del gatto.
Come è possibile che i modesti eserciti delle forze occupanti o dei tiranni controllino per lunghi periodi popolazioni di gran lunga superiori numericamente?
Quando le persone devono agire individualmente e sperano che si crei un momento di aggregazione sorge la domanda"Chi va per primo?"
Vi sono persone mosse da considerazioni legate al dovere o all'onore, ma la maggior parte considera che i costi siano superiori ai benefici che se ne possono trarre.
Nelle grandi cooperative americane di taxi le auto vengono spesso assegnate ai guidatori da un addetto allo smistamento.Alcune auto sono buone, altre scassate.L'addetto può usare il suo potere di assegnazione per ottenere modeste tangenti da ogni taxista.Colui che si rifiuta di pagare riceve sicuramente un'auto scassate, mentre quelli che collaborano acquisiscono il diritto di partecipare al sorteggio dell'auto.L'addetto si arricchisce e i taxisti nel loro insieme hanno le stesse auto che avrebbero avuto se nessuno avesse pagato la tangente.Probabilmente se agissero collettivamente, i guidatori avrebbero la possibilità di mettere fine a tale situazione.Si tratta di organizzare il movimento."
brani tratti da -io vinco tu perdi-autori avinash dixit e barry nalebuff-cult book delle business school americane.
Quello che possiamo individuare come nostro punto di debolezza principale è essere indivuidui rispetto ad un contesto organizzato strategicamente che ha, a sua volta, il suo punto di debolezza nel precario equilibrio su cui si regge il suo consenso.
Scoprite il punto ed il sistema non avrà più puntelli.
Da :Repubblica "Poco dopo ha preso la parola il governatore della Puglia Nichi Vendola, reduce da un successo personale all'assemblea di Firenze sul futuro della sinistra organizzata da alcuni intellettuali. Vendola ha messo in guardia da spaccature e lacerazioni, in questo momento letali. E ha avvisato: "Guai a chiudersi in un fortino. Dobbiamo rimettere in piedi una comunità a cui dare come orizzonte l'innovazione e non un fortino delle antiche certezze in cui rinserrarsi". "
Uno dei problemi di rifondazione è qui. Il reduce ha successo tra gli intellettuali e non se lo fila nessuno tra i proletari.Quando si parla di innovazione senza fare un solo esempio, semplice e chiaro,di cosa questo significhi continuiamo/no a fare solo esercizi di retorica. C'è da chiedersi se Vendola si accorse di quella piazza vuota, a Roma, mentre un corteo rabbioso scorreva da un'altra parte. La questione, compagno, è che nel fortino ti ci sei rinchiuso tu.Per tutto il tempo del governo Prodi. Decenza vuole che molti di voi ritornino ad altre faccende. Vale quello che ha detto Bernocchi per tanti che, come noi (la maggioranza), non li ha più votati"Dovranno tornare a guadagnarsi la pagnotta in mezzo alla strada,nei movimenti, che adesso non conoscono più."
Nel Veneto si è materializzata la brillante strategia del PD. La presenza di un imprenditore leghista ha sortito i suoi effetti. Alle elezioni del 2006 (dati camera) l'ulivo insieme alla rosa nel pugno prendevano 915 mila voti. nel 2008 il PD riesce a consolidare la sua posizione sul territorio sfondando al centro con ben 812 mila voti. Con un saldo negativo di 103 mila voti
L'alleato Di Pietro passa da 94 mila voti a 131 mila voti.Il saldo è positivo per 37 mila unità. La sinistra arcobaleno passa da 218 mila voti a 68 mila. Perde 158 mila voti.
L'astensionismo in valore assoluto cresce di 111 mila unità (circa). Non abbiamo il dato sull'incremento delle schede nulle o bianche. In soldoni ci sono (-103.000-158.000+37.000)=224 mila elettori del centro sinistra che si sono volatilizzati
Cosa è accaduto sul fronte opposto? Il PDL (AN + FI) passa da 1milione 138 mila voti a 838 mila . La perdita è di 300 mila voti circa La lega passa da 353 mila voti a 830 mila.Il guadagno è di 477 mila voti L'UDC che nel 2006 contava su 247 mila voti, adesso ne ha avuti 170 mila. In soldoni 77 mila voti in meno. Anche qui possiamo ricavarne il seguente dato (-300.000+477.000-77.000)=+100.000
E se lo scenario nel Veneto fosse che SA ha perso i suoi voti a favore di Di Pietro e dell'astensionismo ed il PD a favore della Lega? Se così è, da un punto di vista strategico, per il PD ci sono poche speranze in prospettiva ed alla Sinistra extraparlamentare tocca fare proprio la sinistra extraparlamentare e radicale se vuole riprendersi il suo consenso.
