venerdì 31 agosto 2007

Merdaccia

Mentre Fiorani impazza in televisione, la Melandri si sente male a Filicudi, Wualter gira le Maldive con la famigliola, il Vaticano continua a non pagare l'ICI, i consiglieri regionali hanno un adeguamento automatico dello stipendio (+ o - 5.000 € all'anno), continua la produzione di merda che non si capisce come smaltire, si bruciano i boschi e manca l'acqua, il contratto dei metalmeccanici langue, i poveri continuano a crepare male ed i ricchi bene, insomma mentre il cielo diventa sempre più blu..... in tutto questo bel casino spunta un nuovo invasore: IL LAVAVETRI ED IL RACKET.
Questo popolo meraviglioso di merdacce si riconosce come un sol corpo nella iniziativa di quel democratico assessore che vive vicino alla gente e grida: IN GALERA, IN GALERA.
Finalmente un paese unito, finalmente una coscienza civile che sfavilla e ci induce all'ottimismo.
Cosa può consolarci? Essere destinati tutti a far da concime alla terra, insieme ai lavavetri e come gli scarti e la merda.

sabato 11 agosto 2007





CI RIVEDIAMO TRA UN PAIO DI SETTIMANE..POLLI!!!!!

Contare i morti e gli infortuni dei precari-ovvero l'onestà intellettuale.

Intorno alle parole di caruso si è scatenata un'onda di sdegno che ha come obiettivo quello di gettare fumo su un fenomeno, quello della precarizzazione del lavoro, e delle conseguenze sociali che questo si porta dietro.
Potremmo eccepire qualcosa sulla forma che caruso ha usato solo alla condizione che si fosse in un contesto in cui prevale l'onestà intellettuale di chi commenta.
In particolare ho avuto la sventura di imbattermi in un paio di commenti che denotano, oltre all'approssimazione data dalla capacità di mettere insieme una benchè minima analisi seria sul fenomeno, un feroce antagonismo nei confronti di chi usa il suo tempo a svelare l'ipocrisia che ammanta questo nostro sistema.
Tal olivieriinfausto nel commentare in modo anonimo (la forza degli argomenti necessita del muro dell'anonimato dietro cui nascondersi) un post, indica nel rapporto Inail la fonte per rafforzare l'accusa di "cialtronismo" nei confronti di chi indica nella legge Treu ed in quella Biagi un elemento che ha portato al peggioramento delle condizioni di sicurezza sui luoghi di lavoro ( in particolare per quanti fruiscono di forme contrattuali regolamentate dalle loro leggi) .
Curioso, sono andato a leggere la tabella a cui il nostro eroe fa riferimento.

Questi sono i dati:
  • Apprendistato :
  • infortuni
    • 2006 n° 26787
    • 2005 n° 26123 incremento +2,5
  • morti
    • 2006 n° 31 (per il 2006 i dati di questo tipo non sono consolidati)
    • 2005 n° 26
  • Dipendenti :
  • infortuni
    • 2006 n° 789.431
    • 2005 n°784.797 incremento +0,6
  • morti
    • 2006 n° 1.058 (per il 2006 i dati di questo tipo non sono consolidati)
    • 2005 n° 1.012
  • di cui interinali:
  • infortuni
    • 2006 n° 16.085
    • 2005 n° 13.528 incremento +18,9
  • morti
    • 2006 n° 10 (per il 2006 i dati di questo tipo non sono consolidati)
    • 2005 n° 8
  • Parasubordinati:
  • infortuni
    • 2006 n° 9003
    • 2005 n° 7556 incremento +19,2
  • morti
    • 2006 n° 22 (per il 2006 i dati di questo tipo non sono consolidati)
    • 2005 n° 14
  • Autonomi :
  • infortuni
    • 2006 n° 102.777
    • 2005 n° 121.492 incremento -15,4
  • morti
    • 2006 n° 191 (per il 2006 i dati di questo tipo non sono consolidati)
    • 2005 n° 222

Le leggi Treu e Biagi si sono occupate proprio di quelle tipologie contrattuali (apprendisti, interinali, parasubordinati) su cui il fenomeno degli incidenti ha avuto una recrudescenza significativa in valore assoluto (+ 4598 infortuni) con percentuali di crescita a due cifre e con un saldo di 15 vittime ( 63 vittime contro le 48 del 2005) in più sulle somma delle tre voci (pur in presenza di un ridimensionamento del fenomeno nel suo complesso se si sommano autonomi e dipendenti).
Esattamente quello che afferma il rapporto Eurispes Ispel che riprende i dati e li mette in relazione alle forme contrattuali oggi di moda.
Questo il testo di un articolo di davide Orecchio che commenta lo studio.

