mercoledì 28 febbraio 2007

La politica estera ed i guru di Harward (business school)


La tesi dei realisti più realisti del re (sull'afghanistan) è che l'Italia deve rispettare un'alleanza che ci impone dei doveri a vantaggio di un cappello di protezione militare nel caso di bisogno.
Ho provato a fare i conti con la cartina geografica per capire quali sono le minacce che incombono e che ci "costringono," nostro malgrado, a finanziare una missione così lontana.
Ho escluso tutti i paesi della comunità europea dal novero dei possibili e potenziali nemici.Motivi di ordine economico mi inducono a pensare che non conviene a nessuno romperci le palle.Ho spostato lo sguardo ad Est ed ho intravisto l'ombra minacciosa della Russia.Nel retro cranio una idea balzana mi induce a pensare che farebbero prima a chiudere i rubinetti (del gas) piuttosto che inviarci orde di cosacchi assetati di sangue.Se sono così terribili, e ci dobbiamo difendere da loro, perchè qualcuno sponsorizza la privatizzazione della distribuzione del gas a vantaggio di probabili acquirenti tipo Gazprom. Qualche quinta colonna del nemico?
L'India? La vedo dura.
La Corea del Nord? Troppo impegnati con la Corea del Sud.
La Cina? Forse tra 15 anni come ha previsto il pentagono e la Cia.
La fascia dei paesi dell'Africa del Nord? Magari per vendicarsi della rottura di palle di Mussolini ma, allo stato attuale, poco interessati a guerreggiare con un paese che è uno sbocco naturale alla soluzione di parecchie loro tensioni interne.
Forse l'Arabia Saudita. Ma lì non ci sono gli americani?
Tra tutti non ne ho trovato uno che abbia le caratteristiche dello stato rompicoglioni pronto a dichiararci guerra.Meno che mai l'Afghanistan.
E allora a cosa serve mantenere lì 2.000 militari? Costruire strade? Ne fanno pochine considerato che il 97% dei costi che sopportiamo è per il mantenimento della macchina bellica.Tirare su ospedali? Quelli forse si, ma non sono necessarie le autoblindo.
Difendere la democrazia? ?! Un concetto un pò labile in quella situazione.
Distruggere le coltivazioni di papavero? E' aumentata la produzione in modo esponenziale da quando ci siamo noi.
Difenderci dai terroristi? Ho più timore dei business man che arrivano dalle università del Cairo.E poi da quando li stiamo bombardando sono diventati più forti.
L'altra cosa che mi lascia perplesso è vedere quel "comunista" di Strada(di mestiere dottore)circolare da anni da quelle parti costruendo ospedali e dando assistenza.Lo fa senza scorta e a mani nude.
La domanda beffarda che arriva da destra e da centro/sinistra é: Che politica estera vorresti in alternativa?
Mi viene in mente che, forse, se non faccio girare troppa gente in armi e schierata con la Nato, mi viene meglio parlare. Che se vengo visto come un pacificatore e non un aizzatore di folle, forse la mia credibilità come mediatore cresce. Che in mezzo a blocchi così schierati, qualcuno che faccia lo sforzo di dissuadere e costruire consenso su politiche di convivenza rispettose forse ci vuole. Insomma la vedo un pò come una politica che rappresenti chi non ha voce e non é rappresentato.
Utopia? Questa è la classica scorciatoia/obiezione per non affrontare il problema e cercare di risolverlo in modo diverso.
Tra le letture che mi appassionano (meglio che mi hanno coinvolto) ci sono due libri di management.
Il 1° si intitola : Essere creativi- come far nascere nuove idee con le tecniche del pensiero laterale . L'autore si chiama Edward De Bono
Il 2° si intitola :Strategia. Un libro scritto a più mani e curato da E.Porter.
La tesi del primo tomo è che per affrontare le situazioni (in quel caso professionali) efficienza e competenza non bastano.C'é bisogno di un altro elemento la creatività.
Il secondo tomo, con l'analisi di alcuni "case study", ci racconta come la strategia sia diventata oggetto di pianificazione di qualsiasi azienda evoluta. I motivi? la complessità sia dell'ambiente esterno che di quello interno.
In una parte, di quest'ultimo, si cura il rapporto tra "la strategia globale" ed il raggio di attività dell'azienda.
Ecco se dovessi pensare ad un ministro degli esteri ed ad un governo lo vorrei con un buon mix di creatività ed innovazione (nuove strade) ed una visione strategica vera ed alternativa al semplice zerbinaggio.
Il punto é che questi non ce li vedo così ambiziosi ed evoluti. Troppo impegnati a sopravvivere.

martedì 27 febbraio 2007

Sinistra radicale



Ho seguito (e seguo) questo dibattito sul peso della sinistra radicale, sugli idioti non utili al paese etc.
Voglio guardare dall'alto questa rappresentazione perché, anche se li ho votati, questa gente non mi rappresenta.
Credo però che ci sia una strategia molto chiara al fondo. Il voto non ha stabilito un primato di una delle due coalizioni.
E' tempo di ritornare all'antico, signori.
Come pensate che si possa portare avanti una qualche istanza di sinistra in questa situazione?
Le forze che hanno saldi riferimenti nella borghesia di questo paese non ci stanno a perdere del tempo.
Non sono interessati ad una diversa politica estera, non interessano salari e pensioni. Roba lontana dai salotti di Roma e di Milano.
Devono garantire rendite di posizione a se stessi ed a chi li finanzia.
Qui si apre lo scenario su cosa vogliamo fare e cosa vogliamo rappresentare.
Per farlo bisogna stare dentro le lotte.Nel territorio in cui si sviluppano.Questa è una politica debole, non ha ideali, mancano strategie.Chi può rappresentare interessi deboli se ogni giorno il realismo politico (quello dei pragmatici e della Milano da bere)ti costringe nell'angolo e ti fa perdere i collegamenti con il tuo popolo?.
La sinistra radicale (tutta assieme) rappresenta più del 25% del bacino elettorale che ha votato Prodi. Quanti altri DS sono scontenti di quanto progetta quel partito?
C'è una consistente base per poter pensare di fare una politica che sia altro rispetto a quello che ci propinano questi signori.
Le riforme, le conquiste sono la sintesi di lotte molto concrete.Quelle non si fanno in parlamento. Il parlamento le può solo rappresentare.
D'Alema afferma che certa gente non è utile al paese.Lui rappresenta una èlite politica che non credo faccia la spesa al mercato sotto casa per risparmiare, i suoi convegni li fa raccogliendo imprenditori e poteri forti se ne fotte di operai, precari e massaie.Ha svenduto pezzi di aziende di questo paese a gente come Colannnino.A quel tipo di paese non saremo mai utili, non amiamo il suo trasformismo politico e la sua mancanza di valori e di idealità. Tutto purchè si governi è il loro motto. Come è una domanda a cui si sottraggono sempre.

