mercoledì 31 dicembre 2008

Buon anno, combattenti

Un buon anno a chi resiste, con la speranza che non ce ne sia più bisogno.

Free palestina

martedì 30 dicembre 2008

Matematica, statistica e fisica nel periodo dell'instabilità

In due articoli di Tutto Scienze vengono descritti i risultati del lavoro di alcuni ricercatori che forniscono alcuni "strumenti" per indagare la complessità del sistema economico.
Nel primo ci viene raccontato che uscirà, sulla rivista dell'Accademia delle scienze statunitense, una ricerca che ha realizzato un modello matematico/statistico in grado di spiegare i processi ed i fattori legati alla crescita del capitalismo.

La prima considerazione fatta è relativa al punto che i fondamentali della crescita, al di là delle apparenze, sono molto più semplici da spiegare di quanto a prima vista appaia.
In particolare " un impresa cresce o perché aumentano le vendite o perché acquisisce nuovi prodotti, comprando altre aziende, o perché li inventa con la ricerca"
Questi principi si applicano "perfettamente anche a sistemi molto più complessi, fino a giganti come l'intera economia degli USA"
In sé questi fatti contengono, "strutturalmente", le proprie "criticità"
- Pochi prodotti strategici, di grandi dimensioni, trascinano la crescita
- La concentrazione è nelle mani dei pochi che possono sostenere investimenti e costi per il loro sviluppo

Il modello evidenzia, tra gli altri, proprio quest'ultimo aspetto e spiega come "interi sistemi economici nazionali, dipendono per una quota importante della loro ricchezza da poche imprese". Nel modello statistico-matematico viene mostrato come " tali aggregati sono fortemente instabili, ed i sistemi di mercato implicano una probabilità di fallimento di questi colossi molto superiore a quella ipotizzata con modelli di analisi tradizionali"
La conseguenza è il trascinamento con sé di intere economie.
Dal punto di vista sociale le considerazioni fatte dai ricercatori sottolineano come la crescita (questa-n.d.a.) è prodotta in primo luogo dall'asimmetria data dalla concentrazione di ricchezza. Questo comporta una certa rigidità nel turnover dei redditi, per cui questi ultimi non dipendono tanto dal talento quanto "dal proprio posizionamento in una grande impresa, o in una grande città, e in una rete di conoscenze e relazioni".

L'altro articolo prende in esame la crisi finanziaria e la colloca come oggetto di analisi "fisica".
"Ogni sistema complesso è tale in virtù della simultanea presenza di elementi stabili e di elementi caotici"
"Là dove il numero e le interazioni non lineari tra gli elementi superano una soglia critica assistiamo all'emergere di nuove proprietà, a fenomeni di auto organizzazione, all'instaurarsi spontaneo di livelli gerarchici e alla comparsa di formidabili fenomeni di creatività"
"Gli economisti van Gelderen e Kondratieff hanno dimostrato l'esistenza dei cicli economici.....emersi dalla spontanea organizzazione del mercato globale in cui siamo immersi e ne costituiscono letteralmente la natura"
In questo il ruolo della speculazione finanziaria è quello di "reggersi su una scommessa che si conferma da sé. La bolla finanziaria accumula crediti su crediti e si arricchisce della propria auto affermazione.Si rinchiude in un rapporto autoreferenziale e progressivamente abolisce il principio di realtà"

Questi due interessanti articoli propongono alcune questioni che negli stessi non vengono affrontati. In particolare prendendo come spunto il formarsi di "nuove gerarchie" nel sistema ci viene spontaneo pensare che, in prospettiva, una posizione di forza in questo l'ha l'economia cinese.
In contrasto con la leadership americana che al momento ha un punto di debolezza enorme dato dal fatto che:
"Nessun sistema economico del mondo industriale ha mai finora accumulato un debito totale interno pari a oltre 3,50 dollari per ogni dollaro di prodotto interno lordo. È con questa realtà che si scontra, negli Stati Uniti, la Federal Reserve guidata da Ben Bernanke. Tutta la politica monetaria americana e globale è chiamata a farvi fronte."(sole 24 ore)
In questo "Il debito finanziario (tutto il settore del credito) è un terzo del totale cioè il 121% del Pil con una proporzione quasi doppia rispetto a 20 anni fa; quello delle imprese è al 77 per cento; quello delle famiglie al 98% del Pil e quello pubblico, come si è visto, viaggia veloce verso l'81% e oltre."(fonte sole 24 ore)

Ponendoci nella prospettiva di una "uscita creativa" da questa posizione di subordinazione e debolezza è pensabile ad uno scenario inflattivo che è quanto pronosticato da "Gregory Mankiw e Kenneth Rogoff di Harvard, ex capo dei consiglieri economici di George Bush il primo, ed ex capo economista del Fondo monetario il secondo, auspicano una moderate inflation che alleggerirebbe il debito. E la chiedono anche Casey Mulligan della University of Chicago e David Henderson della Hoover institution"
Con conseguente "distruzione" di ricchezza reale, ma con l'obiettivo di non fare la fine dell'Inghilterra come potenza globale al termine dei primi 45 anni del XX secolo.
L'altro aspetto è legato alla relazione tra "capitale morto" e "capitale vivo". Macchine ed uomini, produttività e vita delle persone. Nella constatazione che la produzione di plusvalore a scapito del "capitale vivo" produce instabilità si economica nel medio lungo periodo ma, in prima istanza, instabilità sociale e prospettiva di stravolgimenti sociali. Sempre che ci sia la possibilità di sintetizzare in qualcosa di positivo energie che si liberano alla ricerca di nuovi assetti più soddisfacenti per la società in generale.

L'ultima questione è legata alla constatazione di come, in ultima istanza, una eccessiva concentrazione nelle mani di pochi è preludio di instabilità per un intero sistema. Ci si chiede, quindi, perché accettare l'idea che su aspetti strategici per la vita delle persone, e delle relazioni economiche, si debba accettare il fatto che il credito, il settore dell'energia, l'uso delle infrastrutture, lo sviluppo e la ricerca debbano essere appannaggio di aggregati economici in cui le politiche vengono dettate dagli interessi dei privati.

Modello elaborato: "Pnas" da Fabio Pammolli e Massimo Riccaboni
Considerazioni sulla speculazione a cura di: Maurizio Dapor Università di Trento

domenica 28 dicembre 2008

Nei panni di un israeliano non ci so stare.


