domenica 30 settembre 2007
Ideologia del libero mercato e diritto alla salute
Tempo fa un ragazzo di colore morì perchè non aveva curato un ascesso ad un dente.Oggi un dodicenne di Baltimora, Graeme Frost, chiede al suo presidente perchè non vuole finanziare "Schip, che non è un benefattore, ma l'acronimo del programma di assicurazione pubblica statale per minorenni delle famiglie di reddito basso, che gli stati americani finanziano con i fondi ricevuti dal governo federale. Ora il caritatevole "Mister Schip" ha finito i soldi e Washington lo deve rifinanziare (da la Repubblica)".
Nel suo delirio il monarca ha posto il veto a 35 miliardi di dollari di rifinanziamento.
Questo signore incarna l'anima vera del capitalismo liberal, quello per cui i diritti delle persone vengono dopo i principi ed i teoremi economici.
Il business della salute è troppo ricco per poter pensare che sia lasciato spazio ad uno stato in cui l'assistenza sia appannaggio di tutti e sia finanziata da chi più riceve, in termini di ricchezza, da questa società.
E' talmente delirante il principio delle libere forze del mercato, per quanto riguarda la salvaguardia della salute, che:
- si abbassano i parametri di pericolo per la salute come, per esempio, per il colesterolo.
- si protegge la proprietà intellettuale attraverso i brevetti per curare malattie come l'AIDS, impedendo a milioni di persone di avere accesso alle cure non disponendo delle risorse per pagare le cure.
Eppure in tutto questo ci siamo dentro fino al collo.
Per i nostri amici dell'altra sponda la vita delle persone, la sua salute, il diritto alla casa, allo studio, la sua esistenza ordinaria valgono meno dei" 500 miliardi l'anno per le forze armate, 620 miliardi aggiuntivi per la guerra senza fine, e dei tremila miliardi di debito pubblico"
sabato 29 settembre 2007
Giù dallo scranno
Un confronto con qualche vicino:
Francia 8,1
Germania 6,3
Regno unito 3,8
Spagna 2,1
La domanda è: perché?
Qual'è il valore aggiunto che gente del calibro di De Gregorio, Mastella, Polito,Dini, Migliore o Santagata fornisce al nostro paese (per non parlare di Fini o di Casini) ?
Perché dobbiamo consentire che questa gente continui a sedere in parlamento per più di due legislature?
Forse sono stati scelti secondo i criteri di una "candida" democrazia liberale e borghese?
Neanche quello.
Sono pochi 10 anni? Ed allora cosa è stato prodotto in 15 o 20 di permanenza da lor signori?
Rispetto al record, che li riguarda, se misuriamo i numeri che si riferiscono al reddito medio di noi mortali, vs. i nostri concittadini europei, possiamo vedere che la classifica si rovescia in modo speculare.
Sogno un pò di sano giacobinismo. Con un pò di teste, metaforicamente, a ruzzolare dallo scalone da cui domina il loro scranno.
Antipolitica? Direi proprio di si. E senza neanche indagare tanto nel profondo del mio cervello. Non ne ho voglia.
Oggi ho solo voglia di vederli con il culo per terra. Come tanti di noi miseri mortali.
Invidia sociale? No signori. Solo una grande incazzatura.
venerdì 28 settembre 2007
Neoclassici ed economia come formule di equilibrio perfetto
Nel 1870 S.Jevons, L.Walras e M.Enger pubblicano, quasi contemporaneamente, le loro opere.
Gli elementi, fondamentali, delle loro teorie possiamo sintetizzarli nel seguente modo:
1- Postulato dell'individualismo metodologico. secondo questa tesi i meccanismi dell'economia sono analizzabili partendo dall'esame del comportamento del singolo individuo isolato, a prescindere dal concetto di classe sociale o gruppo di appartenenza.
In questo modo nell'analisi si enfatizzano le relazioni individuali (soggettive) a scapito dell'oggetto dell'analisi marxista che focalizza la sua attenzione nell'ambito delle relazioni sociali.
2-Postulato della teoria soggettiva del valore. partendo dal disconoscimento della teoria del valore (in quanto teoria metafisica), si afferma che il prezzo di una merce non ha origine in una sua determinazione oggettiva (quantità di tempo di lavoro in essa incorporato), ma viene fissato soggettivamente, misurando l'ultima quantità margine di bisogno di quella merce espressa dai compratori.
3-Postulato della teoria della distribuzione del reddito nazionale.Il mercato, alla condizione che vi sia concorrenza perfetta, fornisce a ciascuno un compenso che corrisponde al contributo dato alla produzione sociale.la modalità di misura di questo contributo è nella cosiddetta "produttività marginale di ogni risorsa".
Questo tipo di approccio, porta questi teorici a costruire modelli matematici sempre più complessi, la base ideologica che loro forniscono è nella visione di una economia ancorata ad un sistema di armonie, in cui grazie al libero gioco del mercato ogni cosa trova la sua giusta collocazione.
Di fronte alle crisi economiche che si manifestano nell'economia reale, il pensiero neoclassico evolve fino alla definizione del pensiero della scuola monetarista. la spiegazione delle oscillazioni congiunturali, quindi, non risiedono all'interno della contraddizione insita nel processo di accumulazione del capitale (valorizzazione del capitale investito a scapito di quello variabile), ma in una restrizione del credito diffusa in tutto il mondo. Le crisi sono, in questa logica, dei fenomeni di tipo monetario e le modificazioni nell'attività economica hanno come causa i mutamenti nel flusso della moneta. Si tratta quindi di trovare i meccanismi che consentano di stabilizzare questi flussi per far scomparire le fluttuazioni.Il libero gioco delle forze del mercato, trionfalmente, rimetterà tutto in ordine.
Questa gente è propedeutica alla sconcezza del neoliberismo alla Friedman. Un signore incensato per il suo pensiero libero e liberale, morto ultranovantenne dopo aver servito gente del calibro di Pinochet.Uno che vedeva opportunità di business ovunque, guerra,disastri naturali e sconvolgimenti economici. Così come l'evoluzione estrema di queste correnti,che porta a disconoscere la teoria del valore, individua nell'economia globalizzata l'esempio in cui
"L'economia postcapitalista permette alle grandi aziende una maggiore penetrazione e pervasività nel mercato attraverso la globalizzazione, eppure quest'ultima costringe a una estensione della partecipazione che nessuna multinazionale può controllare. Cade l'opposizione fra chi produce e chi consuma, in conclusione, fra offerta e domanda. "
Una riscrittura dei processi insiti nel rapporto capitale lavoro a favore di categorie quali consumatore mercato. Un modo di vedere che indirizza gli interessi verso categorie, queste si metafisiche (consumatori), non più conflittuali sul come e perchè si produce ed in funzione di quale interesse generale, ma conflittuali in una logica di marketing e di competizione aziendale.Non più persone, ma prodotti, servizi e ciclo di vita degli stessi.
Ma di questo ci occuperemo più avanti, dopo aver scritto di Keynes e del suo pensiero.
-continua-
vedi anche:http://www.nipponico.com/dizionario/j/juyoukyoukyuu.php?pag=1
mercoledì 26 settembre 2007
Diritto alla casa prima del diritto di proprietà privata
Al di là di questo, mentre i cani di destra abbaiano furiosi, vogliamo rivendicare il rispetto di quei diritti che vengono prima di proprietà privata e diritto alla ricchezza.
Il diritto a vivere una vita degna. Senza se e senza ma, con tutti gli strumenti che un povero ha per difendersi ed andare avanti.
Non siamo così ingenui da pensare che questa sentenza sia il segnale di un cambiamento. I signori della corte di Cassazione hanno stabilito, solo, di approfondire lo stato d'indigenza prima di fare multe da 600€. C'è qui, in questa sentenza, una prima contraddizione: perché il principio vale solo per la casa popolare? E tutte quelle situazioni in cui si preferisce far dormire sotto i ponti le persone, per salvaguardare il diritto a tenere sfitto un alloggio, solo perchè non ti pagano fino a strozzarsi?
E' il mercato si dirà. No non è il mercato siamo noi. Non è una roba astratta e priva di guida. Siamo noi. E allora se siamo noi cosa vale di più? La vita di quella persona, la possibilità di vivere in modo decente ed accettabile o quattro muri vuoti senza anima e respiro?
E se vale il primo principio come regola, non astratta, che mette in fila il resto è ora di provare a recuperare un pò di sostanza nei valori della così detta sinistra.
Sentenza per poveri
In pratica non c'è reato se chi occupa una casa (popolare in quel caso) è in stato di reale indigenza.
Voglio vedere i moderni sceriffi di sinistra cosa diranno, e cosa diranno quelli per cui la proprietà privata è da difendere anche con il filo spinato?
Lo sapevo di essere in linea con la suprema corte quando ero giovane e facevo queste cose.
Mi auguro in una riabilitazione dell'esproprio proletario.Anche perché i comandanti del vapore rubano a prescindere dallo stato di necessità.
martedì 25 settembre 2007
Dimensione del precariato
Con il termine precariato si intende, generalmente, la condizione di quelle persone che vivono, involontariamente, in una situazione lavorativa che rileva, contemporaneamente, due fattori di insicurezza: mancanza di continuità nella partecipazione al mercato del lavoro e mancanza di un reddito adeguato su cui poter contare per pianificare la propria vita presente e futura; con questo termine si intende fare altresì riferimento al fenomeno degenerativo dei contratti c.d. flessibili (part-time, contratti a termine, lavoro para subordinato), rilevando tuttavia che flessibilità e precariato sono due fenomeni indirettamente correlati, ma non sovrapponibili e assimilabili, e al cosiddetto lavoro nero.