giovedì 22 febbraio 2007

E' caduto il governo? Noi parliamo di memoria


Nel 1960 durante una manifestazione contro il governo Tambroni, vengono uccisi cinque compagni.Decine vengono feriti.La polizia in meno di 40 minuti esplode centinaia di colpi di arma da fuoco.
Voglio fare questo salto nella memoria, dopo le note vicende sul governo Prodi, per ricordare i momenti difficili in cui i compagni venivano uccisi solo perchè esprimevano il loro dissenso rispetto a governi di destra.
Forse allora era tutto molto più semplice. Chi sceglieva il lato della barricata lo faceva esprimendo una visione della vita, degli interessi delle classi subalterne e delle proprie aspettative forse ingenuo ma non impastoiato da una logica politica melensa.
Gente pronta a dare la vita.
Ho saputo che il molto onorevole senatore Turigliato é un portaborse a tempo indeterminato della regione Piemonte.Dopo essere stato eletto ha pensato bene di non dare le dimissioni da quell'incarico.
Se lo faceva oggi era disoccupato.Insomma una coerenza con un cuscino di piume sotto il culo.
Questo governo a me non è piaciuto per nulla. Non piangerò per lui.
Ho ascoltato Rita Gagliardi di Rifondazione ieri, biascicava della necessità di cercare un allargamento della maggioranza a quei centristi che hanno voglia di imbarcarsi nell'avventura.
Il primo governo D'Alema si caratterizzò per imbarcare tutti. Compresi fascisti come Misserville e golpisti come Cossiga.
Il realismo di lor signori li porterà a qualcosa di peggio?

p.s.
se avete voglia cliccate a sinistra nell'album dei viaggi. Si sta meglio ve lo assicuro.



ovidio franchi
19 anni, operaio

E' il più giovane (classe 1941, nativo della frazione di Gavassa). Figlio di un operaio delle Officine Meccaniche Reggiane, dopo la scuola di avviamento industriale entra come apprendista in una piccola officina della zona.
Nel frattempo frequenta il biennio serale per conseguire l'attestato di disegnatore meccanico, che gli era stato appena recapitato.
Quella sera, durante la manifestazione viene colpito da una raffica di mitra in piazza Cavour.

marino serri
41 anni, operaio

Marino Serri è un partigiano della 76a brigata. Ha 41 anni, è il più vecchio fra i cinque martiri: nato in una famiglia contadina e montanara poverissima di Casina, con sei fratelli, non frequenta nemmeno le scuole elementari e lavora sin da bambino pascolando le pecore e nelle campagne vicino a casa.
Militare a 20 anni, era stato in Jugoslavia. Abitava a Rondinara di Scandiano, con la moglie Clotilde e i figli

lauro farioli

22 anni, operaio

E' orfano di padre dall'infanzia, muratore a 16 anni, si sposa a 19 con Enrica, muore a 22, padre di un bimbo. Risiede a San Bartolomeo, borgata a maggioranza rossa. Lo chiamavano «Modugno» grazie alla vaga somiglianza con il cantante.
E' il primo a cadere sui gradini della chiesa di San Francesco, davanti alla porta sbarrata; indossava pantaloni corti e una camicetta rossa, le ciabatte ai piedi, non pensava certamente di dover fuggire.



afro tondelli

35 anni, operaio

Partigiano, ex appartenenti alla 76a Sap (classe 1924) è il quinto di otto fratelli, in una famiglia contadina di Gavasseto.
A 12 anni è fattorino alla Timo, a 16 viene assunto all'Arcispedale.
Il vecchio nome di battaglia era «Bobi», era segretario locale dell'Anpi. Sposato con Elvira, muore ai giardini.



salvatore novembre
22 anni disoccupato
Catania 8 luglio 1960
La città esprime lo sdegno popolare per gli eccidi di Licata e Reggio Emilia. I lavoratori scioperano reclamando le dimissioni del presidente del consiglio Tambroni. Tr ai più combattivi sono gli operai della "Scat" e gli edili.

Poliziotti e carabinieri, al comando del commissario Quattrocchi, caricano i manifestanti. Comincia un fitto lancio di candelotti lacrimogeni. Si risponde con lanci di pietre.

Nella zona di PIazza Stesicoro si tenta di erigere una barricata. Le jeeps si lanciano sulla folla a sirene spiegate e a forte velocità.

Ad un certo punto gli agenti danno inizio ad una furiosa sparatoria. Sparano con i mitragliatori, con i fucili, con le pistole.

Vengono colpiti sei giovani.



Uno di essi, Salvatore Novembre, disoccupato di 22 anni, viene poi finto a manganellate. Si accascia a terra sanguinante,poi "mentre egli perde i sensi, un poliziotto gli spara addosso ripetutamente, deliberatamente.

Uno due tre colpi fino a massacrarlo, a renderlo irriconoscibile. Poi il poliziotto si mischia agli altri, continua la sua azione".
Il corpo martoriato e sanguinante di Salvatore viene trascinato da alcuni agenti fino al centro della piazza affinché sia da ammonimento. Essi impediscono a chiunque, mitra alla mano, di portare soccorso al giovane il quale, a mano a mano che il sangue si riversa sul selciato, lentamente muore.

Le autorità imbastiranno successivamente una macabra montatura disponendo una perizia necroscopica al fine di "accertare, ove sia possibile, se il proiettile sia stato esploso dai manifestanti"

martedì 20 febbraio 2007

Memoria

HO DECISO DI DEDICARE UN PO' DI SPAZIO ALLA MEMORIA. LA NOSTRA.LO FARO' CON LE FACCE E LE STORIE DI TANTI DI NOI. PER RICORDARE QUEGLI ANNI ED IL CONTESTO IN CUI CI SIAMO MOSSI. IL CLIMA CHE SI RESPIRAVA E LE SCELTE INDIVIDUALI. UNA MASSA STERMINATA DI VITE. MOLTI DI NOI CONTINUANO A VIVERE BARCAMENANDOSI, INCAZZANDOSI SUL PRESENTE, GUARDANDO AL PASSATO E SCUOTENDO LA TESTA.
MOLTI PREFERISCONO NON RICORDARE.MOLTI HANNO FATTO IL SALTO DELLA BARRICATA. IO CONTINUO A TIRARE AVANTI, GUARDO CRESCERE MIO FIGLIO E SPERO PER LUI. SPERO CHE CRESCA CON POCHI MA FORTI IDEALI.SPERO CHE NON INGRIGISCA RIDUCENDO GLI UOMINI A NUMERI ED A FORMULE MATEMATICHE. SPERO CHE VOGLIA RACCOGLIERE UN TESTIMONE E CHE ABBIA LA VOGLIA E LA FORZA DI VIVERE "IN MOVIMENTO". SPERO CHE ABBIA UNA VITA CHE SIA PIENA E DEGNA DI ESSERE VISSUTA.

18 anni studente e militante di Lotta Continua

Tratto da :http://www.lestintorecheamleto.net/

Roma 22 novembre 1975



Il 22 novembre 1975 si svolge a Roma una grande manifestazione per chiedere il riconoscimento da parte dell'Italia della Repubblica Popolare dell'Angola, appena liberatasi dal colonialismo portoghese.

Mentre il corteo si snoda per va Labicana, una decina di manifestanti si stacca, all'altezza dell'Ambasciata dello Zaire, con l'intenzione di compiere un'azone dimostrativa contro un regime attivo nell'aggressione imperialista in Angola.

Appena affacciatosi in largo Mecenate, il gruppo ha chiaro sentore d una trappola.

Dopo aver lanciato alcune molotov per coprirsi la fuga, i giovani iniziano a correre.

Contro di loro poliziotti e carabinieri scatenano un vero e proprio tiro al bersaglio.