Si è scatenato il panico. Tra quelli che prendono per il culo "i comunisti non mangiano più i bambini, si mangiano il fegato"(una delle migliori a mio modesto avviso) e quelli che analizzano mi è venuto un leggero mal di testa e, di fronte a tanti analisti, cazzeggio.
Nel cazzeggiare ho deciso di assumere il ruolo che un dì fu di mia madre. Tutte le volte che parlava mi faceva incazzare come una bestia. la sua logica era di una semplicità devastante e, mentre mi arrampicavo sui libri, lei frequentava i mercati rionali dove incontrava milioni di persone come lei.
E' cambiato qualcosa rispetto alla visione che della vita hanno le persone che tirano la carretta tutti i giorni? Io direi di no. Varrebbe quindi la pena spenderla qualche parolina da "sociologo" sulla massa.
La gente sa di dover morire. Lungo o corto che sia il tragitto alla fine crepi.Cosa ci metti dentro la bisaccia e chi incontri fa la differenza tra una vita di merda ed una accettabile. E non è neanche una questione di soldi. E' semplicemente la voglia di non farsi rompere troppo i coglioni lungo il viaggio. Non elaborare troppo, insomma.
Certo, se ti capita di essere precario e che quando torni a casa ti scippano la busta con lo stipendio non sai più a chi cazzo attaccarti.In un colpo solo due ingiustizie: sfruttato e derubato da uno che è messo peggio di te.
Le hai provate tutte. Avevi una cazzo di bancarella al mercato di Porta Palazzo, lasciata da papà che l'aveva presa quando era stato licenziato dalla Fiat,ed i tuoi ex compagni ti trattavano da merda perchè eri un'evasore fiscale. Ti eri comprato il Ducato per fare le consegne e quando, incazzato, avevi bloccato il traffico insieme ad altri sfigati come te ti eri beccato la paternale checosìnonsifaperchèciricordailcile.Ma cazzo, mi pagano 2 euro a consegna e dici a me che sono come Pinochet. E non è classe operaia, quella non esiste più ti raccontavano in tanti. Adesso c'è una piccola e laboriosa classe imprenditoriale. A BELLO, 2 EURI A CONSEGNA, IMPRENDITORE STO' CAZZO e come Pinochet in compenso se mi incazzo.
Te ne sei tornato in fabbrica, quella boita al fondo del viale nell'interno cortile, con la cooperativa ed in un colpo solo non più operaio ma operatore dei servizi per l'industria. Stì cazzi, che salto.
E quando torni a casa? Provate ad immaginare di vivere alle Vallette (già il nome), vi spaccate la schiena tutti i giorni, il vostro capo vi cazzia a dosi industriali, vi pagano poco perchè vi raccontano che è la globalizzazione e che se non ti tornano i conti ce n'è altri cento che dal Marocco si offrono a meno,arrivi a casa e trovi sul prato di fronte l'accampamento degli zingari con le lenzuola stese ed i ragazzini che corrono semi nudi nel parco.Fai per attraversare la strada e "zacchete" ti hanno portato via la borsetta con il baracchino ed i rimasugli della pasta e fagioli e la busta unta dell'ultima paga. 900 EURI AL NETTO DI TASSE E CONTRIBUTI.
Accendi la televisione e senti uno che ti racconta che la globalizzazione è una opportunità, giri canale e ti spiegano che con l'indulto si sono liberate le carceri, il TG regionale ti racconta che il sindaco è per la TAV ma non ha i soldi per ripararti il marciapiede e trovare un posto degno per i Rom che ti stanno d'avanti al palazzo. Bè, anche se hai studiato sul Capitale di Karletto un pò ti girano i coglioni. Un lombrichetto inizia a girarti mefistofelico nel cervelletto, in fondo Bertinotti è troppo occupato a fare il presidente della camera, Vendola è di Bari e col cazzo che pensa a te tutto impegnato a spalare le macerie del 900 e Uolter ha appena finito di dire che "semo tutti dentro a stessa barca e ce tocca de remà na stessa direzione e de non rompe li coioni co e rivendicazioni pecchè te devi impegnà pa a produttivita'".
E che pensi di raccogliere in una situazione del genere? Inizi a prendere quello che ti passa davanti con il fazzoletto verde e lo ascolti. Marocchini? a casa, bene sistemiamo la questione salariale,la produttività e liberiamo un pò di posti di lavoro Zingari? Via se non peggio. Così troviamo i soldi per il marciapiede. E ti sembrano cose da poco alle Vallette?