Faccio fatica a cercare di mettermi nei panni di un israeliano che, per difendere il proprio insediamento di tipo coloniale, guarda alla TV i suoi aerei e carri armati che ammazzano qualche centinaio di palestinesi.
Faccio fatica per un semplice motivo, non credo che mi sarei messo in quella condizione. E non penso che quel diritto, conquistato contando sulla protezione di tonnellate di acciaio ad alta tecnologia, valga il mio stare lì a quel prezzo.
In quei panni non ci voglio proprio stare e, a questo punto, non mi interessano quelle ragioni.
Non mi ci ritrovo a condannare chi mi spara qualche missile sulla casa in cui abito, fatto da un territorio in cui lo spazio è sufficiente per 100.000 persone al massimo e dove vi abitano in un milione e mezzo.
Non riesco a trovare, neanche con il lanternino, il bandolo di un filo di quella matassa che mi faccia intravedere schiere di uomini di buona volontà. Semplicemente perché li hanno massacrati quando si limitavano a buttare pietre né più e né meno come quando, usando i loro corpi, si sono fatti esplodere.
Certo converrebbe a tutti mettersi lì intorno ad un tavolo e dividere del succo di arancia, discutendo del come e del quando. però non è così e quello che ci toccherà in sorte sarà qualche centinaio di corpi dilaniati.
Ed io non avrò' pietà per niente e per nessuno. Perché penso che tutto dipenda da un semplice gesto, che quei signori con la stella di Davide si tolgano dai coglioni.

mercoledì 24 dicembre 2008

La lettera di Pierino, dal carcere, a suo figlio. Era l'inizio di un nuovo anno


Carcere di Cuneo, gennaio 1985 - estratto di una lettera di Pierino Morlacchi a suo figlio Manolo

Ciao mio bel "ragazzo" e un felice anno nuovo.Lo sai che mentre leggevo la tua lettera e quella di Ernesto, mi sono spuntate due lagrimucce?
Erano di gioia e di orgoglio.
Gioia, perché ho vista confermata la tua maturità, il tuo passaggio dall'adolescenza alla maggiore età, la quale non è semplice somma di anni ma, come fai tu, è presa di coscienza della realtà sociale e dei problemi che essa pone: questa è maturità!
orgoglio, perché come padre mi esalti, come comunista mi entusiasmi e come amico mi stimoli a darti delle risposte serie a problemi che sono di tutti noi, dei nostri tempi, posti dalle nostre lotte collettive, non singole.
Faccio subito una precisazione; né la mamma né io, abbiamo mai pensato di farti, anzi: di farvi diventare copie di noi stessi, cioè dei grilli parlanti obbligati a ripetere e percorrere parole e strade da noi già dette e percorse.

Al contrario vi stimoliamo ad essere figli del vostro tempo, con i travagli che questo comporta, ma anche con la certezza di dare un contributo importante alla vostra formazione che, ricordati sempre, mio bel ragazzo, non è una cosa data una volta per sempre, ma si va via via perfezionando accumulando esperienze, saperi e strumenti, i quali ti consentiranno di dare le risposte giuste alle problematiche cui vai incontro....

martedì 23 dicembre 2008

Sovversivi, si

C'è in un filmato che parla della cattura di alcuni militanti di sendero luminoso, presi lo scorso anno nella selva amazzonica in Perù, un momento in cui all'intervistatore il guerrigliero dice "io sono un sovversivo, non un terrorista e combatto nell'interesse del popolo".

Questo confine, che separa il concetto di sovversione da quello di terrorismo, è ciò che ci distingue nella visione  che abbiamo nell'uso degli strumenti di lotta, di chi viene coinvolto e delle circostanze nelle quali quelle azioni e quelle modalità possono essere utilizzate.
Per quanto riguarda il dibattito sul significato semantico del termine terrorismo rimando a questo sito.

Il limite dell'interpretare uno strumento come quello della lotta armata come elemento sostitutivo di ciò che significa intrinsecamente "sovvertire" e di quanta pazienza ed intelligenza ci voglia  per mutare i rapporti di forza fu l'origine della fine di un percorso che, altrimenti, avrebbe avuto in sorte altre prospettive.





Ci limiteremo a dire che l'idea che abbiamo  noi della lotta politica e del suo fine è quello proprio del concetto di sovversione come strumento per raggiungere quel fine.

 






Mandare sossopra, violare ed abbattere uno stato di cose presenti con un'attività che è quella del "volgere da basso in alto".
Per fare questo è necessario poter contare su rapporti di forza che non siano sbilanciati. Per costruirli bisogna radicarsi nel territorio e fare, configgere.

L'Italia ha attraversato un periodo nel quale questo potenziale sovversivo si è espresso nelle lotte quotidiane e nel sacrificio di tanti militanti. Nella presenza di punti di incontro e di dibattito nei quartieri. Nella capacità di portare tra le persone le questioni e cercare con loro le risposte.
Ricordo qui il modo in cui, per seguire quel metodo, è morto Tonino Micciché alla Falchera di Torino. Durante un'occupazione di case mentre tentava di convincere un attivista della Cisnal (il sindacato dei fascisti) a cedere uno dei garage assegnatogli dall'istituto di case popolari per farne una sede del comitato degli occupanti di quelle case. Una discussione neanche iniziata perché l'altro gli sparò. 
"E' morto con il sorriso sulle labbra ed un buco in fra gli occhi" 

In questa idea di sovvertire lo "stato" costruendo una base sociale su cui poter contare, le cose che venivano fatte passavano dall'autoriduzione delle bollette della luce e del gas, all'occupazione di case sfitte, ai mercatini rossi in cui si vendevano beni di prima necessità a prezzi calmierati, agli espropri proletari, alla formazione di cooperative per la costruzione di case. Una sorta di società alternativa che cercava con altri mezzi il modo per soddisfare la necessità di vivere e di mantenere saldi i legami propri di una comunità solidale.


Sembra che qualcosa del genere si stia muovendo di nuovo. 
Non c'è altra strada che quella di aggregare le persone intorno a questioni "concrete", che partono dal loro modo di vivere, dal lavoro e da come contribuiscono a creare quella ricchezza che rimane nelle tasche di altri per individuare un modo diverso di stare insieme.
Perché è di questo che si tratta. Abbiamo bisogno di questo legame con la concretezza del vivere quotidiano delle persone per dare una opportunità a noi stessi ed alle nostre idee. Abbiamo bisogno di tornare ad essere sovversivi "dal basso", lasciando ad altri l'illusione istituzionale della mediazione.

C'è nella storia di questi giorni, nel poco che ci viene mostrato e nel molto che viene taciuto e nascosto la percezione che la storia prosegue imperterrita nel mostrare il continuo configgere tra interessi e bisogni contrapposti, tra capitale e lavoro. 
La maturità di un movimento la vedremo dal modo in cui saprà costruire legami, dal modo in cui saprà rinunciare a settarismi e saprà leggere ed interpretare i fenomeni che si muovono sotto la crosta dell'apparenza. Dal modo in cui saprà tornare ad essere un soggetto di classe, che ponga il lavoro e quanti appartengono a questo mondo al centro del cambiamento. Che capisca che qualsiasi questione (ambientale, di diritti civili e di uguaglianza) ha il suo centro gravitazionale in quella questione irrisolta: chi produce, come ed in nome di quale visione e tipo di società.

domenica 21 dicembre 2008

Torino d'inverno

Springsteen mi fa pensare, con la sua musica,che se dovessi associare la sensazione di libertà a qualcosa avrei bisogno di quelle atmosfere per provare a definirla e sentirla epidermicamente.
Mi fa scorrere davanti agli occhi immagini di strade senza orizzonte, metallo e macchine.
Tute blu e lavoratori che escono a frotte da una fabbrica.
Ciminiere e fumo.
Un panorama desolato che ti spinge a cercare nelle tasche i pochi spiccioli per pagarti un biglietto ed andare via. 
Ricordo quell'atmosfera strana di Torino, da ragazzo e d'inverno. L'attesa del pullman sotto casa. La nebbia che faceva fatica ad alzarsi.Il freddo che entrava nelle ossa.
Mio padre che sbrinava il vetro della sua macchina. Mia madre in vestaglia che ci salutava tutti e chiudeva la porta.
L'odore di sapone e di pulito di quelli che ti passavano accanto sul bus. Le voci quasi sussurrate e l'idea del tepore dei corpi che ognuno di noi aveva lasciato nel letto.
Mi scorrevano così le immagini di questa città più di trent'anni fa. Grigia e metallica. Rumorosa come il mantice di una pressa che si abbatte su una lamiera.
Una città con i ritmi della fabbrica, con i volti della fabbrica. Costruita con le mani callose di quelle persone. Gli occhi luminosi delle tante mamme che parlavano dei sogni da fare e realizzare per conto dei loro figli.
Gente forte, mille dialetti e la sensazione di essere a tempo in quel luogo.