Piero Bruno, 18 anni, studente dell'ITIS Armellini e militante d Lotta Continua, crolla sull'asfalto, raggiunto alla schiena da un proiettile esploso dal carabiniere Pietro Colantuono.

Altri due giovani sono colpiti di striscio alla testa ma non si fermano.

Verso il ferito, che giace a terra agonizzante, e un suo compagno che prova a tirarlo via, un poliziotto in borghese, poi identificato nella guardia di PS Romano Tammaro, spara di nuovo a breve distanza.

Piero viene colpito alla gamba destra, mentre il soccorritore è raggiunto a un braccio.

Quindi l'agente si avvicina a Piero, lo strattona, lo insulta, gli punta la pistola alla tempia e preme il grilletto dell'arma ormai scarica. Per simulare un'inesistente situazione di pericolo, le forze di polizia trascinano il ferito verso l'ambasciata.

Piero morirà il pomeriggio successivo, piantonato in ospedale.







Il 2 settembre del 1977 Fabio, il suo migliore amico, decise di porre fine alla sua vita.Era uno dei due giovani che era rimasto ferito durante quella tragica giornata.

lunedì 19 febbraio 2007

Il linguaggio politicamente corretto



"Convegno blindato fino a risultare deserto oggi all'Aula Magna dell'Università Statale di Milano nonostante tra i relatori ci fossero due ministri, Giuliano Amato e Tommaso Padoa-Schioppa. In aula non più di 150 persone, compresi giornalisti e i numerosi addetti alla sicurezza.

Il convegno aveva come tema 'La riforma delle autorità indipendenti'. Ed è stata proprio la presenza dei due ministri a spingere gli addetti alla sicurezza a vietare agli studenti l'ingresso nell'Aula Magna. Per loro era stata prevista la videoconferenza nell'aula 201. Ma nell'aula 201 non è venuto nessuno.

Di questo si è dispiaciuto in particolare il ministro Amato che all'inizio del suo intervento ha sottolineato il proprio "disagio" come professore universitario. "Come professore, mi mette a disagio parlare all'Università senza la presenza di studenti. Mi mette a disagio il fatto che vengano considerati una categoria pericolosa". Amato ha aggiunto che avrebbe "cercato di capire il perchè" di questa scelta organizzativa."
DA LA REPUBBLICA

Mi chiedo se al dott. Padoa Schioppa sia mai venuto in mente di andare a spiegare la politica economica del governo in un'assemblea sindacale, di qualche fabbrica, qui dalle nostre parti.
Nel caso in cui pensino di farlo, lor signori, che tipo di pubblico gradirebbero? Uno politicamente cortese, depurato dalle scorie della sinistra radicale o potrebbero accettarne qualcuno, così tanto per vivacizzare un pò il dibattito.
Amato si dispiace perchè non c'era pubblico. Direi che di questi tempi è meglio parlarsi addosso. In fondo la gente, la piazza, il popolo, quelli che rompono i coglioni a questi non piacciono per nulla. Preferiscono una politica da salotto, da lobby, una politica per un'élite molto ben scelta.
Il questore di Vicenza ha detto che sta visionando i filmati del corteo, per individuare le persone che reggevano lo striscione di solidarietà agli incarcerati dell'ultima retata.
Attenti al linguaggio compagni.Le parole fanno ancora paura. Ma se le parole sono "cazzate" perché fanno paura?

domenica 18 febbraio 2007

I sovversivi del 1977




Proviamo a recuperare la memoria.
Un intervento fatto da un ragazzo nel 1977 in un'assemblea dei circoli del proletariato giovanile.E' cambiato qualcosa da allora?

‹Non cercate un filo logico nel mio intervento: non voglio essere razionalizzato, ma vissuto per quello che esprimo.

Voglio parlare del comunismo, dell’utopia e della filosofia della vita. Chi siamo noi? Noi siamo l’appendice della macchina di produzione capitalistica. Di mattina ci alziamo, che palle, vorremmo stare a letto a oziare. L’ozio è una bella cosa: è il piacere del riposo, e poi è il padre dei conclamati vizi. Chissà poi perché li chiamiamo vizi: penso piaccia a tutti avere tempo libero per pensare a sè stessi e agli altri; e per mangiare bene, viaggiare, fare meglio l’amore, bere del buon vino, avere molte relazioni umane, pescare, pitturare e altri vizi simili.

Sono sicuro che gli artisti singoli non esistono: tutti gli uomini sono artisti perché hanno tutti una parte da recitare in questa vita. È che non hanno il tempo e il privilegio per poterlo essere. Vorrei stare a letto a pensare queste cose ma ho appena finito la malattia di ieri. Mi metto molto in malattia perché lavorare stanca. E poi, essere sfruttati da quel pirla di padrone che ho io! Non parlo dei mezzi di trasporto per andare a lavorare, sennò mi angoscio subito. Ah. l’ideologia del lavoro, te ne accorgi subito quando timbri il cartellino: «Sempre in ritardo tu!». Dopo un po’ ti stanchi di raccontare balle per il ritardo. Chissà cosa gliene frega agli altri operai del lavoro. Finché è il padrone o il caporeparto che deve fare carriera è comprensibile, poveretto, ma gli altri? Uno dice: «Se vai a lavorare per necessità, perché devi mangiare, pagare l’affitto, i figli, luce-gas-telefono e magari qualche lusso va bene, ma non facciamone una morale».

La morale del lavoro: sembra di essere in Russia. Di questi tempi poi, lavorare è sempre più difficile: ti aumentano i ritmi e le mansioni; sono anni che lavoro sempre li e vorrei cambiare per non morire troppo, ma c’è disoccupazione e non trovi posti di lavoro migliori; poi i padroni sono sempre più attaccati alla produzione: produrre, produrre, produrre. Non assumono più personale e non sostituiscono chi va via; sono sempre alle calcagna: «Cosa stai facendo? Hai fatto questo? Puoi stare un’ora in più?». Che palle! Non è che rifiuto il lavoro in sé, anche se meno si lavora meglio è. Oltre che per i soldi, per questo immondo regno della necessità, lavoro per cercare delle soddisfazioni umane con gli altri lavoratori. I rapporti con loro potrebbero essere bellissimi, perché ognuno è un personaggio diverso, con la sua storia e le sue caratteristiche, drammi, contraddizioni. Peccato che vince sempre la paura e i miti borghesi.

C’è molta solidarietà quando si lotta, si sciopera, si parla, si agisce contro il padrone. Certo che se l’autonomia degli operai non si sviluppa e se i sindacati continuano così non ci sarà più nemmeno questo. Sarà tutto solo una lotta individuale, e vincerà il padrone. Oltre alla lotta è difficile costruire dei rapporti più profondi con gli altri lavoratori. E sì che lo vogliono tutti, è un bisogno di tutti. Anche per questo si ubriacano spesso e male alla sera. C’è un muro di paura, paura di sé verso gli altri, paura di se stessi, paura anche del padrone. Se non ci fosse il padrone si risolverebbero tutti i problemi.