Volevo parlare di altro, ma come non commentare questo articoletto di Repubblica?Ammesso e non concesso che questi signori abbiano una qualche credibilità nell'analisi dei dati (temo che siano gli stessi che raccontavano dei 2 punti di distacco tra le coalizioni). Ora i tafazzi dell'ex arcobaleno, quelli che quando parlano aprono mille parentesi e che si sono turati il naso soffocandosi, dovrebbero spiegarci perché si lamentano. In fondo sono entrati a pieno titolo nel nuovo millennio, un pò in ritardo ma adesso ci stanno pure loro. Hanno Calearo e Colanino che gli dettano la linea ed Ichino che gli risolverà il problema della precarietà. Ora che rompano i coglioni a quelli come me, modestamente,che è da due anni che scrivevano e raccontavano di un governo impopolare tra il popolo mi pare veramente troppo. Adesso hanno iniziato, dopo aver militato in partiti di stampo stalinista, con la tiritera del socialismo del 2000. Di voler sostituire le cuffiette del call center alla falce e martello e amenità varie. Da questo punto di vista noi siamo più avanti di loro. Manco li abbiamo votati i residui del 900 (è ironico per quelli lenti).
Mi riesce difficile in questo periodo essere serio. Mi ricorda, l'epoca, la parabola di molti che si trovarono alla fine di una stagione senza il pannolone a parargli il culo. Erano i teorici dell'entrismo (in soldoni entriamo nel PCI per cambiarlo da dentro) e si sono ritrovati a tavola con Silvio Berlusconi ad occuparsi del marketing delle sue aziende.
Io penso che per mettere fine alla loro agonia devono, respirando forte, togliersi il pensiero tutto d'un botto. Un pezzo di strada l'avete fatta, adesso entrate in massa nel PDL, magari lo cambierete e lo influenzerete da dentro. Sarete in compagnia, ci sono già la Maiolo, la moglie di Gaber (il defunto) ed altri ancora. L'altro vantaggio, economico, sarà quello di risparmiare quattrini dall'analista e finalmente avrete ritrovato un'identità. Da testa di cazzo ma è pur sempre qualcosa.
Da Repubblica: ROMA - La sinistra si è liquefatta nelle urne e più o meno metà dei suoi voti sono finiti nel carniere di Walter Veltroni e Antonio Di Pietro. E qualche cosa ha raccolto il Pdl di Silvio Berlusconi. I dati arrivano da una prima ricerca condotta da Consortium per Rai e Sky sui flussi elettorali. E i numeri non lasciano dubbi su dove sono finiti i voti che Bertinotti, Diliberto e Pecoraro Scanio avevano nel 2006. Il 40, 3 per cento dei voti di Rifondazione è passato al Pd. E il 6,3 per cento ha preso la via dell'Italia dei Valori. Il totale fa 46,9 per cento. Ancora più alto il dato che riguarda il Pdci. Il 48,1 per cento dei voti è finito a Veltroni e il 6,4 per cento a Di Pietro. Complessivamente si tratta del 55,5 per cento dei consensi dei comunisti italiani. Infine i Verdi. Al Pd è andato il 45,1 per cento e all'Idv l'11,3 per cento. La somma fa 56,4 per cent
Questa mattina sono andato dal giornalaio ed ho incontrato il classico compagno radical chic. Lì abbiamo comperato Stampa e Manifesto io e repubblica e Manifesto lui. Accompagnato dal suo cane (di razza) e con indosso la sua giacchettina di velluto (chiara) su camicia azzurra con colletto oxford, pantaloncino vintage di un marroncino scuro, capello lungo ed un pò brizzolato e classico occhio chiaro (insomma uno che tromba,però con un filo di trippa ad appesantirlo, dimenticavo il mezzo toscano a spuntare dal taschino) si è soffermato (dandomi del lei nonostante io abbia provato con il tu) a fare quattro chiacchiere sui risultati elettorali. La sua tesi è che abbiamo (hanno, perchè col cazzo che li ho votati) perso perchè non bisogna dire troppi no e bisogna saper mediare.Insomma la classica tiritera sulla sinistra che deve saper governare etc.etc.etc.
L'ho guardato stralunato e mi sono chiesto se sono io troppo duro e non capisco quello che in gergo si chiama pancia e flusso del "popolaccio" o è lui che vive chiuso nella sua casetta in centro (come me) a Torino e non guarda oltre lo steccato del suo gruppetto di amici (liberi professionisti) che si ritrovano ad analizzare finemente i comportamenti del popolo sovrano di fronte ad un belMartini con l'oliva.
Di mestiere (quando c'è) traffico con i numeri ed ho l'abitudine di cercare di capire quelli macro perché, per essere troppo sottili e precisi nelle analisi, si finisce per perdere il quadro d'insieme. Allora, visto che al momento faccio poco per il mercato (il vantaggio di essere flessibili) mi sono andato a cercare i numeri delle elezioni del 2006 e quelli del 2008 (numeri non percentuali). Cosa ho scoperto? Nel 2006 gli aventi diritti al voto (camera, Italia) erano 46.997.601. Nel 2008 sono stati 47.295.978. Quindi c'è un aumento di circa 300.000 unità. I voti validi nel 2006 sono stati 38.153.343 pari all'81,18% degli elettori. Nel 2008 passiamo a 36.452.305 pari al 77% degli aventi diritto. In soldoni passiamo da 8.844.258 a 10.843.673 elettori che o sono rimasti a casa (come il sottoscritto e famiglia allargata) o hanno scritto civilmente "vattelaapigliàinto'culo" nella scheda riconsegnata ben piegata al presidente di seggio.