Se vogliamo individuare l'area di lavoro in cui flessibilità si coniuga con precariato, l'indagine dovrebbe sommare i dati relativi a :
-contratti a tempo determinato
-lavoratori occasionali
-area del lavoro nero
-lavoratori attivi presenti nella gestione separata INPS
Periodi di inattività

Contratti a termine
Nell'ultima rilevazione trimestrale dell'Istat viene indicato il numero di quanti usufruiscono di contratti a termine.Su un totale di 17,milioni 155 mila lavoratori dipendenti, 2 milioni 305 mila hanno contratto a termine (13,43% dei dipendenti). Rispetto a questo andamento si evidenzia l'aumento del numero dei lavoratori inattivi (+260.000 unità).Sempre l'Istat nel 2005 su un totale di 16.719.000 dipendenti calcolava in 2.122.000 il numero dei lavoratori a termine (12,6% sul totale dipendenti). Non c'è male come accelerazione, con buona pace delle tesi "dell'ottimo prof.Ichino".
Collaborazioni e gestione separata INPS
Nel 2003 l'INPS dichiarò un numero di 1milione 700mila posizioni attive relative alla gestione separata (56,4% del totale iscritti).Questi numeri furono diffusi in occasione della elezione di rinnovo del comitato di gestione.Nel 2004 è stata di 170.000 unità l'incremento per questa voce.Tolti 232 mila professionisti (amministratori etc.) e collaboratori con altri redditi (360 mila) il numero dei collaboratori attivi senza altri redditi era di 1.046.000 unità. Il reddito medio stimato dall'Ires Eurispes era di 12.500 € lordi all'anno.
Nel 2004, 400 mila associati in partecipazione confluirono nella gestione separata.
Prestazioni occasionali
L'Istat ha stimato in 110.000 le unità interessate a questa tipologia di contratto
Contratti di somministrazione
A fronte di un dato Istat di 150 mila soggetti interessati, nel 2004, le associazioni di categoria del lavoro interinale (APLA,Confiterim,Ailt) diffusero i seguenti dati:
a fronte di 1 milione 116 mila missioni, ci sono stati 502 mila lavoratori interessati dei quali 300 mila con contratti superiiori ad 1 mese di attività.
Come si può capire dai dati, il fenomeno della precarietà ha una dimensione notevole nella nostra economia.Partendo da questi numeri, riesce difficile immaginare che le ulteriori proposte in materia, tendano a precarizzare ulteriormente l'offerta di lavoro. Ci riferiamo alle ultime sortite del senatore Treu che, per fare un favore alle nuove leve, non trova di meglio che proporre un periodo di prova di tre anni con l'obiettivo di rendere inapplicabile, per quel periodo, l'articolo 18 a quanti hanno la fortuna di entrare in aziende con più di 15 dipendenti.
In un panorama del genere l'obiettivo vero di politiche di questo tipo è:
-l'ulteriore compressione dei redditi da lavoro, nella logica di un ulteriore sottrazione di plusvalore da destinare alla valorizzazione del capitale investito e della rendita finanziaria
-l'ampliamento di quella fascia di lavoro senza diritti, in balia semplicemente del ciclo del mercato
La prospettiva per il sindacato è la riduzione della propria funzione alla gestione di fette di potere (consigli di amministrazione fondi, Inps etc.)con l'intervento su temi relativi ai massimi sistemi ma poco funzionali agli interessi di classe. Una cinghia di trasmissione sempre più efficiente e partecipativa del comando del capitale.
Tutto questo inserito in un quadro economico in cui non si vedono grandi trasformazioni della sua struttura produttiva in grado, attraverso la focalizzazione su aree di business ad alto valore aggiunto, di creare un'offerta più elevata dal punto di vista qualitativo ed in grado di corrispondere, anche a fronte di flessibilità, salari in grado di fornire una base solida su cui poter contare nei periodi di inattività.
La prospettiva per i lavoratori italiani è quella di dover continuare a convivere con un sistema in cui si paga poco il lavoro perchè è relativamente povero il valore aggiunto prodotto, l'offerta è data da un sistema che vede crescere i comparti dei servizi (disribuzione, fast food etc.) in cui di più si concentrano le esigenze di flessibilità a fronte di una qualità di lavoro scadente.
In questo contesto la politica attuale, ed i rappresentanti dei poteri economici, non sembrano in grado di proporre un progetto ed una strategia al paese in grado di portarlo fuori da questo contesto. Si chiede forse troppo ad una classe di persone interessata più a capitalizzare i vantaggi del proprio status. Sarà per questo che pensiamo che il tavolo a cui siedono bisogna rovesciarlo.
lunedì 24 settembre 2007
L'antipolitica, critica al conformismo
| Questo articolo tratta di Grillo e di antipolitica, l'ho preso dal sito della Stampa. Coglie alcuni elementi della questione "Grillo" che vengono sottovalutati dalla pletora di commentatori che fanno la morale al suo modo di porsi. Non mi nascondo che la "qualità" dell'uomo non è quella che uno come me pensa debba esserci in un "agitatore di popolo".Rimane il fatto che il nostro fa delle domande e pone delle questioni che la politica evita accuratamente. Penso che l'elemento critico nel fenomeno Grillo risieda nel non coraggio di andare fino in fondo alla critica alla "società" traendone delle conseguenze da agitatore. Ieri Cloro ha espresso molto bene questo concetto, http://www.cloroalclero.com/?p=97. Per rimanere ad una lettura "borghese" e composta di quello che accade. mi fa sorridere parlare di qualunquismo e populismo in un momento in cui raccogliamo quello che si è seminato per anni: -la fine delle ideologie -l'omologazione al sistema di relazioni dominante -il passare da una parte all'altra senza problemi di sorta -la totale assenza di segni distintivi tra una proposta politica e l'altra -il conformismo in materia di diritti ed il perbenismo imperante -il frazionamento delle istanze collettive della società per ricondurle a rapporti individuali -il pensare solo a se stessi -la mancanza di etica nei rapporti e l'idolatria del superfluo -la rendita di posizione di una casta dominante e l'immobilismo sociale Insomma un contenitore vuoto di cose . BARBARA SPINELLI | |
| Forse la cosa più intelligente su Beppe Grillo l’ha detta Raffaele Bonanni, segretario generale della Cisl, lunedì in un incontro televisivo con Romano Prodi. La sua idea è che «finché ci saranno molti politici che vogliono fare a tutti i costi i piacioni, divenendo un po’ comici, è chiaro che i comici tenderanno a far politica». Il che è poi simile a quello che disse un giorno nel 2001 il giornalista-investigatore Travaglio, quando la trasmissione Satyricon parlò di un’ultima intervista di Borsellino girata per Rai News 24 e contenente precisi accenni ai legami tra Berlusconi, Dell’Utri e il mafioso Mangano, stalliere di Berlusconi che i telegiornali Rai ignoravano da mesi: «La Rai invita giornalisti che non parlano così Travaglio dunque è naturale che le domande di politica le facciano i comici satirici». A quell’epoca fu il comico Luttazzi a rompere il silenzio, e subito fu allontanato dalla Rai. Adesso allontanare Grillo non si può, perché tante cose son cambiate intorno a noi. Né la politica né le televisioni né i giornali hanno il potere di estromettere il nuovo mondo della comunicazione e della denuncia che si chiama blogosfera e che include siti come quello di Grillo o di YouTube. Qui è una delle novità che si accampano davanti ai poteri costituiti, non solo politici ma anche giornalistici: la blogosfera, i movimenti alla Grillo, i giovani diffidenti che firmano proposte di legge perché sono abituati a rispondere a sondaggi-votazioni su Internet sono nuovi poteri che fanno apparizione in una democrazia non più veramente rappresentativa, né veramente rappresentata. Politici e giornalisti ne discutono animosamente ma non sembrano comprendere tali fenomeni, e di conseguenza ne sottovalutano la forza. Più precisamente, non vedono i tre ingredienti che hanno dato fiato e potenza al fenomeno Grillo. Primo ingrediente, la complicità che lega il giornalista classico al politico, e che ha chiuso ambedue in una sorta di recinto inaccessibile: il giornalista parla al politico e per il politico, il politico parla al giornalista di se stesso e per se stesso, e nessuno parla della società, che ha l’impressione di non aver più rappresentanti. Secondo ingrediente: l’esclusione da tale recinto dell’informazione alternativa che sempre più possente cresce attorno a esso e non è più emarginabile. Oggi essa disvela e denuncia le complicità esistenti, non solo in Italia ma in molte democrazie. Terzo ingrediente: la domanda di politica e non di anti-politica che emana da blog e movimenti alternativi. Pochi sembrano capire che Grillo in realtà denuncia l’anti-politica, e non la politica. Pochi sembrano capire che egli invoca la politica. Forse non lo capisce nemmeno lui. Uno dei motivi per cui si discute senza guardare in faccia questi tre elementi è la cecità peculiare dei giornali dell’establishment (i giornali mainstream). Essi vengono processati allo stesso modo in cui sono processati politici e partiti. È sotto processo la loro complicità con i politici, ed è questo nesso che si tende a occultare: il nesso fra marasma della politica e marasma della stampa. Il fenomeno ha cominciato ad amplificarsi in America, tra l’11 settembre 2001 e la guerra in Iraq: fu la blogosfera a raccogliere i documenti che certificavano l’enorme imbroglio concernente le armi di distruzione di massa e i legami di Saddam con Al Qaeda. La menzogna del potere politico fu accettata da giornali indipendenti come il New York Times, che