È una scala nevrotica: il padrone per interesse opprime te, tu devi opprimere qualcun altro altrimenti rovesci la tua violenza su te stesso. E la sera c’è la moglie o i figli su cui scaricarti, o c’è il sonnifero della televisione, della partita, del fotoromanzo. O il sonnifero vero e proprio. Chi ha ancora un po’ di fede prega Dio. Oppure ti curi dei tuoi hobby, coltivi l’alienazione o anneghi in un bicchierone di alcolico. In genere la moglie è la droga che funziona meglio di tutto, e la violenza del rapporto sessuale ne è l’espressione più evidente. O come si guarda le riviste pornografìche. Certo che ora le donne si ribellano, cosa si farà? È un casino. Una valvola di sfogo che si chiude.

O lotti o rischi di esplodere. Anche per questo aumentano le malattie in questo periodo, e la gente è sempre più aggressiva e tesa. La condizione ideale, tra l’altro, per creare capri espiatori. Ma la cosa peggiore non è la negazione di questa valvola di sfogo, ma la negazione nel lavoro. Figurarsi adesso che ci chiedono sacrifici. Esplode tutto! C’è della gente che fa gli straordinari e non si mette in malattia perché altrimenti non saprebbe cosa fare, si troverebbe di colpo sperduta nel vuoto. Che anestetico che è il lavoro! Come la morfina. È una droga pesante, è la droga che provoca più vittime: incidenti sul lavoro, malattie, nevrosi, crisi familiari ecc.

Poi vai in pensione e ti viene la trombosi perché il corpo si era abituato a un certo ritmo di sfruttamento. Per fortuna che la classe operaia italiana è abbastanza vaccinata: i giornali borghesi nel ‘69 chiamavano questo vaccino «disaffezione dal lavoro». È pericoloso esserne affezionati. E gli scioperi di quel tempo li chiamavano «a gatto selvaggio», perché quando uno non aveva voglia di lavorare trovava sempre qualcun altro della stessa idea e facevano sciopero in gruppo, per qualsiasi motivo. Spesso non lo diceva neanche che faceva sciopero: tornava a casa e basta. Mi sono sempre stati simpatici i gatti, più sono felini, cioè selvaggi, più sono simpatici. Perché sono autonomi. Il gatto è furbo perché usa l’uomo e non si fa usare: ha l’autonomia individuale e contemporaneamente se vuole si fa mantenere per garantirsi il diritto all’ozio. Chissà se un giorno piglieranno anche il potere.

Sarà così anche coi padroni: quando piglieremo il potere e li divoreremo (politicamente) qualcuno dirà che dopo tutto il padrone alle cose che faceva ci credeva veramente, che era costretto a fare i suoi interessi altrimenti il profitto, altrimenti.., se tu avessi una fabbrica non faresti così ecc. Il fatto è che anche noi vogliamo fare i nostri interessi, però siamo gli unici a cui la storia, e altro, legittimano l’egoismo. Più un operaio è egoista verso il padrone più è altruista verso gli altri operai e verso il genere umano.

Ribellarsi è giusto. Insomma, mi sono reso conto che la nevrosi tra i lavoratori è l’insieme dei bisogni radicali non soddisfatti e negati o deviati su valvole di sfogo, droghe pesanti. E poi c’è sempre più il regno della necessità che incombe: le bollette da pagare, i conti che non tornano, la casa che non trovi. Per questo, lavorare e vivere è sempre più pesante. Quando inizio a lavorare cerco di svegliarmi due ore dopo: se dormo sento meno il lavoro, ma un giorno o l’altro ci lascio la mano nel pressa-cartoni. Se non dormo studio il modo per infastidire il padrone; gliene devo fare almeno una al giorno, e fargli fare buon viso a cattiva sorte. Se invece ti fa la menata fai l’indiano, o se hai voglia litiga e fai casino. Lavorando ti rendi conto che hai davanti a te un’odiosa macchina così fredda. Fa tutto da sola, però deve esserci li qualcuno a mettere continuamente le virgole altrimenti non va avanti. I lavori che ci toccano di più sono così alienanti che ti distruggono fisicamente e soprattutto mentalmente. Ti succhiano il cervello, e così per non morire d’inedia mentale devi creare, fantasticare, giocare. Allora giochi con la macchina, la prendi in giro, la fermi, la disegni. E quando aumentano i ritmi, la saboti, la rallenti. Hai anche la scusa che a salario di merda fai lavoro di merda. Il gioco preferito sul lavoro in una cartotecnica era quello di gettare oggetti nei nastri per bloccare la produzione. Ma in ogni posto di lavoro se ne inventa uno: è una questione di sopravvivenza. Giochi con la macchina, giochi con gli altri lavoratori.

Sono simpaticissimi gli operai adulti quando giocano a farsi i dispetti, a nascondersi tra le macchine, o intralciano il lavoro a chi si impegna troppo. Diventano di colpo bambini. E, vedendoli felici, mi convinco sempre di più che i soggetti più rivoluzionari sono i bambini, meglio le bambine, perché padroneggiano le dimensioni del gioco e della fantasia. In una piccola azienda, la cosa che più ti chiedono gli operai quando sanno che sei di "Lotta continua" o un freak è se gli fai conoscere qualche ragazzina, e c’è anche chi ti chiede scherzosamente serio se gli dai la marijuana. Bisognerebbe riflettere su questo. Ti dicono anche che bisogna fare la rivoluzione, e che ci vuole il mitra, ma questo lo dicono sempre. E prima o poi... Quando arriva il 27 hai già finito i soldi da dieci giorni: sei costretto a inventare anche per sopravvivere fuori dal lavoro.

Forse anche per questo Napoli sta diventando il maggior centro culturale d’Italia. E poi, questa società dei consumi. Rifiutiamo di lavorare di più per avere l’auto nuova o la moto più grossa, ma oggi anche se lavori di più non puoi accedere a questi lussi. Che poi, perché i proletari non hanno diritto al lusso e i padroni sì? Rubare un chilo di carne in un supermercato è giusto quanto rubare una bottiglia di whisky? O no? O il whisky è un privilegio concesso solo ai padroni? E per tornare alle cosiddette valvole di sfogo: ti ci costringono proprio i padroni. Così hanno piegato anche i nostri genitori. Rendono indecenti i trasporti pubblici così devi comprare la macchina, non ti garantiscono alcun servizio sociale decente e così devi fare famiglia, perché tornare a casa dopo otto ore di lavoro non te la senti ogni giorno di farti da mangiare, la biancheria, la pulizia in casa; e poi essere sempre solo in casa perché non hai tempo di farti amicizie.

Il tempo libero magari ce l’hai, alla fine della giornata lavorativa, perché quando sei giovane cerchi sempre di superare la fatica fisica per uscire la sera, fare qualcosa d’altro: speri sempre in qualcosa di meglio. Ma che cazzo esci a fare la sera quando sei inchiodato e recintato nell’hinterland milanese, col freddo, la nebbia, due chilometri per l’unico bar aperto della zona, dove se ci arrivi ti guardano male perché hai i capelli lunghi o perché non compri la busta di eroina. C’è una canzone che invita tutta la gente a uscire dalle case e passare tutto il tempo nelle strade a cantare, ballare, conoscersi, fare festa e penso che se abolissero la televisione e il lavoro per un anno si riuscirebbero a fare moltissime cose. Ma ci sono le droghe di Stato, necessarie per farti vivere a Milano. Provate a immaginare la vita in città per un solo mese senza caffè, tabacco, sonniferi e stimolanti, televisione, automobile, alcol, eroina. Scoppierebbe, perché non riusciresti più a sopportare lo sfruttamento salariato. Che cosa infernale sono le città, ti distruggono lentamente anche il rapporto con la natura, non ti accorgi nemmeno che è cambiata la stagione, che ci sono le rondini, che la terra ha un odore suo, diverso da quello del cemento umido di benzina.