sabato 20 dicembre 2008

Parliamo di Brigate Rosse


Propongo qui due documenti, nel primo l'intervista a Manolo Morlacchi figlio di Pierino ed Heidi Peusch ed autore del libro "La fuga in avanti".
Il percorso di una famiglia di compagni, all'interno della quale si dipanarono le illusioni, le contraddizioni e la tragedia della sinistra italiana negli ultimi 50 anni.
Un modo per tracciare il percorso ideologico, umano ed esistenziale di gente che coltivò fino in fondo l'illusione di assaltare il cielo.
Nel secondo due video efficaci e sintetici di ciò che muoveva lo stomaco, prima che la testa, di tantissimi compagni che non vedevano altra strada che la lotta armata per superare una fase della loro vita in cui l'unico orizzonte era, alla fine, non avere nulla e non contare niente.
La fonte di tutto questo è un sito che raccoglie e ricostruisce quello che è stato il percorso della lotta armata negli anni 70 in Italia (www.brigaterosse.org)
Questo in un momento in cui varie suggestioni ci attraversano la testa.Una situazione economica che si farà sempre più esplosiva, un tessuto sociale degradato, partiti politici che non esistono diventati solo aggregati di potere ed una massa di persone silenti ed incazzate proiettate su loro stesse e senza bussola.
Qualcosa da qualche altra parte si muove come in Grecia.E quel qualcosa si muove proprio lì dove partiti di sinistra hanno mantenuto un minimo di struttura, presenza sul territorio ed organizzazione.
Penso che forse stiamo perdendo un'occasione qui da noi.E penso che dovremmo finire di elaborare illusioni "istituzionali" se non nel senso di usare quelle istituzioni come oggetto e megafono delle nostre istanze.Stare fuori dai giochi e pensare a costruire ed organizzare una opposizione che elabori nel tempo il proprio modo per "venire fuori".
Senza cadere nel baratro di errori che hanno bruciato migliaia di vite, alla luce del sole con la forza distruttiva e propositiva, nello stesso tempo, della nostra diversità.






Pierino Morlacchi e Heidi Ruth Peusch nel 1977 durante un processo

Saga famigliare, foto di gruppo in un esterno, storia politica e generazionale. Quale di queste tre definizioni meglio può sintetizzare l’essenza ultima del tuo libro? E perché?

La mia intenzione è stata sin da subito quella di scrivere una storia, una vicenda partigiana. Ho utilizzato le esperienze umane, politiche, rivoluzionarie della mia famiglia perché le ho in parte vissute e le conosco bene e perché i Morlacchi avevano in sé tutte le sfaccettature proprie del movimento operaio e comunista del Novecento italiano. Per questa ragione le loro vicende rappresentano un bagaglio di esperienze troppo ricco per non essere recuperato e valorizzato.

La fuga in avanti non ha alcun intento storiografico. È un libro politico nella misura in cui rivendica interamente la storia dei suoi protagonisti. È un libro nel quale l’esperienza rivoluzionaria cerca di emergere da una storia famigliare lunga un secolo.

Manolo, chi erano i Morlacchi? Chi erano Pierino Morlacchi e Heidi Ruth Peusch?

Pierino Morlacchi è stato un militante rivoluzionario delle Brigate Rosse. Contribuì alla loro fondazione nel 1970 organizzando la prima brigata nel quartiere Giambellino di Milano. L’approdo alla lotta armata fu il culmine di un lungo processo storico e politico che iniziò con la militanza nelle fila del Pci, subito dopo la fine della seconda guerra mondiale, e che coinvolse l’intera e numerosissima famiglia (dieci fratelli). Nel 1960 Pierino e tanti altri compagni, quasi interamente operai, uscirono dal partito in polemica con le posizioni revisioniste espresse non solo da Togliatti, ma dallo stesso gruppo dirigente dell’Unione Sovietica. Fondarono il gruppo “Luglio ’60” che a Milano ebbe un notevole risalto anche per l’asprezza del confronto con il Pci. Con il 1968 e l’inizio delle lotte operaie e studentesche, la funzione di quel gruppo andò via via esaurendosi. Alcuni rientrarono nelle fila istituzionali, altri scelsero la lotta armata. Tra questi mio padre.

Heidi nacque e crebbe nella Ddr. Compiuti i diciotto anni scappò da quel grigiore e girò l’Europa. Giunse in Italia nel 1968. Dapprima si legò agli ambienti della Quarta Internazionale, poi conobbe mio padre e la realtà del Giambellino. Partirono insieme per Pergine Valsugana, dove fecero conoscenza con Renato Curcio, Mara Cagol e molti altri compagni. Rientrarono a Milano e anche lei aderì alle Brigate Rosse. La nascita di due bambini la allontanò dalla lotta attiva, ma venne comunque arrestata a più riprese fino al 1982.

Quand’è nata l’idea del progetto? E quali motivazioni ti hanno spinto a realizzarlo?

L’idea del progetto ha preso corpo dopo la morte dei miei genitori. Mio padre è scomparso nel 1999, mia madre nell’agosto del 2003. Ne parlai a più riprese con Francesco Cattaneo e altri compagni, molti dei quali ritenevano che l’idea non solo fosse bella ma che rispondesse ad una esigenza collettiva ancora in sospeso. Dell’esperienza brigatista hanno scritto tutti: giornalisti, storici, magistrati, avvocati, ex militanti di vario genere. Ciò che mi sembra abbia caratterizzato la bibliografia nel suo complesso è stato l’approccio di fondo. Scrivere di quell’esperienza è possibile solo accettando esplicitamente che fu un errore e che resta un fatto irripetibile. Da questo tipo di lettura e di approccio io mi sottraggo completamente. Non ho nulla da giustificare e non intendo fare bilanci. Tanto più che coloro che fino ad oggi ci hanno provato, anche in modo onesto, hanno raggiunto dei risultati discutibili.

L’unica vera mia intenzione è stata quella di utilizzare la storia della mia famiglia, per ricordare quei fatti, quel clima, quell’umanità con un linguaggio e un taglio che è caro a me e, credo, a tanti altri compagni.

In cosa consistono i “risultati discutibili” a cui accenni?