nel frattempo ha chiesto scusa ai lettori perché di copie ne perse molte. Fu quella l’ora in cui l’antipolitica dei blog divenne politica: quando la politica degenerò in antipolitica e fallì, cavalcando sondaggi e paure. Non serve molto dunque cercar paragoni, evocare l’Uomo Qualunque. La figura del buffone che dice la verità senza esser creduto perché appunto considerato buffone è già nell’Aut-Aut di Kierkegaard. «Accadde, in un teatro, che le quinte presero fuoco. Il Buffone uscì per avvisare il pubblico. Credettero che fosse uno scherzo e applaudirono; egli ripetè l’avviso: la gente esultò ancora di più. Così mi figuro che il mondo perirà fra l’esultanza generale degli spiritosi, che crederanno si tratti di uno scherzo». Quel che Grillo dice non è uno scherzo, perché con toni buffoneschi è proprio l’incendio dell’anti-politica che denuncia: l’incendio delle cose dette e non fatte, l’incendio del politico che pretende governare e in realtà s’azzuffa con l’alleato ed è in permanente campagna elettorale, l’incendio di una stampa che non indaga né spiega ma fa politica in prima persona, creando o disfacendo governi con sicumera senza precedenti. Né ha torto quando aggiunge: l’anti-politica non sono io, ma è al potere. È a quest’accusa che urge rispondere, non limitandosi a dire al comico: mettiti in politica anche tu, e vedrai come diverrai simile a noi. Difficile che Grillo imbocchi questa via. La sua è piuttosto contro-politica o, come spiega lo studioso Rosanvallon, democrazia negativa: è l’ambizione a rappresentare nuovi poteri di controllo, di vigilanza e denuncia che s’aggiungono alla democrazia rappresentativa e che riempiono il vuoto di partecipazione creatosi fra un’elezione e l’altra (Pierre Rosanvallon, La contro-Democrazia, Parigi 2006). Questo significa che l’antipolitica nasce prima di Grillo, e non a causa di Mani Pulite ma perché Mani Pulite non è riuscita a eliminare immoralità e cinismi ma li ha anzi dilatati. Il male dell’anti-politica è cominciato con la Lega, per culminare nell’ascesa di Berlusconi e nel patto d’oblio che egli strinse con parte dell’ex-Dc, dell’ex-Psi, dell’ex-Pri (oltre che con la sinistra nella Bicamerale). È un male che ha contaminato parte della stampa e televisione: da anni quest’ultima dedica dibattiti sul pigiama della Franzoni, e mai ne dedica uno sulle carte scomparse dopo gli assassinii di Falcone e Borsellino. Il male è la carriera politica di un magnate televisivo alla cui origine sono denari di misteriosa provenienza, sono le leggi ad personam fatte approvare quando il magnate ha governato, ed è l’omertà su tutto ciò. La sua certezza di non esser colpito dal grillismo è lungi dall’esser fondata. Per questo impressiona l’indignazione che d’un tratto Grillo suscita in molti politici e giornalisti, come se nulla prima di lui fosse accaduto (un’eccezione è Eugenio Scalfari, che critica Grillo senza mai sottovalutare il pericolo Berlusconi). Si dice che alla diffidenza che dilaga si deve replicare con politiche bipartisan su quasi tutte le riforme, senza capire che gli entusiasti di Grillo non chiedono la fine dell’alternanza ma politiche che trasformino le alternanze in alternative. Degli errori fatti a sinistra si parla molto, e non stupisce: perché tanti fedeli del sito Grillo vengono da quel campo, e perché la sinistra si è fatta dettare l’agenda da Berlusconi anche dopo la vittoria del 2006. Una porzione notevole del proprio tempo la passa mimetizzandosi con la destra su tasse, lavavetri, tolleranza zero, e anch’essa è in permanente campagna elettorale, imitando il leader dell’opposizione. Anche Veltroni sembra impegnato nella conquista della presidenza del Consiglio, più che d’un partito. Se ci son colpe a sinistra è di non aver denunciato quest’antipolitica nata ai vertici della politica ben prima di Grillo, non di averla troppo denunciata. Quel che la sinistra ha mancato di fare è rispondere a domande che riguardano legalità, moralità, giustizia. Altro che «blandire e coccolare il moralismo legalitario», come scrive Angelo Panebianco sul Corriere della Sera di ieri. Per la terza volta Berlusconi sta per tornare al governo (il potere ce l’ha ancora) e per la terza volta la sinistra sta perdendo l’occasione di varare una legge sul conflitto d’interessi. Naturalmente tutte le ansie di redenzione hanno un lato oscuro, politico-religioso. E la contro-politica può diventare simile all’anti-politica che denuncia. Può generare populismo, e fantasticare un Popolo compatto, non più diviso in parti (dunque in partiti). Può mettere tutti sullo stesso piano: mafia, gravi corruzioni, e Burlando che evita la multa mostrando il tesserino di parlamentare. Ma questa è l’elettricità della denuncia, come si diceva all’inizio della Rivoluzione francese quando Marat costruì il suo sito di denuncia e sorveglianza: allora era un giornale, si chiamava L’amico del popolo. È un’elettricità rischiosa, che può spingere il cittadino a farsi delatore. Ed è elettricità che comporta grida, insulti pesanti. Quel che mi piace di meno in Grillo è il suo urlare, che per forza genera tali insulti. L’urlo perfino quello dipinto da Munch è qualcosa che non dà forza al pensiero. Tucholsky fu trattato come un buffone dai benpensanti della repubblica di Weimar, quando fin dal 1931 scrisse che quel che più l’indisponeva in Hitler era il suo urlare. Fu trattato come un buffone anche lui, nonostante avesse visto bene l’incendio, e tanti spiritosi credettero si trattasse di uno scherzo. Grillo ha più risorse di lui. Urlare sempre non gli serve. | |
domenica 23 settembre 2007
Numeri maliziosi sul fenomeno del precariato

Questa una parte degli argomenti che ha utilizzato:
"I dati Istat riportati qui sopra dicono due cose. La prima è che il forte aumento dell'occupazione complessiva in Italia ha avuto inizio nel 1998, ha raggiunto la sua punta massima del +2,6% nel 2001 ed è poi proseguito dal 2002 al 2005 in modo assai meno marcato; se bastasse (ma non basta) la coincidenza temporale per individuare gli effetti prodotti dalle leggi sull'occupazione, il merito di quell'aumento parrebbe dover essere attribuito al «pacchetto Treu» del 1997 più che alla legge Biagi del 2003. La seconda cosa che si trae da quei dati è che la quota dei contratti a termine rispetto al totale dell'occupazione è aumentata – dal 10 al 13% circa - nel corso degli anni '90, ma non nel corso dell'ultima legislatura: la riforma del 2001, varata in accordo con Cisl e Uil e respinta dalla Cgil, non ha prodotto per nulla gli effetti di liberalizzazione dei contratti a termine preconizzati allora dal governo Berlusconi e paventati dagli oppositori."
La parte che manca al ragionamento del professore è:
1- la correlazione dell'impatto dei dati sulla precarietà con il ciclo economico di questi anni.
2- l'individuazione dell'errore statistico che compare nel prospetto e che vizia un pò il suo ragionamento
Forse qualche osservazione più pertinente potrebbe essere fatta in funzione dell'utilizzo di contratti che concedono margini di flessibilità al sistema economico, l'andamento del pil nei vari anni e l'utilizzo del lavoro precario nei vari settori in relazione al loro trend ed andamento.
Come tutte le leggi che tendono a rendere meno rigido il sistema produttivo, queste vengono utilizzate in relazione a come i singoli business si muovono nell'anno.
Quello che possiamo constatare è un accentuato utilizzo dei contratti "Treu" dal 1997 al 2000 e il dispiegamento dei primi effetti della legge 30 a partire dal 2005 (lo 0,8 è un errore).
In modo malizioso possiamo constatare risultati altalenanti (sul fronte della crescita del lavoro precario) dal 2001 al 2004 , periodo questo che è stato critico per il nostro paese (PIL) ma non per il resto del mondo nella stessa misura.
Utilizzando un paradosso possiamo concludere che le leggi che precarizzano l'occupazione,da questo punto di vista, sono molto ben funzionali ai cicli economici ma non ai lavoratori. In sintesi si producono più precari che, in quanto tali, non è detto che vengano assunti a prescindere dall'economia reale.
Gli ultimi dati Istat sull'ultimo trimestre indicano che la tendenza a più precariato "attivo" si è consolidata ed è in crescita.
sabato 22 settembre 2007
Struttura produttiva e classi sociali
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Su questi argomenti sentiamo tutto ed il contrario di tutto.
E' un fatto che, a livello internazionale, si intensificano quei processi (in particolar modo nei settori strategici di dominio)di aggregazione che fanno della grande impresa il nodo centrale del modo in cui si organizza l'intera filiera dell'apparato produttivo.In questo scenario l'Italia evidenzia alcune arretratezze di carattere storico manifestando una realtà fatta da una nebulosa di piccole e medie aziende che fanno fatica a stare sul mercato e reggere la competizione a livello internazionale.
L'origine di questo elemento lo possiamo ritrovare nella evoluzione dell'apparato produttivo dal primo dopo guerra ad oggi.
Per avere un'idea della capacità produttiva del paese all'epoca in confronto a quella della Germania, possiamo fissarla a 10% rispetto ai tedeschi.
Gli investimenti americani, permisero alla RFT uno sviluppo economico rapidissimo. tanto per avere un'idea le quote di mercato tedesche nel 55/56 nella chimica organica a fronte del nostro 3,24% erano del 28,17%, negli strumenti di precisione rispettivamente del 36,77% contro il nostro 2,03%, macchine elettriche 19,14% contro il 1,69%.