Un giovane che finisce di lavorare vorrebbe fare qualche cosa di bello, di più utile: discutere, conoscere, fare, magari studiare anche, imparare a conoscere il proprio corpo, la propria mente, pitturare, ballare, fare musica, teatro, artigianato, divertirsi. Ma figurarsi se è possibile fare tutto questo a Quarto Oggiaro, per esempio. Durante il tempo libero ti accorgi che sei solo libero di non contare nulla. Niente. E poi non sei libero di cambiare il mondo. Qui non abbiamo né futuro né presente. E dopotutto la vita è più di tutti nostra, perché dobbiamo viverla ancora tutta intera, non abbiamo ancora perso! Quando uno è giovane, avendo tutta la vita davanti, pensa più spesso come vuole investirla, e questa è l’unica differenza reale tra giovani e adulti. Si pensa alla propria vita perché pensiamo ci appartenga; è il desiderio di partecipare come soggetti alla costruzione di una storia collettiva con la tua gente, il tuo popolo, la tua classe.

Le radici dell’uomo stanno nella sua storia, ed è inutile fuggire in India, anche se è vero che la nostra storia vogliamo sia ed è internazionalista. Ma la cosa più assurda è che ti trovi a pensare a queste cose sulle panchine della stazione di Limbiate, o sulle panchine di Cinisello, che sono state tolte perché ci andavano a sedersi i giovani della zona sbattuti fuori dai bar perché freakettoni e presumibilmente drogati. Non che ci dispiaccia tanto, perché al bar si muore di noia, per questo si era scesi nella piazza, nei giardini. È un periodo che i pochi giardini di Milano brulicano di giovani. Peccato che tanti di questi finiscano in galera per furti o scippi per procurarsi eroina o soldi, perché le condizioni di lavoro offerte dai padroni sono inesistenti o troppo pesanti.

Certo che contro l’eroina bisognerebbe fare subito qualcosa di più: qui stanno cercando di fregare i giovani migliori, i più ribelli. Se sei operaio è l’unica cosa che ti fa star bene per qualche ora nella merda più totale di una giornata lavorativa e di un quartiere dormitorio. Se sei senza lavoro l’eroina ti dà un ruolo, quello di tossicomane. Se hai vissuto internamente la crisi dei valori borghesi, l’eroina ti rappresenta l’autodistruzione, il suicidio collettivo, l’esaltazione non dell’individualità ma dell’individualismo.

L’eroina è la droga perfetta della società borghese. Ti dà tutto non dandoti niente, anzi, dandoti spesso la morte; è la realizzazione individualistica opposta alla realizzazione collettiva, è il comunismo in polvere, è quindi la negazione del comunismo, che invece è una strada di diecimila anni luce. Se non riuscissero a convincere tanti giovani di essere inutili; se cioè cominciassinio noi a essere protagonisti, soggetti e non oggetti, l’eroina non avrebbe più spazio. C’è la solitudine che ci frega molto, ma se riusciremo a fare della solitudine e dell’autonomia individuale un valore di vita dell’uomo, tanto quanto il bisogno e il piacere della socialità e della solidarietà, cominceremo a inceppare il meccanismo ideologico di conservazione della borghesia e la scala nevrotica si rovescerebbe e si trasformerebbe in una scala di piacere e di umanità. Bisogna imparare a stare bene da soli per stare bene con gli altri, tra il proletariato.

Certo che per fare tutto questo ci vuole una vasta rivoluzione culturale, nel movimento, nei partiti più utilizzabili, in noi stessi, insieme alle donne. Ci sarà bisogno di un esercito di utopisti, abituati a vivere col terremoto, con le contraddizioni permanenti; bisognerebbe formare un esercito di soldati del «regno della libertà e delle rose» disposti a lottare per generazioni, centinaia di anni, senza illusioni di ore x per cui negarsi, e disposti a scavare, come Yu Kung, con serenità, lungimiranza e decisione, le montagne della paura e del capitalismo che schiacciano l’umanità e ne impediscono la liberazione individuale e collettiva.

C’è un libro della Heller e le opere filosofiche giovanili di Marx (è proprio vero che da giovani si rende di più) che ci possono dare gli strumenti per capire, da un punto di vista razionale e scientifico, cos’è questo regno della libertà contrapposto al regno della necessità, cos’è la preistoria e la storia dell’uomo, qual è il pane e quali sono le rose del comunismo, cosa sono i bisogni radicali, cos’è la società dell’uomo opposta alla società del profitto. Ma penso che tutto ciò non sia necessario definirlo sui libri perché è dentro di noi, ed è nella vita quotidiana di tutti i proletari. Ed è l’impegno a vivere il presente con tutte le contraddizioni della realtà, superandole, affrontandone delle nuove come «il fiume che scorre», misurandosi quotidianamente con la miseria del lavoro salariato, con l’impegno militante a trasformarla fin nelle piccole cose. Naturalmente è un processo che dura secoli e nessuno di noi vuole vendere felicità a basso prezzo o negarsi in ideali futuribili maè un processo inevitabile, fatto di tentativi, di sconfitte, di nuovi tentativi. Chi si ferma viene travolto.

Ci stiamo senz’altro avvicinando a un periodo di eventi storici straordinari: ognuno di noi deve solo decidere se farsi travolgere dalla storia e fuggire invano come topi da una nave che affonda o costruire invece, e vivere nella realtà, una storia collettiva fatta di tanti piccoli e ignoti protagonisti, fatta di necessità e di libertà, di durezza e di dolcezza, di realismo e di poesia. Questo è l’unico ruolo possibile.

Essere utopisti è un obbligo, altrimenti che ci stiamo a fare in questo mondo?››

(Anonimo - da "Sarà un risotto che vi seppellirà. Materiali di lotta dei Circoli proletari giovanili di Milano" - Squilibri edizioni 1977)

venerdì 16 febbraio 2007

Ultime opinioni libere e radicali





"Questi terroristi nuovi mi sembrano dilettanti, rivoluzionari ridicoli.Un fenomeno pericolosissimo però, che può esplodere se si continua a fare un uso politico del terrorismo e della protesta sociale. MA QUEL CHE M'IMPRESSIONA E CHE QUESTI TERRORISTI PENSANO QUEL CHE PENSO ANCH'IO: viviamo nella dittatura della ricchezza, una guerra inutile dietro l'altra, i capitalisti al lavoro con la criminalità, e 90 pregiudicati in parlamento. Sa cosa penso? Che la retata di nuovi brigatisti sia un'operazione politica per sostenere il governo"
Giorgio Bocca nell'intervista della giornalista Antonella Rampino sulla Stampa di oggi.