Un bilancio politico e storico dell’esperienza della lotta armata oggi lo ritengo ancora assai improbabile. L’argomento è ancora al centro di una furiosa battaglia politica che, peraltro, nasconde anche al lettore più accorto, anche allo storico e al giornalista più onesto, fatti che se non vengono affrontati sotto la luce del conflitto sociale, oggi vivo più che mai, portano ad una deviazione interpretativa grave. Perché, sono convinto, non è sulla storia delle Brigate Rosse che esistono dei segreti ancora da svelare. A testimonianza di quella storia e delle parti in lotta, ci sono le centinaia di processi svolti e le migliaia di anni di carcere inflitti. I veri segreti, le vere menzogne, sono quelle dello Stato. Segreti e menzogne che celano le ragioni di quel conflitto. Senza la chiarezza necessarie su questi aspetti, senza la chiarezza di cosa abbia significato e significhi nel concreto l’ordine democratico, la ricostruzione che si può ottenere è comunque monca. Oppure, peggio ancora, tale ricostruzione deve partire da un iniziale riconoscimento di resa che può assumere la forma del ricordo, dell’abiura, della dissociazione, della conclusione storica non di quell’esperienza, ma quasi della possibilità stessa del conflitto.

Nel tuo libro traspare, forte e resistente, quel filo rosso che nello scorso secolo ha legato i nonni ai padri, e i padri ai figli. Che fine ha fatto quel filo? È ancora teso?

Direi che quel filo è piuttosto allentato. Esiste oggi una profonda trasversalità tra i figli della flessibilità. La composizione di classe è tale per cui il cocopro, la forma moderna di capolarato, resta il destino dei figli degli operai e degli impiegati, via via sempre più proletarizzati. La ristrutturazione capitalista ha avuto cura di ridisegnare non solo la politica economica; i risultati forse migliori e più robusti li ha conseguiti proprio sul piano delle coscienze. Oggi i padri non hanno nessun filo rosso da consegnare ai figli. Ma è solo un problema di fasi e latitudini. Ogni giorno il dominio capitalista dimostra di essere incompatibile con il resto dell’umanità. Si tratta di avere pazienza e quel filo tornerà a tendersi.

Nella bella introduzione, Francesco Cattaneo parla del quartiere Giambellino, teatro delle storie che racconti, come di un unicum nella storia milanese recente. In che cosa consisteva questa unicità?

Al Giambellino avvenne nel 1960 una delle prime spaccature a sinistra nella storia del Pci. Ciò che rese importante quella spaccatura furono i suoi contenuti politici. Ad uscire o ad essere espulsi dal partito furono decine di operai. Ma quegli operai erano figli e protagonisti della Resistenza. Poi protagonisti delle lotte operaie negli anni Cinquanta. Consideravano il Pci un partito revisionista e traditore degli ideali della Rivoluzione d’ottobre. Lungi dal considerare conclusa la spinta propulsiva del 1917, essi intendevano riappropriarsi dei contenuti originali di quella rivoluzione e da lì ripartire. I compagni del “Luglio ’60” erano totalmente assorbiti nel tessuto sociale del Giambellino e trascinarono con sé l’intero quartiere. Questo legame, che era profondamente politico, perdurò anche agli albori della lotta armata. In Piazza Tirana si tenevano comizi delle Br con la polizia che non interveniva. Sui tetti delle case popolari non era raro vedere sventolare bandiere rosse con la stella a cinque punte. Credo che una situazione simile sia stata vissuta solo in questo quartiere.

E oggi che quartiere è il Giambellino? E che città è Milano?

La domanda meriterebbe un’ampia risposta che in questa sede non è pensabile. A Milano, come in tutte le grandi città, il potere tenta di chiudere tutti gli spazi di critica al sistema. I metodi utilizzati sono tali da indurre la sensazione dello sconforto e della rinuncia. È evidente la sproporzione esistente tra la repressione e le ragioni che la genererebbero. L’intenzione, come già avvenne ad esempio a Genova nel 2001, è quello di normalizzare la città. Il passaggio stesso verso una crescente istituzionalizzazione degli spazi storicamente più radicali di Milano, vedi i centri sociali, è la dimostrazione più evidente di questo pessimismo strisciante e del profondo conformismo che investe la sinistra antagonista.

Il Giambellino negli ultimi trent’anni è stato sventrato. È mutata la morfologia del territorio e la composizione sociale del quartiere. Si sono acuite le distanze di classe che un tempo erano cementate dalle lotte del rione. Da un lato i vecchi abitanti che difendono il proprio miserabile spazio, dall’altro le giovani famiglie di immigrati nordafricani che hanno occupato in massa le case popolari comprese tra Piazza Tirana, Via Giambellino, Via Inganni e Via Segneri. Tra questi due mondi regna una totale incomunicabilità.

«…noi Morlacchi, e per Morlacchi intendo i proletari, intendo le classi subalterne, intendo gli sconfitti della storia, abbiamo fatto un passo da giganti in avanti. Ci avete sconfitti? Va bene! Siete più forti? D’accordo! Ma intanto abbiamo fatto un passo in avanti epocale». In cosa è consistito questo passo, Manolo?

Il passo compiuto è la lotta del movimento operaio e comunista del secolo scorso. Nel Novecento questo movimento ha dato l’assalto al cielo. Ha conseguito grandi vittorie e ancora più cocenti sconfitte. Oggi sembra ridotto al silenzio. In Italia sembra del tutto seppellito. Eppure, quelle vittorie e quelle sconfitte rappresentano un bagaglio essenziale e decisivo per quando il conflitto riprenderà in forma più manifesta. In questo sta l’importanza di quelle lotte. E non si tratta unicamente di questioni politiche. Il lascito del Novecento è anche un potentissimo lascito culturale, umano, progressista che attende solo di essere riafferrato.

Ma la tua domanda mi permette anche di fare una precisazione sul titolo che, capisco, potrebbe creare dei fraintendimenti. La scelta del titolo La fuga in avanti nasce in primo luogo da un volantino del gruppo “Luglio ’60” laddove si scriveva: «…e non ci vengano a parlare di fuga in avanti, gli specialisti delle fughe all’indietro». Ma soprattutto questa fuga mi ha più volte suggerito l’immagine della fuga guerrigliera dove quel “avanti” rappresentava il senso del progresso.

Giuliano Boraso

Studenti in lotta

Ricevo e pubblico molto ma molto volentieri, datevi una mossa ragazzi.



www.studentinlotta.org
nazionale@studentinlotta.org


DALLA GRECIA ALL’ITALIA UN SOLO GRIDO:
“NOI LA CRISI NON LA PAGHIAMO”





7 dicembre 2008. Questo è un giorno che rimarrà nella memoria degli studenti greci; nel quartiere di Exarchia ad Atene un poliziotto spara e colpisce al petto un giovane studente, Alexis Grigoriopulos, di anni 16.

La Grecia, Paese conosciuta dai più per la filosofia e per la democrazia (cioè demos e kratos, governo del popolo) è uno dei Paesi che sta subendo di più la crisi mondiale che ha già causato una diminuzione della quantità domandata da parte dei consumatori; ciò ha causato una diminuzione dei prezzi, soprattutto nel settore alimentare che ha causato la protesta degli agricoltori che hanno bloccato con i trattori l’autostrada Atene-Salonicco. Inoltre, il governo del leader di “Nuova Democrazia” Kostas Karamanlis ha attuato una serie di tagli che hanno interessato principalmente i settori dell’università, della ricerca e della sanità.