Andiamo al voto.
Tra Berlusca ed AN raccattavano, nel 2006, 13.755.000. Con la lega erano 15.502.000 e la loro coalizione, nel complesso (con UDC e partitini vari), ne prese 18.777.843. Oggi il PDL da solo ne porta a casa 13.628.865., con la lega salgono a 16.652.000, con l'MPA 17.063.874.
L'ulivo da solo valeva 11.930.000 voti, il questurino 877.000, la Rosa nel pugno circa 900.000, l'Udeur 534.000, i socialisti 115.000 e con noi nostalgici comunisti frontedelportosempreno un totale di 19.000.000 di voti belli, belli.
La raffinata strategia dell'occhialuto che provò a far fallire prima l'Unità e poi ridusse al lumicino (da segretario) i DS doveva pescare nel centro moderato (ex mastelliani), tra i radicali ed i superstiti del sol dell'avvenire (socialisti). Bene. Lo stratega ha preso 12.092.998 voti. Dove ha preso questi 162.998 voti in più rispetto al tanto vituperato Prodi dell'ulivo?
Considerato che: - il questurino i suoi voti li ha raddoppiati (1.593.000) -che i socialisti hanno preso 355.000 voti, oggi, quando da soli nel listone del 2006 presero 115.000 e con la rosa nel pugno altri 900.000 voti, -che Mastella è sparito (valeva 534.000 voti) - che il PDL in realtà ne regala alla Lega di suo (perchè insieme ad AN vale 127,000 voti in meno rispetto alla somma dei due partiti distinti), - che gli arcobaleno passano da 3913.000 voti a 1.124.000 (-2.789.000 che in parte sono andati proprio a lui), possiamo pensare che è riuscito nell'opera ciclopica di : 1- non beccare un voto in più proprio dal centro moderato (i 500.000 voti che perde Casini se li becca il Lombardo in Sicilia) 2-avere adesso un partito che, in funzione di chi lo ha votato, non rappresenta esattamente la sua base sociale 3-di avere un partito deideologizzato e deilaicizzato pieno di imprenditori alto borghesi e ex suore baciapile che rappresentano loro stessi e l'alta finanza. 4- fatto sparire i socialisti 5- aver finalmente convinto Bertinotti a togliersi dai coglioni.
L'impressione è che, nonostante lui non voglia, il collante che tiene la sua coalizione è ancora l'antiberlusconismo e solo quello. Veniamo ai "compagni". E' stato penoso leggere lo struggimento di quelli che volevano usare utilmente il loro voto e vedere che si ritrovano con Calearo, la Binetti e Colanino a rappresentarli.Non male per gente che ha capito tutto.Adesso l'opposizione fatevela fare da loro. Certo è che chi non ha votato non lo ha fatto perchè si sente meno "comunista" o di sinistra, lo abbiamo fatto perchè il governo Prodi è stato un governo che ha fatto politiche di destra economicamente, che ha tolto soldi ai ceti popolari con le sue finanziarie lasciando che in periferia aumentasse il degrado e che la rabbia si scatenasse su rom e lavavetri, che quello che aveva scritto sul programma a proposito di precarietà e legge 30 servisse solo a pulirsi il buco del culo, che ha mostrato attenzione alle ragioni del capitale e non a quelle di chi lavora, che ha parlato di liberalizzazioni scannandosi con tassisti e parrucchieri e non ha fatto un cazzo contro notai avvocati e gente simile, che non ha preteso che Bassolino si dimettesse togliendo l'appoggio alla sua giunta. Noi siamo persone che hanno bisogno di non essere prese semplicemente per il culo e che auspica ad una sinistra "di classe" radicata sul territorio e che sappia fare le cose che, da destra, fa la lega o la fiamma di Bontempo. Si tratta di identità, di politica fatta militando, di gente che sappia raccogliere le istanze e trasformarle in risposte che partano dalla realtà dei singoli quartieri. Una sinistra che sappia parlare ed ascoltare la sua gente. Che è gente incazzata e che l'incazzatura non la tiene solo dentro. Non abbiamo votato per questi motivi, per i si e per la mancanza di coraggio nello staccare la spina ad un governo che non ci rappresentava.
E così è finita come sapevamo. Nel nostro piccolo, qui a Torino, abbiamo vinto.L'affluenza al voto è passata dall' 83,4% del 2006 al 78,42% di ieri. Solo al Senato, al momento, le schede bianche o nulle sono passate da 12.000 a 14.000. Il quartiere che ha registrato il maggior astensionismo è Mirafiori(quello degli operai per intenderci) dove è stato del 24% contro il 17% del 2006. Andiamo adesso ai numeri e vediamo cosa è accaduto e perchè non ci stracciamo le vesti ma, al contrario, pensiamo che sia solo il caso di rimboccarci le maniche ed iniziare a raccogliere quello che inevitabilmente il Veltrusconismo seminerà da qui a poco.