Intanto registriamo i due giorni dell'onorevole Cento (e sottosegretario che più sotto non si può) per riflettere sull'opportunità di andare a Vicenza.
Meno tempo si è preso il molto onorevole Giani di rifondazione.
La Melandri é troppo impegnata con Briatore per esprimere un'opinione.
Il TG2 alle 20,30 lancia un servizio sugli anni 70. Parla dei morti missini di Acca larentia (spero di averlo scritto bene), di Lama e degli scontri all'università. Non una parola sul contesto e su qualche compagno che ci ha lasciato la pelle. In compenso siamo andati a letto sereni dopo aver sentito l'opinione dell'onorevole Andreotti e della signora Annunziata. Quest'ultima ha testimoniato che, dopo essersi "bagnata" per aver lanciato una pietra contro il palco di Lama, ci ha scritto sopra un bel libro e ci fa un bel pò di soldi.
Amen.

giovedì 15 febbraio 2007

A chi serve?


Vorrei chiedere a chi pensa oggi di progettare una rivoluzione se crede di coinvolgere in questo la gente.
Vorrei chiedergli se credono di passare inosservati mentre pianificano azioni esemplari.
Se sono così ingenui nel non rendersi conto che così sarà più semplice disgregare ed indebolire chi prova ad opporsi al pensiero unico.
Non ci sono camionette piene di poliziotti che sorvegliano le strade.Oggi basta una cimice o un microfono un pò potente per sapere cosa dici.
Insieme a quello c'é tanta stampa e tanta televisione.
E allora? pensano forse di farci diventare membri di un club di clandestini con pochi iscritti?
Abbiamo già pagato un conto.Ed é stato molto salato.
Vogliamo tornare a lottare e a far valere il modo diverso in cui concepiamo il modo di stare su questo mondo. Le relazioni tra le persone e tra le classi sociali.
Per poterlo fare abbiamo bisogno della luce del sole. Della piazza vera e non solo di quella virtuale.Di un linguaggio semplice che le persone capiscano. Di piccoli obiettivi raggiungibili per grandi orizzonti.
Se torniamo nelle cantine non ne usciremo più per un paio di generazioni.
Mi spiace compagni non vi dirò come un tempo che sbagliate. Vi dirò soltanto che siete coglioni e complici di chi, dal pulpito, agita il suo ditino pronto a riprendere il manganello.

mercoledì 14 febbraio 2007

Le foibe e la storia di noi


Si é celebrato il giorno della memoria.Lo si é celebrato per ricordare i tanti che morirono a causa di una guerra insensata che produsse, alla fine, cieca e violenta vendetta da parte di chi per anni aveva subito l'occupazione "manu militari" della sua terra.
Abbiamo perso un'occasione per rifare i conti con la nostra coscienza e con la nostra storia e per quello che abbiamo rappresentato per tanta gente e tanti popoli.
Ci manca il coraggio di un atto, di una visita che deponga fiori e chieda perdono e pietà per gente, come noi, che ha ridotto l'Europa ad un campo di concentramento dal 39 in poi.
Qualcuno chiede di ricordare i "nostri" campi di concentramento, quelli di Gonars , di Molat e di Rab.
Invece alimentiamo rivendicazioni che scavano fossati ed acuiscono tensioni.
Siamo stati i primi a scoprire la gioia di come si bombarda un villaggio libico o come si gasa tanta gente senza rischiare molto.
Abbiamo invaso terre dall'altra parte del Mediterraneo cantando faccetta nera ed orgogliosi del nostro messaggio civilizzatore.
Abbiamo sparato alla schiena di Greci ed Albanesi mandando al macello giovani alpini con scarpe di cartone.
Abbiamo fatto una marcia insensata nel gelo della Russia per seguire fedelmente il nostro alleato tedesco.
Ed oggi cosa facciamo? Ricordiamo in quel modo quei "nostri" morti deresponsabilizzando la nostra coscienza? Il prezzo di cosa siamo stati lo hanno pagato anche tanti innocenti. Nostri concittadini. Pensiamo di ricordarli così? Come se fossimo delle candide viole?

venerdì 9 febbraio 2007

Cronaca criminale a Torino

Dichiarazione rilasciata ieri al TG2 da un residente di Corso Giulio Cesare:" DOVREMMO ESSERE DI PIù, SCENDERE CON I BASTONI.DUE FERITI? NON BASTA, SPERIAMO CI SCAPPI IL MORTO".
Dichiarazioni di alcuni residenti dentro un bar"Se ne devono andare.NON INTERESSA DOVE.IN CENTRO, IN PERIFERIA,NEI QUARTIERI DEI RICCHI, DEI POVERI.DA QUI SE NE DEVONO ANDARE"
Intervista ad Ahmed che a Tossic Park vende le siringhe per i tossici:
"Non ne ho mai abbastanza, tante ne vendo.Ho un piccolo margine di guadagno......adesso mangio e mi pago la camera della pensione. A volte ho un sogno, quello di svegliarmi in una casa profumata e pulita, ci sono i miei genitori, i miei amici, tutti mi parlano con rispetto, mi vogliono bene.Sono davanti al mare, c'é il sole caldissimo.E' uno scherzo atroce.Mi svegliavo invece tra i rifiuti, coperto di stracci, immerso nel freddo, già con l'ansia di trovare i soldi per la dose."Intervista apparsa sulla Stampa il giorno 9 febbraio 2007.
Corso Giulio é in una zona proletaria.Zona industriale ai margini, vicino all'autostrada per Milano. Zona Rossa.Un quartiere una volta denso d'attività ricreative e sociali. Oggi non esistono punti d'aggregazione. Le case sono enormi. la gente é stanca ed é spaventata. I giovani hanno trovato un passatempo. Si fanno fotografare in gruppo prima d'andare a sprangare i tossici.
Il sindaco é impegnato a distribuire deleghe e poltrone. La destra solidarizza e fomenta l'odio.E noi non sappiamo cosa fare.

giovedì 8 febbraio 2007

La cronaca di torino





La foto che vedete é di un signore a cui ieri sono stati spaccati i denti su un tram di Torino. La sua colpa: essere di aspetto poco raccomandabile e forse tossico. Gli abitanti di un quartiere di Torino hanno deciso di farsi giustizia da soli.Non sopportano più il disagio ed il disordine di una folla di tossici, piccoli delinquenti e pusher che, a centinaia, si ritrovano al fondo di corso Giulio Cesare in un luogo chiamato Tossich Park.
Da ieri a Torino ci sono ronde che, alla fermata del 4, controllano chi scende e chi sale.Naturalmente con spranghe e bastoni. la polizia ed i vigili osservano e cercano di convincere i bravi cittadini che il farsi giustizia da soli non serve.
La questione é: e se legalizzassimo l'uso delle sostanze stupefacenti? Ci sarebbe tutto questo casino?O la morale ne risentirebbe? Ricordo che durante il periodo dei circoli giovanili (1977), ci fu un'azione molto dura nei confronti degli spacciatori. Uno degli obiettivi era quello di liberare dal mercato della droga gli spazi che di volta in volta il movimento conquistava. Oggi l'azione é nelle mani di quella gente che non fa distinzioni.