Gli atipici rischiano infortuni, malattie professionali e morti sul lavoro molto più dei lavoratori tradizionali. In particolare tra i lavoratori temporanei i tassi di mortalità e di infortunio sono almeno due, tre volte superiori a quelli dei lavoratori stabili e permanenti, essendo generalizzata la tendenza ad assegnare a questi ultimi i compiti pericolosi, rischiosi o da prestarsi in ambienti insalubri che il personale regolare dell’impresa di norma rifiuterebbe. E' quanto emerge dalla ricerca “Incidenti sul lavoro e lavoro atipico", presentata questa mattina a Roma, a cura dell'Eurispes (l'Istituto di studi politici economici e sociali) e dell'Ispesl (l'Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro).

Per la flessibilità che ne connota il modo di lavorare, per le condizioni estremamente individualizzate e slegate da ogni contesto collettivo, gli atipici, secondo l'indagine, sono sottoposti a rischi molto superiori alla norma. Spesso nel loro caso la legislazione vigente non viene osservata e, venendo a mancare la tutela sindacale, è quasi impossibile denunciare gli abusi e ottenere garanzie per la categoria. E' una situazione che riguarda più di 6 milioni di lavoratori tra co.co.co, interinali, impiegati a tempo determinato o parziale, apprendisti e giovani in formazione lavoro. E che riguarderà sempre più persone. Se infatti negli ultimi due anni il tasso di incidenza degli atipici sul totale delle forze lavoro è passato dal 20,4% al 27,7%, non appena le leggi sul mercato del lavoro del centrodestra andranno a pieno regime il loro peso aumenterà ancora di più. E anche la loro insicurezza, in mancanza di interventi sulla prevenzione e tutela dagli infortuni.

Nel presentare la ricerca, il direttore dell' Ispesl Antonio Moccaldi ha stimato che il costo degli infortuni per questa categoria si avvicinerà all'1% del Pil se entro l'anno gli atipici raggiungeranno la soglia del 30% del totale degli occupati (come ha previsto l'Osservatorio dell' Eurispes). Per questa ragione, secondo il direttore dell' Ispesl, e' necessaria una revisione ''in termini sostanziali'' della legge 626 sulla sicurezza sul lavoro. Moccladi ha sottolineato che ''l'aver recepito la direttiva Cee (91/383) sulla tutela della salute e sicurezza dei lavoratori temporanei non e' ancora sufficiente. L' Ispesl - ha aggiunto - ha gia' presentato una proposta di modifica alla 626 e ne presentera' una relativamente ai lavoratori atipici anche per la riforma Biagi''.

In totale, il costo degli infortuni in Italia ammonta a 28 miliardi di euro, il 3% del Pil. In quattro anni tra i lavoratori atipici (esclusi co.co.co e interinali, per i quali non esistono statistiche nazionali) gli incidenti sul lavoro sono passati da circa 25 mila nel 1997 a oltre 40 mila nel 2000, con un aumento per il part-time dal 4,7% del 1997 al 10,5% nel 2000.

Dalla ricerca Eurispes-Ispesl emerge che, per la sua stessa natura e struttura, il lavoro flessibile comporta un maggior rischio di incidenti e di malattie professionali, benché la frequenza degli infortuni nel lavoro atipico sia estremamente variabile e disomogenea. Nel lavoro atipico il fattore di rischio infortunistico è legato, pertanto, alla mutata organizzazione del lavoro, ed è amplificato dal notevole numero dei lavoratori occupati. La ricerca ipotizza inoltre che ad aumentare saranno tecnopatie ancora non prese in considerazione, come quelle legate ad un continuo utilizzo di supporti elettronici (posture, microtraumi, ecc.), insieme agli infortuni in itinere, ossia dovuti alla maggiore mobilità che verrebbe favorita in caso di lavoro interinale o part-time.