E' indubbio che il capitale investito in Germania ebbe l'obiettivo di rimettere in moto un tessuto industriale già esistente a fronte di una realtà italiana in cui si dovette partire dal livello più basso: artigianato, piccola impresa ed agricoltura.
Questo sviluppo tardivo ha sicuramente determinato le condizioni per una polverizzazione dell'apparato produttivo ed un suo sviluppo piuttosto limitato.
La nostra lentezza e la struttura dei settori che compongono l'apparato produttivo italiano dipendono anche dalla divisione internazionale del lavoro che il capitale ha prodotto. E' evidente che la spinta al rinnovamento tecnologico ed alla crescita degli impianti (composizione tecnica ed organica del capitale) è ben diversa per chi produce scarpe, tessuti ed elettrodomestici e per chi opera in settore come strumenti di precisione, elettronica o acciai speciali.
Si può dire che l'industrializzazione del nostro paese è stata una "industrializzazione rachitica".Non è stata abbastanza prolungata nel tempo da permettere la costruzione di un tessuto industriale integrato, ma ha conservato una polarizzazione simile a 40 anni fa, con la grande industria concentrata a livelli europei e la piccola e la piccolissima estremamente polverizzata che fatica a coagularsi in medie imprese.
L'opinione he abbiamo è che questa situazione vada a collocarsi nella collocazione subalterna dell'economia italiana all'interno della divisione capitalista internazionale del lavoro.
In questo contesto le uniche aziende manifatturiere di un certo peso rimangono, Fiat, Pirelli ed il gruppo Finmeccanica.Se guardiamo alla capitalizzazione, cioè al valore di borsa delle aziende, ci sono solo 10 aziende italiane tra le prime 500 del mondo (classifica Forbes 2005). Di queste la maggior parte fa parte di aziende del settore finanziario (banche/assicurazioni), servizi (telefonia),energia.
Nelle prime 500 aziende per fatturato nel mondo, l'unica azienda manifatturiera di un certo peso rimane la Fiat.Da notare che le prime 10 aziende dell'elenco appartengono ai settori dell'automotive e del petrolio.
Le tabelle pubblicate dall'istat fotografano una situazione del tipo di azienda dal punto di vista del n° di addetti che è il seguente:
fatta base 100 delle aziende attive
- Il 58,5 ha 1 addetto ed occupa il 15,2% dei lavoratori
- il 36,5 ha da 2 a 9 addetti ed occupa il 31,7% dei lavoratori
- il 3,2% ha da 10 a 19 addetti ed occupa l'11% dei lavoratori
- il 1,3% ha da 20 a 49 addetti ed occupa il 9,7% dei lavoratori
- lo 0,5% ha da 50 a 249 addetti ed occupa il 12,5% dei lavoratori
- lo 0,1% ha più di 250 addetti ed occupa il 19,9% degli addetti
525 mila imprese sono industria in senso stretto
585 mila imprese di costruzioni
1 milione 500 mila commercio ed alberghi
1 milione 700 mila altri servizi
I primi due settori per fatturato sono :
-metalmeccanico
-alimentare
In questo contesto emergono alcune considerazioni di ordine generale:
-la polverizzazione delle aziende ed il numero di addetti per azienda correlato alle leggi che hanno ulteriormente indebolito sul fronte dei diritti il mondo del lavoro, vanno nella direzione di un accentua mento del tasso di sfruttamento della manodopera e della crescita dei rischi per la salute e la sicurezza dei lavoratori. Osservazione questa confortata dai dati sugli infortuni e gli incidenti mortali che, a fronte di un ridimensionamento del fenomeno in termini generali, vede una crescita significativa ed in controtendenza su due categorie :
- -lavoratori precari in genere
- -lavoratori extracomunitari
Sul fronte del salario, un mondo produttivo fatto da piccole aziende offre il fianco ad uno sfruttamento illegale della manodopera (lavoro nero) ed un freno alla crescita dei redditi dei lavoratori.
Se questo è accompagnato dalla intensificazione del ricorso di contratti a termine sia per le grandi aziende che per le aziende pubbliche e dello stato, il quadro di quella che è la situazione in termini di potere negoziale dei lavoratori dimostra una loro debolezza strutturale nelle relazioni con la controparte.
Di fronte a questa realtà la direzione da percorrere dovrebbe essere, guardando agli interessi del mondo del lavoro, il contrario di quello che le organizzazioni sindacali vogliono proporre.
In particolare la strategia dovrebbe convergere sulla necessità di non fornire ulteriori strumenti di disgregazione di quello che è il mondo del lavoro e della coscienza delle persone.Gli interessi da salvaguardare sono trasversali ai vari settori di appartenenza ed alle varie realtà, in particolare sul fronte della lotta al precariato maggiore dovrebbe essere la pressione nei confronti del governo.
Partendo da queste prime considerazioni cercheremo di indagare sul fronte dell'offerta quella che è la qualità del lavoro che oggi è presente da noi. In funzione anche di quella che è la parola d'ordine che , sia dal fronte politico che industriale, arriva: riconvertire l'apparato produttivo per produrre una offerta di lavoro più qualificata. Sarà vero?
venerdì 21 settembre 2007
I tre periodi dell'economia volgare prima della sintesi dei neoclassici
In questa parte arriveremo, in modo sintetico, fino al 1870
E' il momento in cui si fa strada l'esigenza di abbandonare la strada dell'analisi scientifica del modo di produzione capitalista, definendo contenuti che ne abbelliscano la sostanza e che ne facciano l'apologia.
Viene abbandonata la distinzione tra "lavoro produttivo" ed "improduttivo" e viene concepito il pensiero che "ogni lavoro è ugualmente produttivo"
E' l'espressione teorica della borghesia vittoriana dell'epoca.
In questo contesto i discepoli di Ricardo si dividono in una destra ed una sinistra.
I rappresentanti di questa seconda corrente (Thompson, Percy,Rovenstone,Hodgskin)traggono conseguenze e rivendicazioni egualitarie dalla teooria Di Riccardo del valore -lavoro, risolvendo il problema dell'origine del profitto in termini di "furto del lavoro altrui".
Quello che emerge è una prima rivendicazione della "riappropriazione del profitto", in quanto il capitalista non paga il giusto prezzo del lavoro", limitandone però l'impatto ad una semplice richiesta di "equa distribuzione del reddito" e non nell'abolizione della produzione basata sul valore di scambio.
La destra dei Ricardiani (Halmers, Say, Malthus) abbandona la teoria classica del valore-lavoro e, con una serie di modificazioni, la trasforma in una "teoria dei costi di produzione" in cui il ruolo specifico del lavoro, in quanto creatore del valore, viene definitivamente cancellato.
2- periodo 1830-1840
Questo periodo è successivo alla "rivoluzione di luglio" in cui in Francia " fu instaurato un regime che, per quanto censitario, assumeva una precisa fisionomia parlamentare, offrendo un'adeguata rappresentanza all'alta borghesia degli affari e della finanza".
In questa situazione si manifestano le contraddizioni di classe tipiche del capitalismo. Gli economisti si preoccupano di cancellare gli ultimi residui originari della teoria del valore-lavoro. Le contraddizioni del capitalismo vengono negate e scompaiono completamente dalla teoria economica.
Bastiat rappresenta l'economista più illustre di quel periodo. Per lui il capitalismo rappresenta un "sistema di armonie", il migliore dei mondi possibili.
3- periodo 1848-1870
E' il periodo dei contrasti di classe che si sviluppano pienamente. le teorie economiche scientifiche vengono abbandonate e sostituite o dalla semplice descrizione storica dei fenomeni o degradata a teoria fittizia in cui si abbandona completamente il terreno della realtà oggettiva, per rifugiarsi nelle regioni della psicologia( primi accenni alla "teoria soggettiva del valore").
I massimi teorici del periodo, Senior e Gossen, sostengono che il lavoro è un sacrificio psichico; se il salrio è la ricompensa per la fatica del lavoro, l'interesse sul capitale è la ricompensa per il sacrificio soggettivo del risparmio, la rinuncia al consumo immediato del capitale.
Due classi di individui che soffrono in modo diverso: i primi lavorando, i secondi risparmiando.
giovedì 20 settembre 2007
Polito e La Torre, precari e statali
Tra i rispettabili segnalo l'ex direttore del riformista Polito, anche lui moralista accanito e censore dei fannulloni come Ichino.Vogliamo ricordare costui per l'abilità con cui si è fatto fare un giornale (che non legge nessuno), se lo è fatto finanziare (compreso il suo stipendio) dallo stato ed ha occupato tutti gli interstizi delle trasmissioni, in cui in qualche modo si parlava di politica, come autorevole commentatore.Dopo aver dispensato saggezze è passato alla carriera parlamentare, tanto per non farsi mancare nulla, grazie ad una legge che ha impedito agli elettori di scegliersi con attenzione i rappresentanti.
Costui insieme a La Torre dei DS (proprio quello delle intercettazioni) parlava di pensioni e precari.
Di fronte all'obiezione che "non si capisce come si possa chiedere la fuoriuscita di gente, incentivandola e contemporaneamente appoggiare una riforma delle pensione che aumenta l'età lavorativa", hanno risposto con due argomenti degni di analisi ed approfondimento.
Tesi Polito:
In questo modo si libera l'amministrazione statale dai lavoratori fannulloni e si ringiovanisce la macchina burocratica. In sostanza, per il genio, si premia (con una buona uscita)gente che a suo dire non ha fatto un cazzo per una vita e si fa entrare qualche giovanotto di belle speranze.Della serie inauguriamo il condono del fannullone.