La foto di questo signore con i capelli bianchi appartiene ad un insegnate d'inglese di un istituto tecnico di Torino.
Tre suoi allievi lo hanno massacrato di botte perchè ha difeso una bidella dalle loro molestie.
I tre ragazzi sono tre marocchini che per questa bravata sono stati sospesi.
I loro genitori sono disperati. Non riescono a trovare il modo d'integrarli.
Sono segnali forti di un sistema con cui dovremo convivere? La giustizia ad uso e consumo di gente che si sente lasciata sola e da sola reagisce. Ragazzi che esprimono solo violenza e sono pronti a prendersela con chi ritengono più debole.
Fuori c'é una politica che conia slogan e fa retorica vuota. Basterebbe forse poco.
Ma chi é oggi quel leader che ha voglia di tornare a misurarsi con questi fatti? Di provare a rovesciare i dogmi esistenti ed a proporre un modello di convivenza diverso?La regola della cella e della chiave buttata non risolve nulla e questi fatti lo testimoniano.
Una recente inchiesta ha stabilito che il paese con il più alto tasso di criminalità e di disagio sociale é l'Inghilterra seguita dalla cattolicissima Irlanda.L'Italia é al 13° posto. Anche il Der Spieghel ha dovuto rendere conto, con sorpresa, di questo risultato. L'Inghilterra, il paese in cui hanno risolto il problema dell'ordine pubblico negli stadi. La spazzatura si sono limitati a metterla sotto il tappeto.

mercoledì 7 febbraio 2007

Due lettere su Carlo Giuliani


La pietà per i morti, da sola, dovrebbe bastare ad impedire che gli
uomini decidano (più o meno scientemente) di darsi la possibilità di
togliere la vita a qualcuno.
Eppure la pietà dura un attimo.Poi la vita prosegue e la pietà se ne va.
Su una rubrica di lettere della Stampa, un signore scrive che la morte dell'agente di Catania
gli ha fatto capire una cosa.Se a Genova nel 2001 " quel ragazzo (Carlo
Giuliani) non fosse stato fermato in tempo, visti il peso e la dimensione di quanto stava per lanciare contro il poliziotto l'epilogo sarebbe stato lo stesso"

Nella
lettera successiva uno scrive " Durante il G8 di Genova un criminale é
morto mentre assaliva una camionetta dei carabinieri."
Le due lettere
sono firmate e le potete leggere (se avete voglia e stomaco) a pag.36.
Non
ci sono morti di serie A e di serie B. Quei morti per noi valgono in
funzione di quello che hanno rappresentato in vita.Per le loro azioni e
per i valori per cui si sono spesi. Ci sono morti a cui ci sentiamo più
vicini ed altri per cui abbiamo solo pietà. Però quella l'abbiamo e
piangiamo anche per il dolore di chi li ha persi. Siamo fatti così
senza ipocrisie ed intorno ad argomenti del genere non giriamo attorno.
Quella
morte di Catania é una morte atroce per quello che rappresenta di
questa società.Alienazione e nichilismo. Valori che lasciano il passo
al business.E' una morte che appartiene ad altri e di cui altri sono
responsabili.
I nostri morti difficilmente destano pietà tra i
benpensanti ed i borghesi. Per loro non contano e qualcosa le
giustifica sempre.
La differenza é qui. Non amiamo l'ipocrisia e
sappiamo che la violenza, in una società di inuguali, é il miglior carburante del conflitto.E' parte strutturale di questa società. E' nel semplice fatto che non concede a tutti nella stessa misura ed in funzione dei legittimi bisogni per vivere.
Una società così divisa, tra chi ostenta e chi guarda e desidera,é di per sé un detonatore in attesa di chi attivi una scintilla. Non
lottiamo per generare violenza, lottiamo per abbattere differenze e
rendere
un po' più facile vivere a chi ha poco o nulla. Lottiamo per generare
consenso. Non abbiamo risposte scontate e tante volte le nostre non
sono gradite. Chiediamo solo a chi scrive quelle lettere di riflettere
sul messaggio che portano e sul fossato che scavano. Sono fossati così
alti che quando ci si cade dentro é difficile trovare un motivo per
provare ad uscirne. Sono fossati che la mia generazione ha conosciuto
bene. Ho il timore che stiamo facendo di tutto per ritornare indietro.
La differenza é che di fronte ci sarà gente invasa solo da un'odio
distruttivo e basta. Non avranno nessuna speranza di nuova società da
costruire. Si accontenteranno di distruggere quello che c'é.

martedì 6 febbraio 2007

Le dichiarazioni di Caruso

Caruso (Prc) ad Affari "Ultras o poliziotto pari sono"

"Il rischio è che affrontare questo problema dal punto di vista della militarizzazione delle curve e degli stadi contribuisca in modo molto ma molto parziale. Anzi, rischia di non avere alcuna efficacia, sotto tutti i punti di vista". Così Francesco Caruso, deputato di Rifondazione Comunista, intervistato da Affari, commenta i provvedimenti del governo contro la violenza nel calcio. "Dobbiamo porre un argine e un fine a questa scia di sangue che macchia uno sport che dovrebbe essere tutt'altro che una cornice di morti ammazzati dentro una pozza di sangue".

Le sue parole al Corriere hanno scatenato una mare di polemiche...
"Ribadisco che, per quanto squallidi e ignobili siano stati i commenti del Centrodestra, oggi, ieri e domani non esiste dal punto di vista cristiano, laico e morale una distinzione tra un ragazzo come Paparelli, morto perché gli è arrivato un razzo sparato dall'altra curva, le vittime dell'Heysel e un poliziotto ucciso mentre faceva il suo dovere come è accaduto a Catania".

Quindi ribadisce...
"Non esiste che per una partita di calcio si muoia. Che si tratti di un poliziotto, delle persone dell'Heysel o di un Paparelli. Ignobili e vergognosi sono coloro che hanno speculato, come il direttore de 'Il Giornale', che porterò in Tribunale. Infatti ho già dato disposizione ai miei avvocati di querelarlo per il titolo di oggi 'L'onorevole di Bertinotti giustifica i killer', ma dove le ha lette ste cose?".
E' proprio arrabbiato...
"Gli ultras del Catania sono da anni espressione diretta di Forza Nuova, cioè dell'estrema destra. Io dovrei difendere i neo-nazisti che si infiltrano nelle curve per fomentare l'odio e la xenofobia? Qualcuno vuole imbrogliare le carte, gli amici che hanno le loro connivenze e le organizzazioni giovanili di quei partiti. A Catania ho fatto una manifestazione anti-fascista il 16 settembre 2006 con migliaia di persone, perché due giorni prima, sempre questi signori che hanno ucciso quel poliziotto, andarono al centro sociale di Catania e spaccarono la testa a un mio compagno. Non sono incazzato, ma molto di più".

E le reazioni politiche?
"Appunto. Su questa vicenda così tragica, gli esponenti del cosiddetto Centrodestra hanno avuto il coraggio di fomentare una polemica strumentale. Se muore un poliziotto o un ultrà è comunque una cosa assurda, questo non significa che giustifico nulla".

Ma anche dalla maggioranza l'hanno criticata...
"Certo, hanno paura. Il Centrosinistra invece di zittire quelli dell'opposizione, come qualcuno si è degnato di fare, li rincorre dicendo massima solidarietà alle forze dell'ordine. Si mettono a fare i più realisti del re".

E Bertinotti che ha detto di non essere il suo angelo custode?
"Tutti questi signori tirano in ballo Fausto Bertinotti, che sta in Argentina, e gli chiedono 'scusa ma il tuo deputato Caruso ha dichiarato che...' E lui, ovviamente, risponde che fa il presidente della Camera dei Deputati. E' logico ed elementare, ma pur di fomentare la polemica politica tirano in ballo Bertinotti".