L'indagine sottolinea anche come l’Inail (l'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro) attribuisca proprio alla maggiore flessibilità il fatto che gli incidenti sul lavoro non diminuiscono, individuando una correlazione tra gli infortuni in ripresa negli ultimi anni e la proliferazione delle aziende individuali. Secondo l’Inail la flessibilizzazione del lavoro porta a spostare l’attenzione dall’azienda ai singoli lavoratori, sempre più autonomi e da considerarsi individualmente, che divengono quindi inevitabilmente «gestori e beneficiari di una strategia individuale di prevenzione».

Lo studio Eurispes-Ispel evidenzia l'esistenza di "una forte relazione tra precarietà occupazionale e cattive condizioni di lavoro". Tale relazione "è dovuta in primo luogo a variabili di tipo strutturale - si legge nella ricerca -, ovvero al fatto che i lavori che comportano condizioni di lavoro problematiche sono occupati più spesso da lavoratori con contratti di tipo temporaneo (a termine o interinale); in secondo luogo ad una relazione più diretta tra impiego di tipo precario e cattive condizioni di lavoro". Come dire che, se sei atipico, è più facile che ti assegnino mansioni rischiose dalle quali non hai nemmeno le tutele e prevenzioni dei lavoratori dipendenti.


Cosa può portare un commentatore a gioire del fatto che di interinali ne sono morti solo 10 contro gli 8 del 2005 (tra l'altro tacendo sul fatto che il dato non è consolidato), dimenticando quello che accade a chi utilizza altre forme regolamentate dalle leggi in questione?Sorvolando sui dati relativi agli infortuni?
Questo,svela un quadro preoccupante sulla qualità dell'informazione e su ciò che ci gira intorno.
Mettere a tacere Caruso che senso ha di fronte ad evidenze così palesi del fenomeno?
Per come ragionava Max Weber, non ci limitiamo a fare scelte con cuore puro (caratteristica del credente),la responsabilità oggi riguarda anche le conseguenze prevedibili delle nostre scelte.

venerdì 10 agosto 2007

SOLIDARIETA'


Solidarietà a Caruso.
Solidarietà a chi muore sul lavoro.
Solidarietà a chi è un costo per le aziende.
Solidarietà a chi non è nelle statistiche e muore lavorando in nero.
Solidarietà a chi muore di cancro per malattie professionali e non viene conteggiato nelle statistiche.
Solidarietà a chi si batte contro questo sistema di cose.
Solidarietà alle migliaia di mutilati e di infortunati.
Solidarietà a chi è sotto ricatto.
Solidarietà a chi non ha un cazzo da perdere.
Solidarietà a chi non ha paura delle parole ma ha paura di chi vive nella torre di cristallo, pontifica e fa leggi che creano gabbie di diritto che legalizzano l'abuso ed il ricatto.

giovedì 9 agosto 2007

Mercato, morale, morti, soldi

Quattro parole che hanno una relazione costante con quella scienza imperfetta che è l'economia.
Il mercato si trascina dietro una "filosofia" che permea la quotidianità della vita degli individui, produce, insieme alle merci, i valori che ne giustificano la corsa all'infinito del loro consumo. Crea una morale negli individui che li porta a vivere in maniera scissa il rapporto che hanno con se stessi, gli altri e la natura. Produce un soggetto alienato, ridotto a protuberanza di un sistema che non controlla, da cui è espropriato nelle scelte fondamentali per se e per la comunità in cui vive. Il mercato produce morti, non soltanto tra quanti ci lasciano le penne sul luogo del lavoro, produce morti vivi.Nello stesso tempo il mercato è fonte di speranza.Soldi.Come gli idoli erano simboli e punto di riferimento per le speranze il danaro è l'idolo del nichilismo mercantile.
Per dirla in termini di marketing , il mercato è "segmentazione sistematica dei consumatori e micro-marketing".Il mercato riduce la vita degli individui a stili di consumo.
"fino ad un tempo non lontano-fino alla civiltà- la natura era soggetto e non oggetto.Nella società dei cacciatori-raccoglitori non esisteva alcuna netta separazione o gerarchia tra l'umano e il non umano"
Cosa siamo, oggi noi e ciò che ci circonda, se non oggetti nella prospettiva e nella logica del mercato.
Il mercato, come la tecnologia, non è un oggetto neutro.la sua reificazione ha portato a trattare la scienza che ne definisce i perimetri , i contenuti e la sostanza (l'economia) come un oggetto naturale , normale ed indiscusso . Analizzarne e scinderne le relazioni, valutarne gli effetti ed i risultati, vuol dire portare fino in fondo non solo la sua critica ma anche il nostro modo di opporci a quello che lui vuole che noi si sia.