Proprio per questo sono iniziate le mobilitazioni degli studenti che hanno occupato gli istituti e le università. L’uccisione del giovane studente ha innescato la rabbia degli studenti che hanno cominciato a bruciare auto, banche e hanno ingaggiato scontri contro la polizia in diverse città della Grecia tra cui Atene, Salonicco, Patrasso, Heraklion e Kavala. Alle proteste si sono uniti anche i lavoratori precari. Inoltre, gli studenti hanno occupato il comune di Ioannina ed è stato indetto uno sciopero per la giornata del 10 dicembre di 24 ore che ha paralizzato le più importanti città greche ed ha visto protagonista la polizia che ha caricato i manifestanti ed ha eseguito decine e decine di arresti.

Gli studenti hanno trovato la loro roccaforte nel Politecnico di Atene che è ancora sotto occupazione, rivendicano giustizia per Alexis e inoltre chiedono le dimissioni del governo Karamanlis che ha minacciato linea dura nei confronti dei violenti.

Il collettivo torinese di Studenti in Lotta esprime solidarietà nei confronti degli studenti greci ed ha partecipato al presidio tenutosi il giorno 10 dicembre sotto il consolato greco a Torino: sappiamo che le lotte spontanee non bastano ma ci vuole un coordinamento nazionale delle lotte studentesche presente in tutte le città come fu in Francia per la questione legata al CPE e che portò al ritiro della legge.

La lotta deve continuare e consideriamo totalmente “costruita” la perizia balistica fatta sul proiettile che ha ucciso Alexis, in base alla quale il proiettile avrebbe colpito una pietra e sarebbe stato deviato da essa nel corpo del giovane studente... Questa perizia sembra molto simile a quella fatta dopo il G8 di Genova dove Carlo Giuliani fu ucciso da un proiettile sparato da un poliziotto. Noi la crisi non la paghiamo, è ora che la paghino chi ha creato questa crisi, i padroni e i banchieri!

Giuliano - SIL Torino


Nella tua scuola non esiste ancora un collettivo di Studenti in lotta?
Costruiscilo tu!

Scrivi a nazionale@studentinlotta.org
e ti invieremo tutto il materiale necessario,
mettendoti in contatto coi collettivi più vicini

venerdì 19 dicembre 2008

La lista Tamarro lancia la sfida per le prossime elezioni.


Dopo aver espresso il mio pensiero antropologico e sociologico su quei quattro assenteisti di merda e quei quattro ricchi parassitari che costituiscono il cancro della nostra società, in qualità di rappresentante della lista "Tamarro" che presenteremo alle prossime elezioni intendo qui proporre una lettura della devastante microcefala inettitudine dei rappresentanti di quella specie di partito che risponde al nome di PARTITODEMORATICO (a minchia, dico io).
In primo luogo, cari concittadini, tanto per non stare qui a fare triccheballacche e scadere nel qualunquismo più becero e bieco del favanculociavetecagatoocazzo vi invito tutti insieme ad avere pazienza ed a riconsiderare la vostra sacrosanta e giusta INDIGNAZIONE che molto probabilmente si trasformerà in un liberatorio ma poco saggio per il futuro NONCIVOGLIOPIU'AVERENIENTEACHEFARECOSTEFACCEDIMERDA.

Vediamo con ordine di capire che nessuna fiducia potete avere in gente che di fronte ad una sconfitta modello dolceeuchesina la prima cosa che pensa è "avessimo fatto l'alleanza con l'UDC".
Ma santissimamadremaria goretti, dico io, in una regione in cui l'UDC piglia il 5% dei voti solo perchè i 30,000 che gli hanno dato fiducia (che sono esattamente la metà dei voti che presero alle regionali precedenti) PESANO STATISTICAMENTE PER IL 5% MA, CAZZO DI UN CAZZO, SONO LA META' DI 4 ANNI FA questi geni raffinati la prima cosa che pensano è andare con gente che si è presa una tranvata uguale e paripari alla loro.
Ma, abbiate fiducia la lista del Tamarro opera e lavora per voi e con voi. Non appena avremo le idee più chiare interverremo con proposte operative e sagge per dipanare la matassa.
Intanto vi lascio con una domanda: dove pensate sarebbe giusto far soggiornare il dott.Veltroni, il quasi dott.D'Alema e tutti i loro cari amici (oltre che al raffinato e mai metalmeccanico Bertinotti), conoscenti e cordate varie per darci il tempo, nei prossimi 50 anni, di rifondare la sinistra?

giovedì 18 dicembre 2008

Trappola della liquidità e deflazione

Il video che segue tratta di un argomento che è quello della così detta "trappola della liquidità" e della relazione che questa può avere con il processo deflattivo da debiti.
In modo chiaro e conciso si può avere un'idea di quelli che sono gli scenari probabili da qui a qualche mese.
Rispetto al dato del costo del denaro negli USA, raccontato nel video, la novità è che lì siamo già in una situazione in cui ormai quelle che sono le cartucce disponibili, per una politica monetaria che faciliti l'accesso al credito, sono già state sparate.
L'ottica ed il focus di questo video è tutta legata a meccanismi di tipo circolare per i quali, nonostante l'oggettività dei fenomeni in atto, il discriminante "critico" rimane quello della "fiducia" da parte dei consumatori a cui è legato il consumo di beni e servizi.Elemento a cui, a cascata, sono legati i meccanismi relativi agli investimenti etc.
La categoria dei consumatori, segmentata, è quel mondo a cui appartengono a vario titolo in primo luogo coloro i quali subiscono in modo duro i colpi della crisi economica.Si ritorna, così, ad un elemento che è quello della condizione "materiale" e di capacità di reddito di chi in primo luogo produce.
Per inciso proprio quel fattore di produzione a cui si chiede flessibilità, produttività, e costo del lavoro basso.
Una volta esaurite le possibilità date dal fornire al sistema del credito il denaro a costo zero, l'unica politica possibile per i governi, per evitare che si materializzi lo spettro della deflazione, (tesi del video) è quella della leva fiscale e della spesa pubblica.
Se qualcuno ha seguito l'ultimo intervento di Tremonti capirà bene come, per quanto ci riguarda, questi due elementi non sono spendibili per il governo attuale concentrato come è a seguire i dettami di una politica di bilancio rigorosa.
Altra nota (a margine di ciò che viene spiegato) è quella relativa al comportamento del sistema bancario, il quale (nel video si parla egli USA, ma da noi è lo stesso) pur avendo la possibilità di accedere a linee di credito facilitate dal basso costo, in realtà si limita ad usare questa risorsa in funzione della soluzione di problematiche proprie (aumento delle riserve ed acquisto di buoni del tesoro).
Le questioni che vengono evidenziate rimandano a qualche suggestione di tipo "socialista".In primo luogo :
1-perché non agire direttamente sul sistema bancario, e sulla sua struttura, evitando che diventi un elemento di freno all'accesso al credito, es.nazionalizzandolo.
2-una politica di redistribuzione del reddito (oltre alla leva fiscale) in grado di fornire alle famiglie quegli ammortizzatori (disponibilità e capacità di accumulo di risparmio) in grado di far superare i periodi recessivi più duri.
3-una politica di spesa pubblica indirizzata prevalentemente su tre elementi:
a- investire sullo sviluppo di nuove tecnologie in tema di risparmio energetico e loro implementazione sul territorio, oltre che sviluppo di un polo di eccellenza in grado di creare konw how ad alto valore aggiunto vendibile su altri mercati
b-un piano di manutenzione e cura del territorio gestito direttamente dagli enti locali con il coinvolgimento di soggetti imprenditoriali in cui impiegare, sia in termini di risorse che di soggetti economici direttamente coinvolti, quanti subiscono l'effetto della recessione.
c- incentivi all'aggregazione delle piccole aziende con la creazione di poli di produzione e/o servizi a partecipazione mista (pubblica e privata) in cui i lavoratori siano gli azionisti di maggioranza.