Scriverò solo dei numeri della camera di Torino (per oggi) perché è il ramo del parlamento per cui vota più gente. Le schede valide sono state 540.702 contro le 578.368 del 2006 (-37.666). I geni del partito democratico hanno raccattato 208.997 voti contro i 213.328 del 2006 (-4331). Miracoli della statistica, pur raccogliendo in valore assoluto di meno, rappresentano il 39,37% contro il 36,7% del 2006 (ah, questi numeri). Il questurino Di Pietro passa da 17.256 a 35.931 voti. Veniamo al tappo ramato. La somma di Forza Italia e AN che nel 2006 poteva contare su 184.890 (sorpresa, sorpresa) passa a 167.556 voti nel 2008.Anche qui la statistica fa un miracolo dei suoi, la percentuale sul 100 non cambia nonostante la perdita di quasi 20.000 voti. La lega Nord passa da 18.462 voti a 34.648 voti.Insieme al questurino sono i veri vincitori. La sinistra arcobaleno, che nel 2006 tra tutti aveva circa 74.000 voti a Torino,nel 2008 ne raccoglie 22.283, un disastro (compagno Bertinotti dei miei coglioni, te ed il testa di cazzo che ti fa da segretario. ma come si fa a venire a parlare alla porta 2 di Mirafiori con l'auto blu e la scorta?). Tra sinistra critica e Ferrando prendono 6.800 voti. Ora possiamo inventarci tutte le analisi sociologiche di questo mondo, fare una minuziosa raccolta dei dati e sgrossare quelli che ci sono per cercare di capire ma, penso, che una prima lettura ci dice che chi non ha rinunciato alla sua identità (che sia questa rappresentata da xenofobia, territorio o valori quali la legalità) guadagna consensi nella società cosi' detta civile. Gli altri perdono voti.
I consigli interessati sono quelli di cercare di recuperare istituzionalmente la sinistra radicale.La questio è evidente. Il disagio di una fetta importante di questa società o si fa sentire nell'astensionismo e nel voto annullato oppure si radicalizza su posizioni che ricordano tanto la logica e l'ideologia dell'ordine e della disciplina. I consigli sono interessati e non a caso. Torino, da decenni, recita il ruolo della città laboratorio. Mentre altri pontificano e chiacchierano qui si sedimentano gli umori ed i mal di pancia che, poi, radicalizzano la loro risposta. E' stato così nel 61 con le rivolte operaie antisindacali di piazza statuto, è stato così nel 68 con la sollevazione di un intero quartiere e gli scontri di corso Traiano, è stato così nel 77 con le prime occupazioni di spazi pubblici trasformati in circoli del proletariato giovanile.
Il ruolo di un comunista è questo.Non basta stare su qualche blog o al chiuso di qualche sezione per "sentire" la gente. Schiodate il culo, compagni. Nonostante tutto quello che si inventeranno, sulla sparizione della sinistra radicale, la situazione è eccellente.
Da :Repubblica "Non sarà a passo di carica, ma il piglio è severo. Questa curiosa foto arriva dalla città di Columbus dove un "treno di papere" come lo definisce la stampa locale, decide di abbandonare la fattoria del signor Henry Whipker. Le papere sono state intercettate mentre si esibivano in questo divertente, ma anche pericoloso, attraversamento"
Aiutate le papere,nel loro andare da sinistra a destra passando per il centro della via maestra rischiano di essere spiaccicate dal Tir.Che qualcuno fermi il traffico. p.s. della serie "alludi, alludi che Berlusconi ha fatto gli gnocchi!"