Zerbini e morale cattobusiness


Che bello ricevere una letterina in cui ti dicono,nella sostanza, "a
bello, cerca di non rompere le palle.Lì c'é una guerra e tu, con i tuoi
distinguo e la pretesa di discutere e prendere una decisione a
prescindere dal fatto che su certi argomenti la sovranità dello stato
non conta un cazzo, ci stai creando dei problemi" firmato gli
esportatori dei sacri principi e delle verità assolute.
Tutto quel
blaterare intorno all'Afghanistan ed a Vicenza. E' sufficiente la
lettera per capire che tipo di "democrazia" questi signori hanno in
mente.A me fa paura.

Cosa dire della morale di questi cattobusinessman?
Sepolto il poliziotto, mandati a casa moglie e figli in lacrime, fatto
il segno della croce, spazzato le scorie ed il sangue, messo in galera
qualche figliolo di questa borghesia benpensante e con una noia mortale
addosso cosa pensano di dire?
"Ci rovinate il business, non si può
giocare a porte chiuse. Avete la pretesa di non fare morire nessuno per
una partita di calcio. Ma non avete preso lezioni da ciò che accade sui
cantieri e nelle fabbriche? Non è che per ogni operaio morto dobbiamo
fermare la produzione. E i soldi? L'economia? Cosa pesa di più un
bilancio o una persona? "
A Caruso per il fatto di aver detto che non ci sono morti di serie A e B hanno chiesto le dimissioni dal parlamento.
Ed a questi cosa chiediamo?
Qualcuno alzerà le spalle e si dirà"bisogna andare avanti".
Io dico " così?, con questa vostra morale?"
Se un giorno sarete spazzati via a calci nel culo, non perdete del tempo a farci il pistolotto.
Claudio Lolli tanti anni fa vi dedicò una canzone, alcune parole dicevano
"Vecchia piccola borghesia, non so se mi fai più rabbia, schifo o malinconia"

lunedì 5 febbraio 2007

Catania ed i ragazzi con il passamontagna


Cosa c'é in quella folla di ragazzi, con caschi e spranghe, che possa
farmi pensare che sono molto diversi da quello che tanti, come me,
hanno rappresentato in termini di conflitto per questo paese?
C'é
il fatto che non rappresentano un conflitto tra classi sociali. Non
hanno alle spalle una militanza che li porta alle 5 del mattino davanti
ad una fabbrica a volantinare.Una militanza che ti impone di cercare di
capire perché le cose si muovono in un certo modo. Non c'é la voglia di
sentirsi classe. Di condividere l'esigenza di appropriarti di un pezzo
di potere per provare a cambiare il modo in cui raccogli e distribuisci
ricchezze e risorse.
C'é solo gente alienata. Probabilmente annoiata
e senza una ragione vera per vivere ed andare avanti. Gente benpensante
o maggioranza silenziosa su temi come la solidarietà o il
razzismo.Gente che su quelle barricate non vedremo mai.
E' gente che non mi piace.
E' gente che non ha il diritto di appropriarsi di uno come Carlo Giuliani e farne un simbolo.
E' gente che vorrei spogliare delle loro Nike e del loro cellulare. Provare a fargli ritrovare il gusto di come occupare il tempo.
Provare a ricomporre intorno a qualche ideale per cui vale la pena spendere la vita su di una barricata.

venerdì 2 febbraio 2007

Spazio


C'é uno spazio da qualche parte in cui se non fai nulla nessuno te ne chiede ragione.Uno spazio in cui la velocità non è sinonimo di progresso. In cui quello che consumi é ciò che ti serve per vivere.
C'é un luogo in cui fermarsi a guardare il paesaggio.Un luogo in cui le ombre degli uomini e delle donne, alla sera, sono lente e pacifiche nel loro rientro a casa dal mestiere nei campi.
C'é un posto per gente come noi? Che non ha fretta di raggiungere traguardi in cui alla fine rimani solo.
C'é un posto per gente essenziale che prima di parlare ascolta?

Una poesia in onore di Pasolini:
Alba rossa
di Mario Pietroletti
(1953)
Veloci in mezzo al campetto senza erba,
le porte: bidoni vuoti di conserva.
La divisa: solo magliette rosse scolorite,
che sanno di riscatto,
lavate con poco sapone
da una madre,
abbrutita dalla fame.
Il piccolo portiere
col berretto del cantiere,
cammina come una sentinella.
La minaccia è lontana,
ma se un pericolo si avvicina,
si tuffa come una pantera.
Nessuna palla varcava la sua porta,
la vittoria era nell'aria,
il tifo lievitava,
anche Pasolini l'incitava...

.
Undici ragazzi con le scarpette rotte,
ma pieni di gioia,
giocavano e vincevano: per la borgata
e la Casa del Popolo
di Pietralata.

giovedì 1 febbraio 2007

Pillole di economia e politica internazionale


1aPILLOLA
Ieri ho ascoltato il dott.Marchionne.Dopo la presentazione della nuova vettura Fiat.Lo scenario che ha disegnato è sfavillante. Si punta a circa 2.4 milioni di vetture da produrre. 44 nuovi modelli e, forse, nuove assunzioni. In questo bellissimo panorama una nota stonata.Il nostro ha detto:" C'é uno zoccolo che dobbiamo "risolvere".la mobilità lunga per 2000 tra impiegati ed operai.Se lo facciamo avremo raggiunto tutti i nostri traguardi" Questa è la stessa gente che vuole un sistema pensionistico da 300€ al mese con accesso dai 70 anni in poi. Se hanno qualche problema (ma se un'azienda fa utili e distribuisce il dividendo perchè usa la mobilità lunga?) te lo scaricano addosso.cazzi tuoi. Certo è un bel modo per guadagnarsi quel pacco di milioni di euro.
Scommettete che vuole sostituire i 2000 lavoratori con 800 precari?

2A PILLOLA
La statistica dice che i senatori (benamati e che il Signore li conservi) lavorano 12 ore AL MESE.Negli ultimi 6 mesi hanno partecipato a 40 sedute. Incassano 13.000€ al mese. Hanno percepito 78.000€, circa 2,000€ per seduta.I senatori sono 315 e costano (solo di stipendio) circa 49.140.000€ all'anno.

3A Pillola
TAV. Il costo stimato per la realizzazione dell'opera nel 1991 è stato di 14,153 mld.Il costo aggiornato al 2006 è di 88,150 mld.L'incremento è stato del 513%.
Il costo a km delle tratte realizzate in Italia è di 33mln, in Francia di 10 mln, in Spagna di 9 mln.
Il costo a Km. delle tratte progettate in italia è di 44 mln.
Problema.Proiettate su un'asse temporale 2008/2037, utilizzando il fattore di crescita x= a +513%/15 ed un fattore di correzione dato dalla stima dell'inflazione media al 3%, il costo totale dell'opera e spiegatemi se non ci stanno prendendo per il culo.

4a Pillola
Zapatero ha deciso di :
1- non dare più soldati per l'Afghanistan
2- non assumere il comando della missione
3- non appoggiare azioni militari fuori dalla zona di competenza.
Scommettete che tra un pò li fa tornare a casa?
Voglia di Spagna?