Dopo di che vediamo come arrivare al comunismo.



mercoledì 17 dicembre 2008

Tra qualunquismo tamarro e coscienza di classe


E diciamocelo, è un gran casino.
E' un gran casino stare lì a fare gli schifiltosi quando pensi ai tornelli di Brunetta (quello che l'assenteista lo faceva al parlamento europeo a quindicimilaeuroalmese)e poi leggi che alla provincia di Torino c'è il 70% in menodi assenze per malattia.
Io ricordo quando, in fabbrica, facevano il culo (moralisti) agli operai perché l'assenteismo del 10% era un dato troppo alto se paragonato e triccaeballacche!
Si è un gran casino.
Sta roba della solidarietà tra lavoratori, tra quanti hanno uno con il cronometro in mano alle spalle che misura i "tempi" ed i "metodi" ed uno che si beve il cappuccino al bar, insieme a quell'altro che fa il geometra e gli allunga la mancetta per fargli passare il "condono", è una roba che con la lotta di classe non ci azzecca un benemerito cazzo.
E allora diciamocelo che è un gran casino ricostruire solidarietà tra la gente ripartendo da rendite di posizione parassitarie.
Fossi commissario del popolo ad uno che dovrebbe servire il popolo e che il popolo non lo serve per la raucedine gli farei il culo.
Si diciamocelo, sono un pezzo di merda se arrivo a pensarla così.
Però, al di là dei triccheeballacche, parto da questioni di ordine pratico per provare a rimettere un po' di ordine in questo casino ideologico, in questa visione romantica che ho dei rapporti tra le persone.Forse perché me le vivo sulla pelle e mi riscopro debole.
Andiamo al sodo senza scadere nel qualunquismo compagni.
E allora ho voglia di dire a quel parassita di Montezemolo di pagarla lui una parte della cassa integrazione per due anni rinunciando ai suoi soldi settemilionidieuroannui, mica cazzi. Dividerei settemilionidieuroannui per diecimilaeuroannui e verrebbe fuori che 700 persone potrebbero rimpinguare i settecentoeuroalmese che gli passa la cassaintegrazione.
Se poi sta roba la moltiplichiamo per 1.000 ricchi d'Italia settecentomilapersone (mica cazzi) se la passerebbero un pò meglio.
E allora diciamocelo, stretti tra questa incudine fatta da gente con la raucedine e la salute cagionevole (sta minchia) e straricchi annoiati dal troppo denaro che discettano di produttività senza produrre nulla se non chiacchiere a noi, popolo di merda con il cronomertro sul collo ed una vita passata tra tram delle sei e tram delle 16,00, che cazzo rimane se non un po' di sano qualunquismo di classe?fatto senza demagogia, pero'.

martedì 16 dicembre 2008

Ci fosse l'UDC!!

Il giorno dello choc "Con Casini era fatta"-titolo della Stampa

Questo è quello che pensano i notabili del PD.
Non si sono accorti che metà delle persone non sono andate a votare, che valgono il 10% dei potenziali elettori abruzzesi, che l'UDC è il partito di tale Cuffaro e che non hanno consenso nel paese (unica opposizione di "massa" istituzionale) perché la loro melassa è una roba senza identità ed anima.
Ed allora il loro problema sono le alleanze con i moderati.
Encefalogramma piatto. Un settantenne che si arrampica sulle scale, corre tra la gente nel corso di Pescara gli fa il culo e li sberleffa allegramente e per loro la questione è l'UDC.
Questi scienziati della politica pensavano forse di recuperare i voti andati a Di Pietro?
Per inciso non mi frega una cippa delle loro strategie.Salvo che mi fanno incazzare quando mettono il cappello a quello che, con altri mezzi, si conquista in questa merda.Tipo il dietro front della Gelmini.
Faccio una previsone.
Brunetta prosegue con l'idea dei 65 anni per andare in pensione per le donne.
Qualche milione di donne incazzate si riversa per strada.
Il PD, responsabilmente, non chiude la porta all'ipotesi.
Quella vecchia volpe del Berlusca dice che per il momento non se ne parla di aumentare l'età pensionabile, e si fa fotografare con quattro "lavoratrici".
Il PD alle europee "responsabilmente" viene incenerito da quei quattro sfigati che ancora votano.
Accetto scommesse.

lunedì 15 dicembre 2008

Rabbia che cova


Ieri ho sentito mio padre che vive in Abruzzo.Gli ho chiesto se era andato a votare.Mi ha risposto che non se la sentiva di perdere del tempo.Lui ha 80 anni e conosce molto bene i suoi corregionali.
Dalle prime indicazioni sull'affluenza sembra che tanti abbiano ragionato come lui.
Però la politica si occupa e si preoccupa di quelli che votano.Ed allora quando senti parlare di sondaggi che vogliono indicare cosa pensa il paese mi viene da dire che "il paese" non esiste.
Esiste una società polarizzata tra quelli che ancora spendono il loro tempo sul cercare le differenze negli schieramenti e quelli che stanno ai margini e non partecipano.
Questi ultimi sono tanti.Parcellizzati, individui senza bussole e punti di riferimento.L'estremizzazione dei mal di pancia di quelli che ci credono ancora.
E quindi cosa può sentire un "paese" che non esiste se non frustrazione e rabbia irrazionale?
Come lo si può interpretare?

Apri il giornale e leggi che Del Turco è deluso e si sposterà nel PDL, che Brunetta si interroga sulle profonde ed ingiuste discriminazioni subite dalle donne e propone-per porvi rimedio-intanto di farle lavorare di più,che la Fiat è solida-dice Chiamparino- anche se 40.000 persone sono da oggi in cassa integrazione e guadagneranno di meno proprio mentre un "deficiente" spiega loro di non cambiare il loro stile di vita e di continuare a consumare,che un anziano per avere un pezzo di plastica deve andare accompagnato dai figli in un ufficio postale dove gli spiegheranno di compilare papiri di carta per poter avere uno sconticino dal salumaio che intanto ha aumentato i prezzi mentre qualcuno in un ministero di Roma non contento del culo che quel poveraccio si deve fare lo minaccia anche che se si becca i 40 euro senza averne diritto e scrive cazzate sui papiri di carta lui lo saprà comunque perché (sempre lui) la  posizione fiscale di quell'ultra settantenne la conoscono bene e questo glielo scrive in fondo ai papiri che il poveraccio in fila da tre ore  non ha avuto il tempo di leggere per intero mentre quello dell'ufficio postale gli ha chiuso a lui ed ai suoi figli lo sportello sul muso.

Questi quando fanno disastri, dicono cazzate per consolarti e prenderti per il culo e creano strumenti improbabili che ti torturano nella tua miseria quotidiana, non vengono presi a calci nei coglioni e messi alla "gogna" in una piazza di paese. No, vengono ascoltati a futura memoria e si lamentano anche stizziti se qualcuno prova a metterli in gabbia buttando la chiave.
Intanto la pancia brontola e quelli non la sanno ascoltare perché sono distanti. Temo che qualcuno si sia messo in ascolto, approfittando delle nostre seghe mentali.Il problema è che è un qualcuno che non mi piace per nulla.