Tesi Latorre:
In questo modo si libera la macchina dello stato da gente che ha oltre 50 anni, non parla una parola d'inglese (immagino che il suo sia come quello di Rutelli o Fassino),non è flessibile ed abituata alle nuove tecnologie e si fa entrare un pò di gente che ha studiato per una vita e che ha diritto ad un lavoro dignitoso.
In pratica, oltre i 50 anni sei uno che non può più dare nulla alla società per i motivi esposti dall'onorevole ed è meglio che ti togli dai coglioni. Come fare a lavorare per avere i contributi che ti mancheranno alla pensione non sono cazzi dello stato, che alla fine avrà un bel bilancio in attivo e tanta gente in fila alla mensa dei poveri.E' nota, tra l'altro, la qualità degli skills necessari per stare dietro uno sportello delle poste a far pagare bollettini, e la fila di anglofoni che chiedono notizie sullo stile delle architetture che compongono il patrimonio immobiliare in cui sono ospitati i dipendenti statali.
Poiché anche i signori industriali ragionano allo stesso modo vedo delle prospettive rosee per il nostro beneamato paese.
mercoledì 19 settembre 2007
Teorie eonomiche e Marxismo-Economia classica-
Economia classica ,
tra gli economisti di questa corrente troviamo l'espressione teorica del capitalismo in ascesa (Petty,Hume, Smith,Riccardo).
L'opera di questi signori è rivolta principalmente contro i rappresentanti della vecchia società, contro i percettori delle rendite fondiarie e contro gli usurai di vecchio stampo.
In quanto rappresentanti di una "classe" emergente ed a suo modo "rivoluzionaria", hanno la tendenza ad esplorare la realtà economica con la visione di rappresentanti di una "classe" ed interessati all'economia nella sua oggettività (necessità di comprendere le tendenze e lo sviluppo).
L'aspetto teorico più interessante è quello che riguarda la legge del valore-lavoro (Ricardo).
Analizzando mercato e prezzi si scopre il "valore di scambio", quindi il "lavoro come produttore di valore di scambio" ed infine il "plusvalore-profitto".
Per costoro il modo di produzione capitalista non è storicamente determinato ma assoluto ed in quanto tale rappresenta l'evoluzione ultima e definitiva dei precedenti modi di produzione.
Essendo i rappresentanti di una classe emergente, a costoro manca la possibilità e la capacità di portare fino in fondo la loro analisi.Il punto di debolezza consiste nel non individuare nel processo di produzione capitalista una unità contraddittoria tra valore di scambio e valore d'uso, cioè la produzione di valori d'uso in forme di valori di scambio.In questo modo manca la possibilità di spiegare la produzione del plusvalore-profitto in base alla legge del valore-lavoro. Se il capitalista paga l'operaio il valore del lavoro, come fa a prodursi un valore in più, un plusvalore?
-continua-
martedì 18 settembre 2007
Socrate, Aristofane, Prodi e la politica
E' un pò di tempo che uno dei modi usati per tentare di arginare il "grillismo" è quello di alzare "impropriamente" la statura di tanti nostri politici.Un pò come faceva il Berlusconi quando, dotato di zeppe sotto i tacchi, tenntava così di ottenere pari dignità con i suoi colleghi stranieri.
Dire che se si segue Grillo molta gente, della staura di un Einaudi o di un Togliatti o De Gasperi, non avrebbe potuto esercitare perchè impediti da una legge che dovrebbe limitare il numero dei mandati a due, è un argomento che rischia di ritorcersi contro di fronte a quella che è la realtà di "oggi" di questa classe politica.
La Stampa sabauda, a pagina 5, ci narra di tal onorevole Margotta (margherita) che colto dalla polizia a sfrecciare con autista a velocità elevata, non solo non si è fermato allo stop intimatogli ma ha telefonato alla moglie (Luisa, nome proprio di persona da cui la Luisona pasta nota ai cultori di Benni) solerte poliziotta per spiegarle la situazione. Per spirito di solidarietà, la Luisa chiama il suo collega Alessandro della polizia stradale di Fiano.Da lui arrivano i suggerimenti giusti "Per evitare guai, basta mettere i motivi i motivi istituzionali per i quali la vettura viaggiava a 160 km/h contro gli 80 previsti. Il tutto naturalmente su carta intestata del Senato o della Camera."
Questa deve essere una procedura standard per l'onorevole in questione considerato che, scrive il giornalista,era la seconda volta in tre settimane che la cosa accadeva.Lo stesso onorevole la cronaca lo segnala come interessato a capire i motivi del sequestro di alcuni immobili, effettuati dalla GdF a Bruxelles ai danni di alcuni imprenditori potentini.
Ora le domande sono molto semplici:"Ma credete veramente di potervi paragonare a Togliatti o De Gasperi? Passereste del tempo in galera come Pertini o Gramsci pur di difendere le vostre convinzioni (lo immaginate Mastella?)? Pensate veramente di lasciare traccia nella nostra vita come quei filosofi di cui studiammo, a scuola, il pensiero?
Signor presidente, non crede molto più onesto dire" Italiani, siamo una banda di cazzoni sbandati, viviamo dentro una torre di cristallo, vi vediamo dall'alto e distanti, non sentiamo e ci riesce difficile avere il senso della realtà e del ridicolo. Sopportateci, per favore teniamo famiglia"
lunedì 17 settembre 2007
Capitalismo ed esegeti
Le previsioni sulla crescita oscillano tra il 2%, l'1,9 e l,8.
Prodi dice che bisogna attendere i dati.
E' la dimostrazione che l'economia è una scienza fatta da se e da ma, da sistemi di calcoli complessi e montagne di logaritmi che aumentano gli indici e la confusione. Intorno a questa Babele hanno costruito un dogma "quello del mercato" che, a sentire i suoi esegeti più estremi, troverà un equilibrio sempre, a prescindere dagli interventi che si vogliono fare. Anzi, meglio lasciare che il mercato sfoghi "naturalmente" i suoi eccessi per non turbare il suo andamento naturale.
Se non fosse che a quelle oscillazioni sono legate le condizioni di vita di milioni di persone, avrebbero ragione loro. Cosa c'è di più bello che non ammirare l'evoluzione di un sistema di forze magmatico.
Da quando i mercati, quello dell'economia reale e quello della finanza, si rincorrono l'un l'altro diventa sempre più difficile capire il nesso tra naturalezza del fenomeno ed artificio.
Devono aver pensato questo i correntisti di quella banca inglese in fila a riprendersi i quattrini.Il paradosso di questa situazione è che se facessimo tutti così, quel feticcio incredibile, che è quelle misura con cui qualcuno misura il successo, non avrebbe più un senso ed alcun valore.Sai che big- bang in quel caso.
La medicina che ci vogliono far digerire, in questa epoca di pensiero debole, è quella che Marx aveva detto alcune cose esatte ma mancato in modo paradossale la conclusione giusta. Più mercato.
Invece di immaginare un modello diverso avrebbe dovuto concludere la sua ricerca in modo opposto. Così come tutto il pensiero marxista che si è speso nella critica del sistema e che,in parte, non vede come evolve il mercato, le sue forze, il miglioramento delle condizioni economiche "dei proletari", la loro sparizione e la nascita di nuove classi.
Più mercato.
La prima obiezione sarebbe quella di cercare di capire se loro lo hanno studiato o letto qualche testo di Marx e sapere se, nel caso, hanno prodotto una qualche corrente di pensiero che ne illustra la sua evoluzione adattandola ai giorni nostri.
Quello che non si adatta ai nostri giorni è il capitalismo predone. Quello che esso è.Quando la rivoluzione industriale si sviluppò in Inghilterra (metà 700), il sistema poteva contare su un sistema triangolare fatto da colonie che fornivano materia prima estratta da schiavi locali o importati dall'Africa, una trasformazione in prodotti nella più sviluppata Inghilterra.
Certo il Pil si sviluppava ma quei costi gli esegeti continuano a dimenticarli.
Non deve essere un gran bel sistema quello del libero mercato se i suoi riferimenti storici sono questi.L'abitudine ad uno sviluppo in cui domina il più forte, in cui la sua prosperità la paga qualcun altro in una lotta tra forze impari.Niente di nuovo si dirà nel corso degli eventi.
Se così è si presuppone la capacità di accettare per intero il concetto di forza, il fatto che questa possa svilupparne di altrettanta e contraria. Se così è si può immaginare di dover accettare il fatto di dover soccombere un giorno.Senza retorica e falsi moralismi.
Certo c'è stato lo sviluppo delle democrazie e le cose in parte sono cambiate. Ma chi ha prodotto quei cambiamenti se non i milioni di uomini che si sono battuti per maggiori diritti ed uno sviluppo più equilibrato? Non c'erano i borghesi a sostenere quei cambiamenti, loro erano sempre dall'altra parte della barricata.Alla logica del mercato e del profitto era legata la possibilità di sfruttare lavoro minorile, dilatare il tempo di lavoro occupandone tutti gli interstizi nelle 24 ore, creare macchine con l'unico scopo di produrre sempre di più e meglio.
La forza del mercato produceva sfruttamento e contemporaneamente produceva i suoi anticorpi. Proletariato urbano estraneo alla logica della produzione padrone solo delle proprie braccia e della propria coscienza.
Da cosa nasce questa volontà di voler, in modo coercitivo, piegare anche la forza del mercato (come la natura) a quelle che sono le esigenze di tanta gente?