mercoledì 8 agosto 2007

Treu il liberalizzatore

L'intervista che Treu ha concesso alla Stampa è sconcertante. Misura il grado di confusione di uno che blatera di liberalizzazioni e nello stesso tempo di diritti dei lavoratori.
La sintesi delle sue posizioni è questa:
1- le liberalizzazioni sono un bene perchè producono servizi a basso costo (cita le compagne low cost)
2- il problema della scarsa efficienza degli aeroporti di Roma di pende dai mancati investimenti in strutture adeguate a gestire la crescita esponenziale del traffico passeggeri
3- lui è un liberalizzatore ma vuole che lo stato sanzioni chi non rispetta gli standard
4- il problema è quindi dell'enac che non ha sorvegliato a sufficienza
5- non si risponde alla globalizzazione comprimendo i diritti dei lavoratori ma con la competitività
6- le leggi per ammorbidire la precarietà sono state fatte tocca ai sindacati fare il proprio mestiere.Il pubblico non può vietare la concorrenza.


Questo è anche professore nonchè parlamentare e autore di una di quelle leggi per cui i precari rimarranno precari a vita.
Perchè è sconcertante l'intervista? Perchè ostinatamente questi personaggi si rifiutano di raccontare le cose per come sono.
la liberalizzazione, e la crescita dei concorrenti, è una falsa questione. Il mercato, per come è messo, và nella direzione di una concentrazione in poche mani di fette sempre più importanti di business.
E' esattamente il contrario di quello che auspicano (mentendo a se stessi) i liberisti.
Concentrazioni nei settori dei servizi, della distribuzione e del commercio,della chimica, del settore alimentare, della comunicazione e di quant'altro produce valore per chi possiede le redini dell'economia di mercato.
Concentrazione vuol dire anche compressione dei costi variabili (tra cui in primo luogo quello del lavoro produttivo) a favore di investimenti sul capitale fisso per migliorare l'efficienza del sistema produttivo.
Una logica che ha sulla coda l'impatto sui diritti, sulla flessibilità richiesta, sui salari e sulla sostenibilità di un sistema che si prenda cura dei più deboli.
Una logica che ha come elemento centrale una polarizzazione sempre più evidente tra chi ha e chi non ha.
Un sistema che ha bisogno di una moltitudine di persone che si arrangiano a sopravvivere per garantire che "l'economia giri".
Un circolo vizioso che ha in sé i fenomeni che producono la "qualità dei servizi" di cui si parla,che sono uno degli aspetti di questo impazzimento generale.Un anello della catena.
Perchè tutto questo? perché ogni argomentazione è valida per giustificare un sistema di relazioni in cui è l'economia il driver di ogni fenomeno.Un sistema dato per naturale. A cui sottomettere qualsiasi ipotesi diversa di sviluppo e economico.
False questioni che non muteranno nella sostanza mai. E con le quali ci troveremo a fare i conti sempre.

martedì 7 agosto 2007

La torta della ricchezza


La domanda è retorica?
Ma se siamo il paese con il più alto indebitamento rispetto al Pil, come mai abbiamo in % più ricchi rispetto a paesi che stanno meglio di noi finanziariamente?
Non è che a questi il conto non lo ha ancora chiesto nessuno? Neanche Prodi?