Questioni ed argomenti

Marx e la matematica

Autore di pregevoli saggi (Sul concetto di funzione derivata e Sul differenziale) e studioso di matematica pura. È una dimensione poco conosciuta al grande pubblico quella del grande pensatore tedesco che emerge dalla lettura dei Manoscritti matematici, appena usciti in edizione italiana (pp. 196, euro 25,00) per Spirali a cura di Augusto Ponzio. È inutile ricordare che il pensatore di Treviri è molto più noto come il grande economista che ha scritto Il Capitale, come il filosofo che ha fondato il «materialismo storico», come il pensatore che ha inaugurato il «socialismo scientifico» e come l´attivista politico che, insieme a Friedrich Engels, ha scritto il Manifesto del partito comunista .

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Che differze tra destra e sinistra?

1. i movimenti e le teorie radicali degli anni '60 '70 hanno elaborato una visione critica complessiva della società capitalistica e dei suoi sviluppi, nella quale il progresso è considerato come dominio totalitario della ragione calcolante, il lavoro come dominio della produzione sulla vita dei soggetti e la mercificazione come riduzione del valore d'uso al valore di scambio.
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(fonte:http://urbiloquio.com)

L’autore segnala questo suo antico scritto su alcune intuizioni di Karl Marx, ancora utili oggi. Da Capitalismo Natura Socialismo, n. 109-116 (settembre-dicembre 1994)
E' passato oltre un secolo e mezzo dalla redazione degli appunti, scritti in tedesco a Parigi dal ventiseienne Carlo Marx, su tre "quaderni", pubblicati a Berlino nel 1932 col titolo: "Manoscritti economico-filosofici del1844". I "Manoscritti" furono conosciuti in Italia subito dopo la Liberazione ed attrassero grande attenzione, anzi ebbero presto una certa celebrità. Due traduzioni parziali in italiano erano apparse nel 1947, una a Bologna a cura di Galvano Della Volpe e l'altra a Pisa a cura di Delio Cantimori; una traduzione completa a cura di Norberto Bobbio fu pubblicata da Einaudi nel 1949, seguita da un'altra traduzione di Della Volpe pubblicata nel 1950 dalle Edizioni Rinascita, con varie ristampe a cura degli Editori Riuniti ("Opere filosofiche giovanili" di Marx). Nel 1968 Bobbio pubblicò un'altra traduzione, tenendo conto delle edizioni critiche apparse nel frattempo. Delle edizioni pubblicate da Einaudi e dagli Editori Riuniti sono fortunatamente ancora disponibili varie ristampe.
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Ecologismo e decrescita

...conciliare il pensiero socialista e la seconda legge della termodinamica e operare la sintesi tra Marx, Darwin e Carnot.
E' un vero peccato, forse una tragedia, che il rapporto tra Serghei Podolinsky (1850-1891), aristocratico e scienziato ucraino esiliato in Francia, e Karl Marx sia stato tanto breve. Quel geniale precursore dell'economia ecologica tentava, in effetti, di conciliare il pensiero socialista e la seconda legge della termodinamica e di operare la sintesi tra Marx, Darwin e Carnot. Sovraccarico di lavoro e poco aggiornato sulle questioni scientifiche, Marx ha avuto il torto, senza dubbio, di delegare al suo amico Engels la valutazione del dossier. Imbevuto della concezione positivista e meccanicista della scienza, quest'ultimo semplicemente non ha compreso la posta in gioco nella ricerca e ha concluso che era priva di interesse. Il timido proseguimento di questo tentativo dopo la rivoluzione d'ottobre con Vernadsky ha avuto un destino ancora più drammatico e l'ecologia russa è stata letteralmente liquidata da Stalin nei gulag siberiani.
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mercoledì 10 dicembre 2008

Nuovo business per uscire dalla crisi

I rapporti borghesi di produzione e di scambio, i rapporti borghesi di proprietà, la società borghese moderna che ha creato per incanto mezzi di produzione e di scambio così potenti, rassomiglia al mago che non riesce più a dominare le potenze degli inferi da lui evocate. Sono decenni ormai che la storia dell'industria e del commercio è soltanto storia della rivolta delle forze produttive moderne contro i rapporti moderni della produzione, cioè contro i rapporti di proprietà che costituiscono le condizioni di esistenza della borghesia e del suo dominio. Basti ricordare le crisi commerciali che col loro periodico ritorno mettono in forse sempre più minacciosamente l'esistenza di tutta la società borghese. Nelle crisi commerciali viene regolarmente distrutta non solo una parte dei prodotti ottenuti, ma addirittura gran parte delle forze produttive già create. Nelle crisi scoppia una epidemia sociale che in tutte le epoche precedenti sarebbe apparsa un assurdo: l'epidemia della sovraproduzione. La società si trova all'improvviso ricondotta a uno stato di momentanea barbarie; sembra che una carestia, una guerra generale di sterminio le abbiano tagliato tutti i mezzi di sussistenza; l'industria, il commercio sembrano distrutti. E perché? Perché la società possiede troppa civiltà, troppi mezzi di sussistenza, troppa industria, troppo commercio. Le forze produttive che sono a sua disposizione non servono più a promuovere la civiltà borghese e i rapporti borghesi di proprietà; anzi, sono divenute troppo potenti per quei rapporti e ne vengono ostacolate, e appena superano questo ostacolo mettono in disordine tutta la società borghese, mettono in pericolo l'esistenza della proprietà borghese. I rapporti borghesi sono divenuti troppo angusti per poter contenere la ricchezza da essi stessi prodotta. Con quale mezzo la borghesia supera le crisi? Da un lato, con la distruzione coatta di una massa di forze produttive; dall'altro, con la conquista di nuovi mercati e con lo sfruttamento più intenso dei vecchi. Dunque, con quali mezzi? Mediante la preparazione di crisi più generali e più violente e la diminuzione dei mezzi per prevenire le crisi stesse.
Karl Marx


Una cosa non possiamo non dire, che a lor signori non manchi la fantasia ed una sorta di genio mefistofelico.
Pensavo questo mentre leggevo un articolo sul sole 24ore.
Quello che mi ha incuriosito è l'incipit che descriveva come, anche in mezzo ai marosi dell'apocalisse finanziaria, ci sono aree della finanza creativa in cui si continua a fare soldi.
Si parte così:

"Quattordici mesi consecutivi di crescita inanellati fino a novembre. Oltre l'8% di rendimento su base annua e +9% dal debutto, avvenuto a settembre 2007. Una performance perlomeno invidiabile, quella del Corinthian growth fund, nell'anno orribile delle Borse mondiali, che invece hanno accusato perdite comprese tra il 40 e il 50 per cento. Corinthian è un fondo offshore domiciliato alle isole Cayman specializzato nel life settlement, mercato secondario delle polizze vita, in forte ascesa."

C'erano tutti gli elementi per saperne di più:
-fondo offshore
-mercato secondario
-crescita e soldi a palate

"Come funziona? In sostanza, anziani benestanti liquidano - negli Stati Uniti - la propria polizza, piuttosto che continuare a pagare un premio oneroso per un vantaggio dei propri familiari che non ha più ragion d'essere. Subentrano così i fondi che pagano il premio e riscuotono il capitale a scadenza. La polizza finisce in un fondo insieme ad altre centinaia e si trasforma in uno strumento finanziario."