Credo che la risposta sia proprio nella natura irrazionale del mercato e delle sue leggi. Sono quei marosi e quelle forze che continuano ad affascinare i comunisti come noi?
sabato 15 settembre 2007
Stranezze di una politica economica seria
Mi chiedo se qualcuno tra i solerti sindacalisti ha speso un po' del suo prezioso tempo a spiegarlo ai lavoratori.Mirabile esempio di legge dello stato che sequestra soldi ai nuovi assunti e proietta un po' di gente tra le grandi braccia del libero mercato. Bisognava pur trovarli un altro po' di posti, nei consigli di amministrazione dei fondi, ad un po' di soggetti che infaticabilmente passano il tempo a non far arretrare di un solo millimetro le conquiste fino ad ora ottenute.
Dopo aver raccontato che c'è troppa gente che va in pensione giovane, scopriamo che c'è un sacco di anziani che stanno con il culo attaccato al seggiolino in qualche ufficio statale. Mirabile idea, questi che i requisiti li hanno tutti, per andare ad occuparsi dei nipotini, li incentiviamo con due o tre annualità di stipendio per togliersi dai coglioni. In questo modo al cambio di tre contro uno, permettiamo ad un giovane di entrare nel mondo del lavoro statale.
Devo dire, signori, che siamo un po' confusi.Abbiamo dato un occhiata a quel mondo ed abbiamo scoperto che:
- rispetto al 2005 i lavoratori precari sono aumentati del 11,55%
- i lavoratori a tempo indeterminato sono aumentati dello 0,23%
- i giovani con meno di 35 anni nel 1990 pesavano per il 31%, nel 2005 pesano per il 9%
Ci hanno raccontato che è indispensabile allungare l'età lavorativa.Abbiamo un settore in cui questa regola viene seguita fino allo sfinimento ed ecco che, addirittura, per mandarli via li vogliono pagare?
Mi sono perso qualcosa di questa logica ferrea per cui in fabbrica ti ci voglio finché non crepi ed alle poste ti caccio via a dobloni d'oro?
Deve far parte di una nuova strategia che tende ad unire operai e statali, giovani e vecchi in un sol fronte o il suo contrario?
Il fascismo amava le corporazioni e questo sindacato anche.Tra le righe l'impressione è che molta è la confusione sotto il cielo solo che la situazione non è eccellente.
Molti sono preoccupati perché l'INPS, se continua il trend, farà fatica a pagare le pensioni alle nuove generazioni. A parte che se continuiamo ad invecchiare, non fare figli e prendiamo a calci nel culo quelli che da noi vengono a lavorare l'equazione non ha soluzioni per estinzione della specie, mi chiedo come fare a risolvere il problemino di allungare l'età lavorativa, sostituire i vecchi con giovani precari, permettere alle aziende di ristrutturarsi mettendo in mobilità anziani che costano troppo ed inserendo giovani che costano una cippa lippa.
Misteri di una sana egestione economica.
Un curriculum un pò così
Riprendo pari pari questo articolo.Senza voler fare della gogna mediatica solo una domanda: ma è vero? Se non è vero tante scuse al protagonista dell'articolo e la condanna senza se e senza ma di un gioco sporco, se è vero sapremo cosa fare del pezzo di carta che ospita i suoi articoli. Così come delle opinioni di quelli che gli danno ancora retta.
Al dott. Ichino, esperto in lavoro (degli altri)
Breve storia di un arrampicatore sociale: ovvero, come ha potuto un grillo, introfulatosi tra le file operaie che hanno fatto dure lotte sindacali, trasformarsi, una volta giunto nel bel mezzo della piramide sociale, e mostrare la sua vera natura
Ho letto qualcosa di Pietro Ichino dopo aver sentito discutere delle sue opere in tv in questi giorni e soprattutto a proposito del suo libro 'I nullafacenti'. Allora ho pensato... Questo qui ne capisce di lavoro... lavora, avrà lavorato?! Insomma, sono andato a vedere il suo curriculum.
L'Ichino mi nasce a Milano nel 1949, fin da giovanissimo si appassiona al mondo del lavoro (non al lavoro ma al mondo del lavoro) ed alla tenera età di vent'anni (nel 1969) diviene dirigente sindacale della CGIL-FIOM, incarico che ricoprirà fino al 1972.
Assolve gli obblighi di leva come marconista trasmettitore (come me, sigh, anch'io cantavo la canzoncina 'onda su onda noi siam trasmission, gente che non fa niente che non c'ha voglia di lavorar, gente specializzata a stare in branda a riposar') ed è quindi pronto a rientrare nel mondo del lavoro, ritorna infatti tra i ranghi della CGIL dove resterà sino al 1979.
Però non è ancora contento, ha lo stipendio, si è assicurato una ricchissima 'pensione', che comincerà a percepire nell'aprile del 2009 dopo aver 'lavorato' ben 4 anni alla Camera (dal 1979 al 1983), ma sente che gli manca qualcosa. E qualcosa arriva, nel 1981 (non vi sfugga che nello stesso momento era parlamentare) viene assunto come ricercatore all'Università di Milano. Nel 1986 diviene docente di Diritto del lavoro dopo concorso.
Quasi dimenticavo la cosiddetta Legge Mosca, leggina allucinante (poco) nota per aver contribuito a creare una piccola voragine nei conti pubblici italiani, tale legge era nata come legge numero 252 del 1974 e consentiva a chi avesse collaborato con partiti e sindacati di vedersi regolarizzata la propria posizione contributiva scaricando i costi sulla fiscalità complessiva e dietro una piccola certificazione presentata dal partito o dal sindacato. In buona sostanza con questa legge vennero "regolarizzate" le posizioni di migliaia di persone che risultarono essere state impegnate come dirigenti sindacali sin dalle scuole medie, questa orda assetata di soldi è costata alle casse dello stato una cosuccia come 25mila miliardi di lire distribuiti tra oltre 40.000 persone, si badi bene non tra 40.000 lavoratori ma tra 40.000 oscuri funzionari di partito e nobilissimi rappresentanti dei lavoratori.
Comprendo bene la vostra obiezione, la Legge è del 1974 l'Ichino è stato sindacalista fino al 1979, se ne ha goduto è solo per una parte della sua carriera ed in fondo la legge c'era, lui che poteva fare. Errore, la legge era del 1974 ma è stata prorogata più volte; particolarmente interessante per meglio illuminare il personaggio Ichinesco è l'ultima proroga, avvenuta nel 1979; abbiamo detto come il nostro sia stato deputato nella VIII legislatura, durata dal 20 giugno 1979 all'11 luglio 1983, ma l'Ichino non è arrivato alla Camera il 20 giugno 1979 ma il 12 luglio in sostituzione di un collega ed il suo primo atto, da vero alfiere dei veri lavoratori, è stato quello di correre ad aggiungere la sua preziosa firma alla proposta di legge numero 291 presentata il 10 luglio 1979 ed avente a titolo "Riapertura di termini in materia di posizione previdenziale di talune categorie di lavoratori dipendenti pubblici e privati", così facendo il deputato Ichino si affrettava ad aggiungere la sua firma sotto un progetto di legge che favoriva spudoratamente i sindacalisti come Ichino, contribuendo a causare una voragine nei conti pubblici che il professor Ichino propone oggi di sanare per il mezzo di rigore, sacrifici e duro lavoro (degli altri).
In buona sostanza io, che ho 39 anni, sono impiegato pubblico e, tra mille difficoltà, lavoro da quando avevo 21 anni non so come e quando andrò in pensione mentre il castigatore dei nullafacenti si trova ad avere già diritto a due pensioni ottime (quella di docente universitario e quella di deputato che SONO CUMULABILI) più un altro paio potenziali, quella di giornalista e quella di sindacalista. Insomma Ichino, ho capito che dovrò lavorare fino a 250 anni di età per pagare LE SUE pensioni, ma almeno non potrebbe evitare di prendermi pure in giro?
giovedì 13 settembre 2007
Mussi ed il capitalismo
Questa "perla" l'ho presa dal sito della Repubblica di ieri.
Naturalmente Mussi si guarda bene dall'andare fino in fondo in questa sua "analisi". Sarebbe forse costretto a diventare un "sovversivo" e dividere spazio e tempo con qualcuno che è chiuso in qualche gattabuia ed a cui hanno buttato la chiave.
E' ipocrita questo modo di rapportarsi criticamente all'esistente e di coniare massime che, a leggerle, ti fanno ribollire il sangue.
Ma come "è incompatibile il capitalismo con il pianeta terra (nella sua forma attuale)" e rimaniamo chiusi ed abbarbicati nelle stanze di Montecitorio, dicendo che non è il caso di seguire la piazza, e senza assolvere a quella che dovrebbe essere "la missione" di un'avanguardia come Mussi?
Quale sarebbe l'altra forma del capitalismo che si potrebbe accettare i solcialdemocratici fanno fatica a spiegarlo bene.Forse è il sempre verde modello dei paesi nordici? Magari con gli stessi criteri con cui si pensava al welfare scandinavo (un pò di castrazioni chimiche per chi fa troppi figli). Sempre meglio di quello che è il nostro capitalismo domestico in ogni caso, basta non accorgersi degli orrori e delle cadute di stile.
Qui, in questo contesto libero e liberista, produciamo condizionatori, ed altre amenità, che producono effetto serra che produce calore che produce malattie che producono morti.
E' il tipo di sviluppo che ci siamo scelti ed è quello che lasceremo ai nostri figli.
E' sulla base del numero dei condizionatori che misuriamo il benessere di una società, e pazienza se questo modello produce scorie e merda impossibili da digerire in un circolo virtuoso fatto di qualche anno e non di centinaia.
Qualche buon tempone sostiene che quando la questione ambiente assumerà una dimensione di costo tale da essere diseconomico per il sistema, allora ci penserà il mercato a rimettere tutto a posto.Fino ad allora se si desertifica qualche pezzo di Africa in più è problema per gente abituata a questo ed a molto peggio, cosa volete che sia.