E se siamo così statalisti come mai abbiamo più ricchi di Spagna e Francia?

L'anarchico


John Zerzan è un ecologista, primitivista e presunto teorico della cospirazione. Dal New York times è stato definito "l'anarchico più importante del nostro tempo".
Non ha una televisione, non ha un computer, non ha un automobile, nè carta di credito. Vive in in una capanna ed è uno dei più stimati filosofi radicali statunitensi.
Di recente è stato pubblicato un libro, si intitola "Senza via di scampo" edizioni Arcana.
Nei suoi articoli pone e prova a rispondere a qualche questione un pò complessa.
Siamo nell'ordine di "Come siamo arrivati a dedicare le nostre vite alla perpetuazione di questo folle groviglio di domanda ed offerta?"
E' un libro che consiglio.

"Di che cosa potremmo liberarci subito:confini,governi,gerarchia...che altro?"

domenica 5 agosto 2007

Il peggio tra i cattolici

Il moralista che infesta questo luogo ameno, parlo dello spazio virtuale, è un pò di giorni che ammorba l'aria con quell'aria un po' sprezzante (alla Binetti per capirci) e ci rifila il suo parere sulla questione del bacio Gay ed ora anche di don Gelmini.
Nel merito gli argomenti sono i soliti di sempre : fuffa. Lo stile vuoto ed asettico pieno, però, di risentimento nei confronti di tre categorie di persone:
I gay
I comunisti
I drogati
Di sponda loro ci cascano sempre dentro e, pur essendo Lui contro i ghetti e le lobby ( a parole), sono trattati come categorie .Esattamente come fanno, di solito, quelli che vogliono alzare muri e discriminare.
Mai una volta che si sia interrogato sul perché di quella strana malattia che si chiama carne debole.
E' un periodo che (la malattia) becca molto onorevoli cattolici frequentatori di "puttane" e di transex, diverse decine di preti in giro per il mondo (causando un disastro economico alle casse del Vaticano che Marcikus e la crisi del 29 fanno una pippa) che gestiscono bimbi angelici e paffutelli nonché coristi di chiesa.
sarà che il problema di questi cattomoralizzatori è il sesso? la libertà che necessita per poterlo trattare con soddisfazione.Sarà perché sono molto repressi e scaricano, negando agli altri, quello che loro fanno con sofferenza?
Sarà perché, in fondo, sono solo degli ipocriti frustrati?
E allora anche noi tratteremo lui così: come una categoria e non come persona.

venerdì 3 agosto 2007

Criminalità e produzione per Marx


Ho letto un mini libretto il cui titolo è "Elogio del crimine", l'autore è Karl Marx ed è commentato da Andrea Camilleri.

La tesi che Marx sostiene è che "il delinquente rompe la monotonia e la banale sicurezza della vita borghese.La preserva dalla stagnazione e suscita quell'inquieta tensione senza la quale anche lo stimolo della concorrenza si smorzerebbe".

tesi affascinante che dovrebbe non incontrare il gradimento di tanti benpensanti.Non fosse per le conseguenze sulla vita e sulle cose delle persone.Anche se, in verità, vista la tendenza a valutare tutto in termini di costi benefici, bisognerebbe fare un piccolo bilancio di ogni delitto e dell'economia che ha messo in movimento prima di, con moralismo becero, dare un giudizio negativo.

Anche qui Karl, in modo scientifico ed arguto, ci indica una serie di vantaggi che, il crimine, porta al sietema nel suo complesso."Un delinquente produce delitti." Come un poeta produce poesie."Se si esamina la connessione tra quest'ultima branca di produzione e l'insieme della società, ci si ravvede da tanti pregiudizi"
Il criminale produce nell'ordine:
-diritto penale
-il professore che tiene lezioni di diritto penale
-il manuale del professore cristallizzato nella "merce" per il mercato in generale
-polizia ed apparati
-la tortura che produce a sua volta ricerca scientifica e macchine
-produce arte e bellezza e qui Marx richiama La colpa di Mullner e il Riccardo III di Shakespeare
nello stesso tempo funge da equilibrio nel mercato del lavoro sottraendo una serie di individui in soprannumero per lo stesso.
Diminuisce la concorrenza tra operai.
Ma la parte più importante del contributo di questa branca produttiva è proprio nello sviluppo della produzione.
-Serrature sempre più perfette
-La scienza in generale con la costruzione di strumenti (microscopi ad esempio)
Questa riflessione la potremmo estendere anche alla guerra, con buona pace dei pacifisti.Per non parlare del terrorismo e delle opportunità che offre solo se le si volessero cogliere.