Cazzo, ho letto bene.C'è qualche genio della finanza che se ne è andato in giro a convincere qualcuno (anziano e benestante) a farsi pagare il premio da un fondo.Che riscuoterà il capitale nel momento della dipartita.


«Molti dei principali attori di questo mercato secondario - sottolinea Gary McLelland, managing director di Corinthian Financial Services - tra cui alcune importanti banche di investimento (come Aig, GE Capital, Dresdner Bank, Zurich Financial, Barclays Capital, Standard Chartered Bank, Merrill Lynch, ndr) di recente hanno diminuito gli acquisti a causa della mancanza di liquidità che affligge i mercati. La minore domanda di polizze vita ne ha così abbassato il prezzo, consentendoci acquisti a prezzi più convenienti e garantendo un ritorno più elevato».

Quindi, tenuto conto che chi ha di fatto aperto il mercato (banche di investimento) si ritrovano un po' nella merda su altri fronti, e che lì non possono più investire ,è arrivato qualcuno che approfittando della congiuntura favorevole ha sostituito i vecchi avvoltoi con una generazione di avvoltoi un po' più accorti e più selettivi.

"Il mercato di queste che vengono considerate asset class alternative a immobili e materie prime, partito da 50 milioni di dollari di volume d'affari alla fine degli anni 80, oggi vale circa 15 miliardi ma con un potenziale di 160 miliardi di dollari negli Usa e la prospettiva di un allargamento al Giappone», spiega Daniele Conti, partner e cfo di Life Settlement Advisors, società specializzata nata nel 2003."

Roba nuova. Però come funziona?

"Oltreoceano la polizza vita è già dal 1989 una proprietà trasferibile. Gli assicurati che non trovano più conveniente o utile continuare a pagare un premio annuale compreso tra il 3 e il 5% della prestazione pattuita (che la compagnia liquida in caso di decesso dell'intestatario) vendono il contratto a una società di life settlement. «I clienti che dismettono le polizze sono decisamente benestanti - continua Conti - e queste ultime toccano valori elevati, spesso superiori al milione di dollari; la liquidazione va normalmente da un 20% al 60% della prestazione assicurata, a seconda dell'attesa di vita». Quando quest'ultima è inferiore a due anni si parla di viatical settlement, che ha posto più di un problema etico nel periodo di massima virulenza dell'Aids, negli anni 80. Oggi il viatical non rappresenta più del 2% delle polizze puro rischio americane. Più l'assicurato è anziano più riceve, perché il provider, pur dovendo pagare dei premi, sa che incasserà a breve. Il cash flow che ne deriva è anche la ragione per cui «è assicurata la liquidabilità mensile dell'investimento». D'altra parte l'assicurato sa che il valore della polizza ceduta a un Lsp sarà sempre superiore al valore di riscatto offerto dall'assicuratore. Chi rileva l'assicurazione, come si diceva, acquisisce tutti i diritti dei beneficiari, compresa la riscossione del capitale a scadenza. Il Life settlement provider (Lsp, negli States se ne contano circa 300) a sua volta mette la polizza sul mercato, dove fund manager specializzati, sulla base di età, sesso e perizie medicali, ne definiscono il prezzo. Le polizze vengono così "impacchettate" in fondi le cui quote sono assegnate ad investitori istituzionali."

In sintesi, c'è un tizio che vi ha sfruttato per tutta la vostra miserevole vita da travet, vi ha fatto cagare sangue concedendovi l'aumentino solo quando lo diceva lui per ovvie questioni di compatibilità economiche,che con il vostro sangue ha fatto soldi a quintali, che per evidenti ragioni di prudenza decide di sottoscrivere una polizza vita "ricca" a garanzia dei suoi pargoli pagata con parte di ciò che marxianamente chiamiamo "vostro" plusvalore, che un giorno si incazza con i pargoli e pensa "mavafanculo, manco un euro ti lascio",che incontra un tizio che gli dice "ci ho un'idea",che si prende ("il vecchio")una somma superiore a ciò che avrebbe riscattato dall'assicurazione, che cede il diritto alla riscossione del capitale al "genio"della finanza.
In tutto questo casino voi continuate a produrre ed a farvi il culo mentre questi discettano delle cose belle che la vita può offrirti, con i soldi, di fronte ad un whisky di malto invecchiato in un otre di faggio americano che aveva 150 anni di vita.
Però non è ancora finita!

"Questo mercato non è ancora autorizzato in Italia, ma si sta sviluppando in Europa (in particolare in Germania, Francia e Olanda), dove attualmente è accessibile attraverso hedge fund, prodotti strutturati come le polizze unit linked e fondi di fondi per investitori qualificati. Da metà febbraio 2007 in Lussemburgo è consentita per legge la creazione di Specialised Investment Fund (Sif). Il primo fondo di fondi del genere è Alpha life settlement fund, riservato a investitori qualificati e in grado di offrire a fondazioni, casse pensioni, Sgr, private bank, family office e High net worth individual (Hnwi, chi ha risorse finanziarie superiori al milione di dollari) «tagli - precisa Conti - da un minimo di 100 mila fino a 5 milioni di dollari». Anche per Alpha le performance recenti sono di tutto riguardo: quasi +1% il guadagno in settembre, con un rendimento annuo pari a +6,51 per cento. I singoli fondi inseriti nel portafoglio di Alpha hanno registrato performance comprese tra lo 0,31% e l'1,43 per cento. Fin qui tutto bene, almeno se si guarda ai risultati. Ma i rischi? «Certamente - ammette Conti - non sono inesistenti. Il primo, ad esempio, è la longevità, che può determinare una diminuzione nel rendimento atteso. Tuttavia un fondo è tanto meno esposto a questo rischio quanto più elevato è il numero delle polizze inserite nel veicolo finanziario poiché minore sarà la dispersione attorno alle medie di rendimento».

Qualche rischietto ce lo hanno pure loro, se non schiattano per tempo, oltre ad un altro problema:

"Un altro problema è, naturalmente, la possibilità del fallimento delle compagnie assicurative. «Già di per sé è abbastanza remoto come fenomeno. In più - conclude Conti - ha visto nell'intervento pesante del Tesoro a sostegno del settore bancario e delle assicurazioni, dopo il terremoto Lehman Brothers, un ulteriore fattore che ragionevolmente fa assegnare a questo evento una probabilità di manifestazione davvero bassa»."

Avete letto bene, sì si può fallire. Ma avete visto bene quanti soldi pubblici hanno rapinato per rimettere a posto gente che ha fatto un po' di casino in giro per il mondo? Quindi di che preoccuparsi? Facciamo anche questo, tanto non fallirà e taglieranno la pensione a voi per garantire che logiche di questo tipo si perpetuinino in questo infinito tempo di "capitalismo" benedetto.
Una opportunità però l'avete.Fate gli imprenditori anche voi.Mettete su una agenzia di "Killer liquidatori" e fatevi una passeggiata alle Cayman.Di fronte ad un whisky di malto invecchiato in un'otre di faggio americano vecchio di 150 anni vedrete che un mondo nuovo si aprirà di fronte a voi.
E sorriderete mefistofelici.