Dicono:" Cacchio, voi duri e puri non vi rendete conto che torna il Berlusconi"Mmmmmm!!!!!che problema che ci ho.Mi sento proprio una chiavica di fronte a tutta questa gente di sinistra che è lì presa dal panico. Sarà perché li conosciamo da un pò stì signori e ci siamo passati un pò di anni sulle barricate mentre quelli guardavano da dietro la tendina che hanno nella camera da letto, ma tutta sta paura? Il problema qual'è? che pensate di dover schiodare il culo pesante dalla sedia e tornare a fare politica facendo un pò di pressione partendo dalle strade? Sarà che siete un pò mollicci come un budino ripassato al forno e vi viene strano che sto cazzo di stato, quando chiederete di più perchè non ce la fate, tira fuori il manganello e vi ripassa la ghirba? A già, voi siete quelli con la fascetta arcobaleno sulla testa,quelli con la camiciola arancione perchè chi cazzo ti si incula se ti fai un corteo per il Tibet o la Birmania. quelle sono questioni trasversali. Mentre siete lì ad interrogarvi una parte di questo pianetino del cazzo inizia ad infiammarsi perché qualcosa non torna. Eh, ma voi siete troppo concentrati su chi scegliere tra Veltroni e Bertinotti. Basterebbe solo guardare intorno a voi per cercare di capire se il vostro contributo, in fondo, è molto più pesante del mio nel permettere che tutto affondi. Il problema non è Berlusconi sbiaditi compagni, il problema siamo noi, siete voi con il calcolatorino in mano a cercare di capire cosa conviene fare tra camera e senato. siete voi che avete perso la voglia e la passione, che avete permesso che la politica si riducesse ad essere rappresentati da gente distante che farà tutto meno quello che vi serve.Il problema siete voi, così pavidi, da avere il problema di mandare in parlamento uno che dice di voler fare le stesse cose dell'altro, solo che dice di essere nuovo, in compagnia di gente che a dir di sinistra o amica richiede uno sforzo ciclopico. Il problema siete voi che siete berlusconizzati nei comportamenti e nelle relazioni di tutti i giorni. Dice"Ma che cazzo stai a dì"Che stò a dì io? e allora spiegami che cazzo ci stai a fare in compagnia di gente che per farti sentire più sicuro spiana campi di rom senza preoccuparsi di dove mandarla quella gente. Che ci fai insieme a chi teorizza il fancazzismo tuo (statale dei miei coglioni o impiegato comunale delle palle) come problema principale di questo paese? Che ci fai insieme a Calearo o al generale omofobo e rambo? Che ci fai insieme a gente che ha votato il rifinanziamento delle missioni di guerra? A chi non ha mosso un dito sulla legge 30? Che come problema aveva quello di stare seduto in alto sullo scranno invece che riprendersi la borsetta e tornare a battere i mercati ed i luoghi di lavoro? Che ci fate insieme a gente che aveva problemi a farsi vedere in piazza perché sottosegretario dei miei coglioni? La questione è che avete perso la coerenza e lo sforzo necessario alla fine dei vostri bei discorsi. far seguire quel minimo di cose dignitose e di fatti per rendere chiaro come la pensate, in fondo alla vostra anima. Quella nera. Quella che vi fa paura e vi spinge alla paura. Produttori di chiacchiere, teorici dell'insoddisfazione all'ennesima potenza. Siete destinati a tornare a riempire piazza Venezia, e lo sapete.Costa troppo fare ed agire in modo coerente.Portare fino in fondo i discorsi. E' una bella fetta di paese questo. Arcobaleno e democraticipartito.E Berlusconi lo rappresenta meglio di quello che voi potete fare con la vostra immagine sbiadita. Io me ne sono messo fuori, e sono contento.C'è tanto da fare e tanta gente che non può aspettare.Il resto verrà, se dio vuole inshallah.
Questo signore si chiama Edgard, ha sotto il braccio un paio di scarpette da calcio e rolla una canna in una foglia di non ricordo cosa. Si stava a Livingstone tra Belize e Guatemala, in un posto in cui ci arrivi solo con un battello perché il ponte con la terra ferma non lo vogliono costruire. Loro. Si andava a giocare a pallone in un campo in cui, ogni tanto, atterrava un piper, gente strana sopra.Mai fatto domande.
Tanta gente a correre intorno a quella palla. La sera sulla spiaggia si passava alla musica. Sparata alle stelle.Con di fronte un mare nero rischiarato al fondo dalla luna. Un buco sopra.
Dietro la strada principale (una) un italiano aveva costruito una casa in cui vendeva alimentari.Ricordo la foto della nazionale di calcio. "Paolorossimafiosoitaliano". Stì cazzi. Piangeva quando pensava all'Italia."Questo è scemo" pensavo io.
Che posto. Lì vivono i Garifuna. Black people. Reggae e fanculo boys. Dice "Ma vuoi mettere il benessere" E già, vuoi mettere.Ma vavavavavava, enun ci cagà o' cazz!"
Li' ho conosciuto un ragazzo israeliano, fuori di testa.Pensavo a lui mentre ascoltava qualche pezzo dei Matisyahu (che vi invito a spararvi, un pò di tono alto, poi, senza che moglie e figli guardino movete la panza e n'toculo u NANU ). Stì cazzi che litigate. Norimberga e relativo processo ci hanno fatto na pippa a noi. Dice " ma era da solo e disperato" EEEEEddddai. Quando è andato via ci siamo abbracciati. Niente parole.
Che cazzo, stiamo stretti, Questa è la questione. E niente più ci soddisfa. Dice"E le responsabilità, la famiglia, gli amici, le sicurezze" Come dice il sommo N'TO CULO (meno che alla famiglia, qualche dubbio sugli amici). Ci siete mai riusciti a sentirvi liberi e soddisfatti per una volta? Con la sensazione di poter decidere di voi qualsiasi cosa? Dice " E' scemo" IO?!?! E voi, che vi rompete i coglioni a pensare a U NANU?