"Il delitto, con i mezzi sempre nuovi con cui dà l'assalto alla proprietà, chiama in vita nuovi mezzi di difesa e così esercita un'influenza produttiva come quella degli scioperi sull'invenzione delle macchine"

Marx chiude citando un pezzo di Mandeville dalla Fable of the Bees (1705)
" Ciò che a questo mondo chiamiamo il male...è il grande principio che fa di noi degli esseri sociali ....è in esso che dobbiamo cercare la vera origine di tutte le arti e di tutte le scienze..."

Secondo Marx ,Mandeville era infinitamente più onesto degli apologeti filistei della società borghese. E noi concordiamo con lui.

Camilleri chiude il suo commento a questo scritto di Marx, citando Orson Welles che, nel terzo uomo, dice a Joseph Cotten
"Prendi, per esempio l'Italia.Ha avuto secoli di guerre, di morti, di sangue, rovine, assassini, e cosa ne è venuto fuori?Il Rinascimento.Prendi la Svizzera.Secoli di pace, tranquillità,serenità,armonia...E cosa ne è venuto fuori? L'orologio a cucù"


giovedì 2 agosto 2007

Lavoro intellettuale e asservimento


L'elemento che meglio rappresenta la riproduzione di rapporti sociali e politici di comando all'interno del processo produttivo è la divisione sociale del lavoro in lavoro intellettuale e materiale.
Il lavoro intellettuale in che forma si presenta di fronte a chi produce lavoro materiale?
In primo luogo come elemento di gerarchia e comando sul lavoro.Come gestore della scienza del capitale in generale.Nello stesso tempo esso assume una forma estranea e separata che taglia verticalmente tanto il lavoro produttivo che quello improduttivo.
Marx scriveva "sapere e lavoro si separano"
L'autonomia del lavoro intellettuale rispetto a quello materiale non è un fatto naturale, esso avviene nel corso dell'organizzazione e della produzione.
In questo modo esso assume forma, e quindi partecipa in qualche modo, alla direzione del lavoro manuale.
Questa visione ha come effetto la negazione della tesi che porterebbe l'origine della scissione (tra intellettuale e manuale) all'avvento trascendentale del "denaro". tesi che sostiene come il frutto del lavoro intellettuale è proprietà sociale, al contrario di quello manuale il cui frutto è proprietà privata.
Il carattere privato o sociale (del lavoro) è determinato dal modo in cui il processo lavorativo è organizzato nella "società".
Il lavoro intellettuale, in questa società, è lavoro che partecipa all'organizzazione ed alla direzione del lavoro manuale.Il suo valore dipende dalla funzione che esso riveste all'interno dei rapporti sociali tra produttori ed a quello che il capitale gli riconosce all'interno della sua organizzazione.
Esso (lavoro intellettuale) è scisso in lavoro in cui i soggetti che lo praticano (la maggior parte) ha un ruolo subordinato rispetto rispetto all'altro soggetto che "amministra il sapere".
Sia il lavoro intellettuale che quello materiale devono essere ricondotti, per capirne la funzione, non ad una categoria generale ma in "forma storica determinata".
Che ruolo ha il "lavoro scientifico" e cosa lo differenzia rispetto al lavoro intellettuale?
In quanto separata dal processo di produzione materiale, la scienza è una forza produttiva ma non di valore. Essa può servire, in astratto, sia una classe che l'altra.Nella sua gestione pratica, in questo tipo di società, essa si presenta come dipendente dal capitale e le sue applicazioni tecnologiche, in massima parte, al servizio di valorizzazione del capitale.
Prendere coscienza di questi elementi, significa porsi di fronte allo stato delle cose non in modo astratto ma cogliendo gli elementi intrinsechi alla sostanza del "dominio" che la natura del capitale ha nel condizionare e produrre rapporti sociali.
Lo sviluppo all'infinito del modello "capitalista", al di là delle contraddizioni di tipo economico e di fattibilità in funzione delle risorse disponibili, ha come conseguenza lo sviluppo infinito di rapporti tra ineguali. e la polarizzazione di questi soggetti su bisogni antagonisti. -continua-