Il modello continua a creare quei valori (consumi) e quelle scorie.Questo modelo lo riproduciamo consapevolmente e no ogni giorno, nelle relazioni, nell'educazione e nella prassi quotidiana.
Costa fatica prendere un pulman pubblico, l'auto è sinonimo di libertà, la Cina è criminale con i dissidenti ma non tanto per i danni che procura all'ambiente. Anche perchè su quello non possiamo dare lezioni a nessuno (anche sulla prima parte in verità).
Marx non aveva previsto in questa dimensione i costi indiretti di questo modo di sviluppare l'industrializzazione nei paesi.Però aveva posto il problema del controllo dei mezzi di produzione.Forse è proprio attraverso un passaggio di questo tipo che passano tante risposte.
Si tratterebbe di rovesciare il mondo. sai la fatica? Meglio discettare e sparare cazzate dal palco di un simposio.
Produciamo merce in modo indistinto facendo finta che tutto è utile ed indispensabile.
E' molto evidente il gioco delle parti:
-contesti il sistema di sviluppo? che risposte dai ai milioni di probabili disoccupati se si cambia registro?
Già che risposte dare? Il punto da cui partire è cambiare i soggetti che devono dare le risposte.Forse più che i soggetti le classi d'individui . Riscrivere i valori. Insieme a questo recuperare il senso di una comunità che nel suo insieme deve dare risposte, guardando ai fenomeni nella loro complessità ed alle loro ricadute complessive. Troppo difficile per questo tipo di classe dirigente.
Preferiamo isolarci e curare la depressione acquistando merce, perchè ci hanno spiegato che rafforza l'autostima e migliora il morale. Alla condizione di averli i soldi.
Se le medicine sono queste che speranza volete avere?
Ma cosa vuole la FIOM?

Allego la relazione presentata da Rinaldini che spiega il perchè del no all'accordo.E' utile ricordare che nel 95 la riforma Dini fu votata da circa 4 milioni di persone, tra i lavoratori attivi passò con il 59% dei consensi e fu respinta dai metalmeccanici.
Dalla relazione emergono alcune "chicche" sulla riforma proposta e sulla questione precariato. Come si potrà leggere, la preoccupazione del sindacato operaio FLM non è "solo" sulla conservazione di "privilegi" di casta. C'è da ricordare che questo sindacato, con l'azione di Cremaschi, è l'unico che ha portato avanti le istante sul mondo del precariato con azioni che sono state "trasversalmente" condannate da tutti gli altri protagonisti del sindacato e dei partiti.
La Fiom è anche critica sulla detassazione degli straordinari(per le aziende) che, non portando vantaggi ai lavoratori, creano il paradosso di far diventare conveniente questa pratica a fronte del lavoro ordinario e contribuiscono a formare un'ulteriore barriera d'ingresso a nuove assunzioni.
La Fiom non sarà un sindacato "rivoluzionario" nel senso classico della parola ma, se non altro, mostra (in questa occasione)un segnale importante che è quello di interrompere la pratica per cui queste strutture non fanno altro che diventare una cinghia di trasmissione del consenso delle politiche "economiche" tra governi e base sociale.
La questione che si pone è? Chi difende i meno garantiti? Gli operai, loro malgrado, ci provano con messaggi che tendono ad unire e non a dividere. Tocca anche agli altri assumere responsabilita' e "prendere coscienza" di quale sia il fronte e di quali siano gli interessi.
Al termine dei lavori del Comitato Centrale della Fiom sono stati presentati due
documenti alternativi che sono stati votati in contrapposizione. Il documento
presentato da Gianni Rinaldini è stato approvato con 125 voti a favore. Il documento
presentato da Fausto Durante ha raccolto 31 voti a favore. I voti di astensione sono
stati 3.
Successivamente, il Comitato Centrale ha approvato, all’unanimità con 2 astensioni, un
documento sul fisco, presentato dalla Segreteria nazionale.
Documento presentato da Gianni Rinaldini
Il Comitato Centrale non approva l’intesa del 23 luglio 2007 su Previdenza, lavoro e competitività
pur esprimendo un apprezzamento positivo sulle seguenti questioni:
• Incremento delle pensioni basse con il riconoscimento del percorso lavorativo individuale. Il
reddito individuale come parametro di accesso permette di riconoscere l’aumento a tante
donne pensionate fino ad ora escluse.
• Miglioramento del sistema di rivalutazione delle pensioni dal 90% al 100% della variazione
dei prezzi dell’indice Istat, per le fasce compreso tra 3 volte e fino a 5 volte, il minimo
attuale (da 1.308,48 a 2.180,70)
• Norme sulla totalizzazione dei contributi previdenziali, il riscatto della laurea, e primi
interventi nel sistema degli ammortizzatori, come l’indennità di disoccupazione.
Questi interventi sono finanziati con una parte dell’extra-gettito suddiviso 1/3 per interventi sociali
e 2/3 per la riduzione del debito pubblico.
Viceversa sui capitoli dell’intesa relativi al superamento dello scalone del governo Berlusconi, sul mercato del lavoro e competitività esprimiamo le seguenti valutazioni:
Il superamento dello scalone avviene con la condivisione del vincolo finanziario posto dal Governo dell’autofinanziamento di 10 miliardi di euro nell’arco di 10 anni, escludendo in questo modo, gli aumenti contributivi sui lavoratori dipendenti decisi nell’ultima finanziaria, che vengono impropriamente utilizzati per ridurre il debito pubblico. Ci riferiamo ad esempio all’aumento degli oneri previdenziali dello 0,30 equivalente a circa 1 miliardo di euro annuo, cioè 10 miliardi di euro nell’arco di 10 anni.
Questa scelta sbagliata attraversa tutti i diversi aspetti della nuova normativa, dall’incomprensibile meccanismo delle quote associate alla crescita dell’età minima, che ha la sola funzione di sommare l’aumento dell’età anagrafica con l’elevamento dell’età contributiva da 35 a 36 anni, fino a 2 prevedere una “clausola di salvaguardia” di un eventuale ulteriore aumento contributivo dello 0,09% dal 2011 come elemento di garanzia sui conti generali.
Gli stessi aspetti potenzialmente positivi sono negativamente segnati da questa scelta.
a) Il ripristino delle 4 finestre con 40 anni di contributi, quantificato in un costo di 4 miliardi di euro, viene totalmente finanziato attraverso l’introduzione delle finestre sulle pensioni di
vecchiaia, per garantire una operazione a costo zero.
b) I lavori usuranti particolarmente faticosi e pesanti sono definiti sulla base di criteri che
hanno un vincolo finanziario di un massimo di 5.000 lavoratori all’anno.
c) Per quanto riguarda la revisione dei coefficienti di trasformazione del sistema contributivo,
viene demandato al lavoro di una Commissione la definizione di nuovi e diversi criteri che
potrebbero assumere come riferimento il 60% dell’ultima retribuzione. In assenza di nuovi
criteri a partire dal 2010 si applicano gli attuali coefficienti con la riduzione del 6–8%. Si
tratta di fatto di un rinvio condizionato che richiede da parte del movimento sindacale la
costruzione di una proposta precisa che garantisca una copertura pubblica del 60% con 35
anni di contributi.
Su mercato del lavoro e competitività l’intesa prevede scelte sbagliate, giocate esplicitamente
contro la Cgil come scelta politica, tanto più evidente, perchè riguarda misure che non hanno
particolari costi finanziari.
a) Per i contratti a termine e sullo staff leasing siamo alla conferma della legge del governo
precedente sempre osteggiata dalla Cgil. Ciò che viene confermato e per certi aspetti
peggiorato non è soltanto la possibilità di proroga oltre i 36 mesi , ma l’assenza di causali
specifiche per attivare rapporti di lavoro a tempo determinato. In questo modo il Lavoro
Interinale ed il Contratto a Termine mantengono la stessa causale “esigenze tecnico,
produttive, organizzative o sostitutive” che sono cumulabili nel tempo
b) Sulla contrattazione l’eliminazione della sovracontribuzione per il lavoro straordinario
costituisce un preoccupante incentivo all’aumento dell’orario di lavoro, mentre la
detassazione del salario aziendale totalmente variabile indebolisce la contrattazione
collettiva e, in particolare, il contratto nazionale.
Il Comitato Centrale della Fiom valuta positivamente la decisione di Cgil, Cisl, Uil di promuovere la consultazione certificata delle lavoratrici, dei lavoratori e dei pensionati ed applicherà rigorosamente le modalità che saranno definite dagli esecutivi Cgil, Cisl, Uil convocati per il 12 settembre.
Il Comitato Centrale della Fiom impegna tutte le strutture ad operare per favorire la più ampia informazione e partecipazione delle lavoratrici e dei lavoratori metalmeccanici alla consultazione democratica.
mercoledì 12 settembre 2007
Tutti in galera. I più poveri.
Il grafico che vedete (tratto da www.Lavoce.info) vuole evidenziare una correlazione tra la popolazione carceraria, le rapine in banca e cosa è accaduto per quest'ultimo reato in coincidenza dell'indulto.Non voglio entrare nel merito del provvedimento però qualche obiezione a come, in genere, si leggono i dati e le tendenze voglio esprimerla.
Cosa mostra il grafico:
2- svuotamento delle carceri in coincidenza dell'indulto
3- un andamento altalenante del reato oggetto del grafico
Questo modo di rappresentare la realtà serve soltanto a fare della demagogia creando la sensazione che la questione "sicurezza" sia da giocare "soltanto" in funzione di politiche di repressione.
Ci garantisce di più la galera dalla "tentazione" di compiere reati?Ha senso estenderne la fattispecie mettendo sullo stesso piano (reato penale)il lavavetri, la questua molesta o la frode fiscale?