Martedì sarà tutto come sempre. Direi che abbiamo già dato.E si tornerà a parlare della formazione dell'Inter. C'è solo una cosa che vorrei, ora. Aprire la finestra di casa e ritrovarmi lì e n'to culo u NANU
Uno dice "certo ti carichi una bella responsabilità a chiedere alla gente di non andare a votare".Io, che sò 50 anni che non mi caga nessuno. Ne ho passati 49 a fare la guardia al bidone vuoto da benzina proprio come i fascisti "uso ad obbedir tacendo", anche quando mi giravano le palle che neanche quelle di un elicottero! E me dai tutto stò potere? Uno dice " e si, ma sei qualunquista con questa storia che sono tutti uguali" E a me lo vieni dire che mi stai a sfracellà i coglioni con sto cazzo di paese semplice, co sta cazzo de barca in cui stamo tutti a remà nella stessa direzione (sarà ma quelli col fischietto è na vita che so sempre quelli).Quanno ci hai gente come Chiamparino che sogna e maggioranze veriabili co i fascisti de li mortacci sua? Uno ti dice" Eh, ma così vince il basso col capello ramato". E mi strapazzi le palle co stà storia quando è stato un socialista a daje tutto sto potere con le televisioni? Quando quell'altro deficiente dell'arcobaleno de lì mortacci sua "per dovere istituzionale" stava sempre lì co a lingua penzoloni solo perchè je deve pubblicà un cazzo de libbro che se so letti in quattro, al posto de na spranga n'mano? Dice" eh, sei estremista, tutto e subito"Ah ma proprio con me ce l'hai, e nun te ricordi la linea,compagno, del compagno Berlinguer quella di fa i sacrifici?" col motivetto della barchetta? Tutto e subito stò cazzo, che so 40 anni che pijamo carci nel culo. E sempre zitti. E quando ce avemo provato a tojerce gli anelli dal naso a momenti zompava tutto pe aria e ve siete cagati sotto. Uno dice" E ci sono i fascisti, i leghisti"E a me o vieni a dì che manno fatto zompà il portone di casa alle tre di notte quando te stavi a fa lo struscio e lo stronzo co quella deficiente che so 4 anni che è precaria e ancora nun ci ha capito un cazzo di chi a sta a pija pe'l culo, e te viene a fa i discorsi anche su a flessibilià? E quanno je menavo ai fascisti nun to ricordi? Ah, gli opposti estremismi dicevi allora, de sto pajo de palle, a bello!!!! Sei te che ce vai a fa e riunioni nelle scuole per raccontà che a resistenza l'hanno fatta pure loro. Che bisogna saper dimenticare. E te accorgi che sò fascisti solo mò? Dice"il paese deve uscire dalla palude".Veramente è MERDA, a coso!!!!Ed è merda da 60 anni se nun te ne sei accorto. Solo che adesso te tocca magnà un pò pure a te.Eppoi uscì dalla palude come? Con chi? e per chi?Ce volete riportà alle gabbie salariali come se la fatica fosse diversa tra sud e nord. Ce fate vedè no stronzo che sedeva in federmeccanica che pe datte 100€ t'ha fatto morì e voi pure che me lo faccio amico? Ma sarà amico tuo deficiente che nun ce stai a capì un cazzo. Dice" Eh, sei comunista ed ancorato alle categorie del secolo scorso" Senti ma veditenedeannaafanculo te e chi te porti appresso pe votà.
Fin che la barca vaaaaa, lasciala andareeee. Fin che la barca vaaaaaaaaaaa, Tu non remareeeeeeeeeeeeeeeeeee Fin che la barca vaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa, stai a guardareeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeee. -Orietta Berti-
p.s. su licenza di un romanesco inventato per l'occasione di questo sfogo
Compressi tra lo psiconano, il lumacone de'roma, ed il socialdemocratico al caviale iniziamo a fornire al popolo bue gli strumenti alternativi per passare in modo sano e costruttivo la domenica prossima ventura. Mentre ve la godete facendo qualcosa di utile che vi faccia girare un pò di ossigeno in quella cazzo di capatosta provate a farvi una canna. Per gli incubi reali avete tempo il resto dell'anno.
Ci sono notizie che meritano una ribalta. come accade per il Tibet ed altre che passano quasi inosservate. In particolare quando queste notizie indicano un aumento della conflittualità sociale in cui si esplica la contraddizione tra capitale e lavoro.
"il basso potere d'acquisto dei salari e il carovita hanno spinto anche gli egiziani a proclamare uno sciopero generale, riuscito solo a metà a causa della repressione poliziesca. Secondo un'agenzia di stampa, durante gli scontri a Mahalla al Kubra, nel nord del Paese, due persone sarebbero state uccise da proiettili di gomma sparati sulla folla. 30 i feriti e oltre 500 gli arresti.