Foto: MParavano Messico:lavoro in fabbrica tessile-cucitura di magliette per fabbrica Nord Americana

mercoledì 1 agosto 2007

Orario di lavoro e flessibilità


Mi sono andato a guardare a che punto è la discussione sul rinnovo del contratto dei metalmeccanici.Ho trovato alcuni spunti interessanti.Ricopio fedelmente quello che è il testo sindacale che sintetizza il punto della situazione su due questioni. In particolare su orario di lavoro e mercato del lavoro.Considerata l'età giovane dei blogger in generale e la verve con la quale si distinguono nell'affrontare temi come pensioni e welfare, credo di rendergli un servizio per ricordare loro come ragionano i padroni.Sul tema dell'orario di lavoro colpisce il modo in cui si cerca di far passare il fatto che, in funzione della flessibilità, non si deve tenere conto delle 40 ore settimanali ma della media semestrale ed annuale. In pratica posso farti lavorare quanto voglio in funzione delle mie esigenze, quindi se è necessario 7 gioni alla settimana per 5 ore, poi 3 giorni per 12 e 1 per 4. E via discorrendo.Direi non male.Della serie, per 1.000€ al mese la tua vita è mia e la gestisco come voglio io.Per quanto riguarda il mercato a loro (padroni) sta bene il protocollo presentato dal governo. Della serie ve la siete già presa nel culo e tanto ci basta.E tanti saluti a precari e co.co.co.

C'è qualcuno che ha voglia di rimettere in discussione l'ordine costituito delle cose? Invece di blaterare di guerra tra generazioni, forse converrebbe pensare ad un pò di sano conflitto sociale. Così tanto per ricordare chi fa gli interessi di chi.

Orario di lavoro

Su questo tema è stata la Federmeccanica a introdurre la discussione, dichiarando che della piattaforma sindacale ciò che per essa non è assolutamente accettabile è il primo comma. Cioè quello che chiede di confermare la dicitura attuale del contratto sulle 40 ore settimanali. Per la Federmeccanica è condizione dell’accordo contrattuale che si intervenga sulla flessibilità degli orari, recependo nel contratto nazionale il decreto 66 là ove trasforma l’orario settimanale in orario medio semestrale o annuale. La Federmeccanica ha sottolineato che molti contratti dell’industria hanno già recepito questa legge e che non intende ancora accettare la diversità del contratto dei metalmeccanici. Su questo tema o si trova una mediazione, oppure si passa alla pura logica dei rapporti di forza che sarebbe negativa per entrambe le parti.

Fim Fiom Uilm hanno ribadito l’impostazione della piattaforma che coniuga la flessibilità con l’obbligo di accordo e con la contrattazione. In molte aziende si sono già fatti accordi aziendali di flessibilità e quindi non c’è ragione di abbandonare questo metodo modificando nel contratto nazionale il regime delle 40 ore.

Si può discutere di utilizzo impianti e flessibilità ma nel quadro delle regole attuali e sulla base delle richieste della piattaforma. Per questo il testo contrattuale sull’orario settimanale non è modificabile.

Mercato del lavoro

Anche su questo punto è stata la Federmeccanica ad aprire il confronto. La Federmeccanica ha dichiarato che con l’intesa raggiunta tra le parti sociali sul mercato del lavoro non c’è più ragione di discutere delle richieste della piattaforma sindacale. Le principali questioni poste dalla piattaforma, a partire dal regime dei contratti a termine, sono risolte dal Protocollo presentato dal Governo e la Federmeccanica non intende andare oltre quelle soluzioni. Quindi lo spazio negoziale su questi temi è assai marginale e riguarda solo come integrare il Protocollo del Governo.