Vale la pena evidenziare cosa è accaduto negli USA negli ultimi decenni.
A partire dagli anni 60 la popolazione carceraria aveva avuto un andamento decrescente (picco minimo 380.000 reclusi nel 1975).Con il mutare delle politiche "sociali" fino ad allora a favore degli strati più deboli della popolazione, la situazione è drasticamente cambiata:
740 mila detenuti nel 1985
1,6 milioni nel 1995
In 16 anni il numero delle persone in libertà vigilata sono quadruplicate toccando la cifra di 3,8 milioni nel 1995.Che effetto hanno avuto queste politiche?
Nello stesso periodo (1960-1997) il numero dei rifugiati nel mondo, è passato dalla cifra di 1,5 milioni a 22 milioni e costante ed in crescita è stato il fenomeno delle migrazioni "clandestine" verso i paesi più ricchi.
C'è una correlazione, al contrario, tra più politiche sociali inclusive e minori fenomeni "violenti" di marginalità? Io credo di si perché sono convinto che di fronte alla scelta tra vivere e morire senza speranza, in una società in cui le immagini che bombardano in modo trasversale ricchi e poveri sono quelle di un opulenza ostentata e priva di valori sostanziali (se non di ordine materiale), molti di noi trasformerebbero se stessi in potenziali delinquenti pur di garantire a sé ed ai propri figli un minimo per sopravvivere.
Il passaggio ineludibile, per una politica degna di questo nome,deve essere quello di grattare sotto la crosta dell'immaginario collettivo per riportarci, in modo efficace, a ragionare su cause ed effetti dei tanti fenomeni che ci riguardano.L'opposto è un modello di coesione sociale in cui si sopravvive se ci si può permettere (acquistando) la sicurezza.E su questo la realtà è che a pagare saranno, in massima parte, i più deboli.Probabilmente questo è il modo sapientemente scelto per "governare" le tensioni, alimentando l'insicurezza e facendo crescere le fasce di emarginazione. Creare un corto circuito in cui si alimenti l'intolleranza, si modifichino i valori indebolendo quelli solidali, e trasferendo al basso gli effetti negativi di una società di diseguali.

martedì 11 settembre 2007
Dove inizia l'intolleranza
Esercizi dialettici ammantati, in qualche caso, da una pretesa di fornire elementi oggettivi e giustificativi di leggi, comportamenti e azioni cruente e liquidatorie di intere comunita' di individui.
Invece la statistica dimostra negli Ebrei una criminalità inferiore a quella dei paesi nei quali si trovano.vi prevalgono certe forme di reati spesso ereditarie come la truffa, il falso, la calunnia, e specialmente il manuntengolismo e l'usura; rarissimi invece sono gli assassini.
lunedì 10 settembre 2007
In difesa dei precari e contro una legge ignobile
Anche se di mestiere fa il comico.
domenica 9 settembre 2007
Kilombo
Però in attesa di riformare il capitalismo con un pò più di pane per gli affamati, o di fare una bella rivoluzione di quelle con l'assalto al "palazzo", divertiamoci con questo universo mondo.
Io ho votato si a che si esprimesse il collettivo di kilombo su val Pier con sadica soddisfazione, che esplodano le contraddizioni all'interno della borghesia (diceva qualcuno in passato), o meglio "quando la confusione è tanta sotto il cielo, la situazione è eccellente".
E cosa ci capita in questo meraviglioso palcoscenico se non la rappresentazione di quello che siamo: gente dai sacri principi, pronta ad occuparsi dell'universo e di quelli che più ne hanno bisogno ma meschina ed ipocrita nell'animo.
Godo nel vedere val Pier prigioniero dell'impossibilità di chiedere la sospensione dei post che non gradisce.
Aspetto con ansia, per coerenza, che chieda il ritorno della vignetta di Korvorosso e che lo riguardava.
Il val pier è uno strumento e spero che non se ne sia ancora accorto, è evidente che una votazione sulla questione espulsione non ha alcuna possibilità di passare . Quello che mi interessava con quel si, era evidenziare, nei fatti, l'impossibilità per un aggregatore "democratico" di censurare chiunque nel momento in cui si accetta di farlo parte della comunità o del club e nel momento in cui si vuole discutere della cosa votando.
Nello stesso tempo, rendere giustizia alla battaglia nei confronti della censura e delle regole.Mi sono candidato con questo modesto obiettivo e cerco di essere coerente in questo.Preferisco delegare al corpo di Kilombo la discussione su una richiesta, perchè immagino che questo, in qualche modo faccia crescere la passione e la partecipazione. Rifiuto l'idea che in 6 si possa avere il diritto di decidere per altri su questioni importanti come la libertà di espressione.
Sostieneprodhon (e gli altri) hanno posto una questione di sostanza, non solo di forma o contenuti del post.
Per come vanno le cose oggi, chi è che ci garantisce la esatta rispondenza dei principi della sinistra a quello che pensiamo su tutta una serie di argomenti.Chi è che ci garantisce dal fatto che, il far parte di una minoranza con pochi diritti, ci qualifichi immediatamente come persona rispettabile e coerente nei comportamenti di tutti i giorni e solidale con chiunque viva quella condizione.
Io ho imparato, che, alla fine posso essere nella quotidianità e nei confronti degli altri molto più vicino a caio qualunquista (ma solidale e aperto senza pregiudizi) che a tizio progressista (ma stronzo ed elittario).
Vale quello che siamo tutti i giorni e, su quello, nessuno se non noi stessi possiamo leggerci nell'anima.
Quello che mi diverte sono le reazioni, gira su questo aggregatore una letterina di tal Giampi sponsor del val Pier, costui si dedica alla difesa della causa con fine eloquio. Peccato che ogni tanto inciampa anche lui. Vuol dare lezioni di tolleranza il nostro, a qualche condizione:
1- che si sia di intelligenza certificata da lui, in caso contrario suggerisce di censurare i commenti
2- che si accetti il principio che se sei un poveraccio, preda del racket, è giusto che di te inizi ad occuparsi il più vicino commissariato di sicurezza.Ingabbiandoti
3- che se non la pensi come lui sul turpiloquio e la bestemmia sei uno nato in un porcile.
Forma e sostanza. Parole e pensieri che preludono comportamenti inquietanti.
Noi comunisti e lo signori cattolici abbiamo molto che ci accomuna. potrei citare la Santa Inquisizione ed i tribunali del popolo. la fede in qualcosa ed in qualcuno. Siamo molto più simili di quanto possa apparire in superficie. Forse è per questo che, la storia, è proprio a noi più che ad altri chiede di ragionare su che cosa è la libertà (quella vera). Io penso che noi siamo molto più avanti di lor signori, in questo. Loro no, sono prigionieri di una "santa" ipocrisia.
giovedì 6 settembre 2007
Frattini ed i poveri
Questo un primo contributo, prosegue sempre più infervorato ricordando la Francia che, recentemente," ha smantellato interi campi Rom" . Alla fine cala quello che in gergo si chiama 2 di briscola" Chi guadagna meno di quella soglia, e insomma rientra nella sfera della povertà, secondo me andrebbe rimpatriato". In questo ultimo punto si riferisce al fatto di stabilire una soglia di reddito, per l'immigrato, sotto il quale (essendo povero) si deve togliere dai coglioni.Anche perché tra un po', visti i chiari di luna, avremo bisogno di spazio per i nostri poveri "originali" e made in Italy.
Io penso che questo modo di argomentare, forbito e pieni di buoni propositi per i cittadini italiani, sia l'anticamera di una riproposizione di logiche di esclusione tipiche di un certo ambiente "borghese" che ha avuto i suoi epigoni negli Usa agli inizi del 900 e nella solcialdemocrazia dei paesi nordici tra gli anni 30 e 50.In molti di quegli ambienti si svilupparono correnti di pensiero che mischiarono l'esigenza di preservare il pedigree, con il problema di assicurare un welfare sostenibile per i propri cittadini .
Tra i membri del B&C (associazione conservazionistica d'America) c'era Theodore Roosevelt.Come scrive Gianni Moriani, questi era sempre più preoccupato del suicidio della razza provocato da un torrente di degenerazioni che, portato dai diversi gruppi razziali d'immigrazione, contaminava la purezza dello stock razziale americano.Queste sue preoccupazioni potevano essere state suscitate da un suo amico e membro del B&C, Madison Grant al quale Hitler espresse sincera ammirazione per le sue teorie razziali.
Preoccupazioni non molto dissimili furono quelle che produssero le leggi sulla sterilizzazione in Svezia e negli altri paesi scandinavi.
Dal 1934 al 1976 40 mila norvegesi, 6 mila danesi e 60 mila svedesi furono sterilizzati, il 90% erano donne. L'obiettivo era quello di limitare la formazione di famiglie numerose.
Le sterilizzazioni vennero considerate necessarie alla realizzazione di alcune riforme.Esemplare il dibattito che si svolse in Svezia (dal 1944) relativamente agli assegni familiari.
Gunnar Myrdal temette che il sussidio favorisse le nascite presso gli elementi inferiori della popolazione da un punto di vista ereditario.
Si tramanda che povero è sinonimo di "soggetto sessualmente molto impegnato perchè non dedito ad altre attività", quindi non è un caso che quei cazzo di straccioni si ostinino a fare figli.
Quanto vogliamo scommettere che, dopo le brillanti idee dell'ex ministro, salta fuori qualcuno con il chiribizzo di verificare la dichiarazione dei redditi per consentire non solo la cittadinanza ma anche la residenza in un comune alle famiglie numerose (extracomunitarie, romene e meridionali)?