"La gente è stanca dell'aumento dei prezzi, li sta uccidendo - dice un'uomo - l'80% della popolazione è esausta, mentre il resto non si rende conto di quello che sta succedendo".
L'aumento dei prezzi al consumo e' stato, in meno di un anno, del 12%. I generi alimentari sono diventati quasi inaccessibili ai più' poveri.
I lavoratori chiedono che i loro salari mensili arrivino, dalle attuali 300 lire (circa 34 euro) a quota 1000."
Il quadro economico e sociale che,qualche tempo fa (2005), veniva descritto era il seguente:
Fonte:www.itinereitalia.com
Il quadro economico
"Il governo di Ahmed Nazif è posto dinnanzi ad una serie di sfide economiche e sociali. Prima fra tutte la contrazione del debito pubblico, che ha raggiunto due anni fa un livello insostenibile. La P.A. ha fatto registrare negli anni passati un trend di forte crescita del passivo (debito netto della P.A. a metà 2004 pari al 70% del PIL), dando così origine ad un buco finanziario. Inoltre la crescita del PIL (+ 4,2% nel 2003/2004; +4,5% 2004/2005; +5,5% previsione 2005/2006) è stata accompagnata da una forte inflazione che nel 2003/2004 ha toccato l'11,4 su base annua. Ciò è dovuto alla contemporanea svalutazione della sterlina egiziana rispetto al dollaro. La naturale conseguenza è una politica economica restrittiva che ha già dato i suoi frutti sia dal punto di vista del cambio (la valuta ha recuperato in pochi mesi 7 punti percentuali sul dollaro e 10 sull'euro) che della sostenibilità della P.A.Le misure chiave della politica economica sono state l'abbassamento dei dazi doganali, la riforma delle tasse e la ripresa delle privatizzazioni. Così facendo sono stimolati i consumi privati e gli investimenti, con la contemporanea riduzione degli sprechi grazie allo smantellamento o alla vendita delle imprese statali. Nel contempo il sicuro incremento delle importazioni significherà un deficit nella bilancia dei pagamenti e un abbassamento delle potenzialità produttive interne. In un' ottica di lungo periodo tuttavia ciò significa spingere l'imprenditoria locale a recuperare il gap tecnologico di prodotto e di processo. Ciò è favorito dalla contemporanea crescita degli IDE, che fluiscono in Egitto grazie ad un clima economico e politico più stabile. Ciò si riflette nei rating che hanno incrementato la posizione egiziana o ne hanno migliorato la valutazione di prospettiva (S&P – BB+, “stabile”; Sace 4/7, NESSUNA RESTRIZIONE SPECIFICA). Qualora l'operatività delle riforme previste dovesse superare i tempi previsti di applicazione o risultare più efficace del previsto, la crescita prevista poco sopra per il 2006 potrebbe essere ritoccata verso l'alto."
Probabilmente qualcosa non sta funzionando nella politica "liberista" del governo.Pur in presenza di una forte crescita del Pil siamo di fronte ad una situazione sociale che continua a peggiorare. Qualche tempo fa un rapporto dell'ONU incoraggiava gli stati a perseguire politiche di aumento della crescita economica pur se in presenza di un aumento del divario (in termini di redditto) tra le fasce sociali. La novità è che queste manifestazioni non sono isolate da un contesto internazionale in cui si evidenziano, in molti paesi, tensioni sociali e rivolte dovute agli aumenti dei generi di prima necessità ed alla impossibilità di fare fronte ai bisogni primari. Qualche giorno fa un problema analogo, legato ai salari ed al loro potere di acquisto, si evidenziò in una fabbrica della Nike in Vietnam, così come le ore di sciopero nelle grandi fabbriche della Cina si sono moltiplicate, e proteste aventi le stesse motivazioni hanno coinvolto lavoratori ad Haiti ed in Senegal.
I fattori speculativi della finanza internazionale, oltre alla destinazione per la produzione di biocarburanti di materie prime destinate in precedenza ad un uso alimentare, pone delle questioni al modo in cui si sviluppa l'economia di mercato difficilmente eludibili. Eppure tanto non basta. Si preferisce continuare ad avere una fede "mistica" nella capacità del mercato di mettere a posto le cose indipendentemente da qualsiasi tipo di regolazione di quelle che sono le regole del gioco.
Il punto è che noi viviamo ora, il nostro orizzonte è fatto di qualche decina d'anni ed è con questo che dobbiamo misurarci, per questo motivo vorremmo ambire ad avere una qualche possibilità di vivere in modo accettabile in tempi ragionevolmente rapidi. Se quello che ci aspetta sarà un mondo in cui misuriamo la "qualità" della nostra esistenza "solo" con il Pil, sarà utile che una parte di questa società si abitui all'idea di dover chiudere questo benessere tra quattro mura difese da filo spinato.