lunedì 2 marzo 2009

Giavazzi e l'atto di fede per ri-ossigenare il sistema

"Se la caduta di Wall Street non si arresta, il vortice rischia di accelerare: un’ulteriore caduta della ricchezza delle famiglie americane rallenterebbe ancor più i consumi e cancellerebbe gli effetti dello straordinario piano fiscale approvato la scorsa settimana dal Congresso. Che fare? Innanzitutto non dimenticare che (grazie alla globalizzazione) mai il mondo era cresciuto tanto rapidamente quanto nel decennio precedente la crisi. E non solo i Paesi ricchi: per la prima volta anche l’Africa sub-sahariana aveva cominciato a crescere. Certo, c’erano molte debolezze: il prezzo delle abitazioni in qualche Paese era salito troppo; negli Stati Uniti ad alcuni immigrati recenti erano stati concessi mutui che non potevano permettersi; le banche si erano illuse di aver diversificato il rischio e invece spesso non lo avevano fatto; la regolamentazione faceva acqua; il Congresso aveva consentito che Fannie Mae e Freddie Mac, istituzioni che avrebbero dovuto essere dei semplici fondi di garanzia, si trasformassero in speculatori aggressivi, trasferendo il rischio su contribuenti ignari."
"Ma tutto questo non giustifica l’abisso in cui siamo caduti. I mutui negli Stati Uniti oggi non valgono praticamente più nulla e tuttavia il prezzo delle case è sceso del 20-30%, non si è azzerato. Nelle città americane le abitazioni non sono scomparse, sono ancora tutte lì: varranno meno di due anni fa, ma dubito che non valgano più nulla. Come riportare il mondo alla ragionevolezza, come arrestare questa spirale perversa? È possibile e potrebbe non costare nulla. Il vortice in cui sono entrate le Borse dipende dalle banche: in una settimana Citigroup ha perso metà del suo valore e un’azione oggi vale meno di due dollari (ne valeva 50 un anno e mezzo fa). Ma la banca non è fallita: lo sarebbe se davvero pensassimo che le case e le aziende americane non valgono più nulla, ma così non è. Per far uscire i mercati dal vortice della sfiducia il governo americano dovrebbe garantire tutte le attività finanziarie collegate al mercato immobiliare, cioè impegnarsi ad acquistarle a un prezzo prefissato, superiore all’attuale prezzo di mercato.
Una simile garanzia rialzerebbe immediatamente i prezzi e con essi la ricchezza delle famiglie. Risolverebbe anche i problemi delle banche.
E quanto costerebbero le garanzie ai governi? È probabile che su alcuni titoli il governo perda, cioè che i prezzi di realizzo siano inferiori al valore della garanzia. Ma per la maggior parte — quando il mondo tornerà alla ragionevolezza — il prezzo salirà ben oltre il valore della garanzia: in questi casi si potrebbe tassare la plusvalenza. Non solo le garanzie potrebbero non costare nulla: per i contribuenti potrebbero rivelarsi un grande affare. In questo fine settimana a Washington si è fatta strada anche un’altra idea: essa pure potrebbe spegnere il vortice senza costare nulla. Sul Washington Post Ricardo Caballero, economista del Mit, ha proposto che il governo si impegni ad acquistare fra due anni il doppio delle azioni delle quattro maggiori banche al doppio del prezzo di oggi. Il primo effetto sarebbe quello di raddoppiare il capitale delle banche tramite fondi privati.
Nello stesso tempo il prezzo delle azioni salirebbe immediatamente vicino al livello della garanzia pubblica, sollevando tutto il mercato. Anche questo provvedimento non costerebbe nulla ai contribuenti, a meno che davvero pensiamo che l’economia americana sia come la Germania del ’45. Il vantaggio rispetto alle garanzie sull’attivo delle banche è che in questo caso basta un annuncio: potrebbe accadere già domani."
Giavazzi- corriere della sera

COME SPAZZARE VIA GLI SPECULATORI
RICARDO CABALLERO*
Ecco una proposta «semplice» per le banche. Lo Stato si impegna ad acquistare fino al doppio del numero di azioni oggi in circolazione al doppio del loro recente prezzo medio, ma fra cinque anni. Il provvedimento prefigura interventi futuri (e improbabili),ma il suo impatto immediato sarebbe enorme.
In particolare, invertirebbe le dinamiche negative dei mercati azionari e permetterebbe alle banche di raccogliere capitale privato. L'effetto più diretto sarebbe un incremento superiore al 100% del prezzo delle azioni delle banche, perché l'impegno preso fissa un limite minimo sui prezzi tra cinque anni,ma il potenziale di rialzo è enorme una volta superato l'ostacolo della crisi.

I consumatori, e in particolare i pensionati, vedrebbero ricostituita almeno in parte la loro ricchezza, le compagnie di assicurazione migliorare i loro bilanci, mentre verrebbero spazzati via i venditori allo scoperto e gli speculatori (come è stato fatto a Hong Kong nel 1997):avremmo messo le fondamenta per un circolo virtuoso.

Quanto costerebbe tutto ciò? Probabilmente, niente.
*tratto da www.lavoce.info
Ricardo Caballero*



Questi sono gli estratti di due articoli tratti rispettivamente dal corriere della sera e lavoce.info.
A margine degli stessi due brevi osservazioni di massima:
1- i due scritti sono "finance oriented", nel senso che per i due "esperti" sarebbe sufficiente una logica simile quella del famoso episodio del film in cui Troisi, per risolvere i suoi problemi di disoccupato, cercava di far muovere gli oggetti con la forza del pensiero e darsi una possibilità nel mondo del lavoro.  Si badi bene una logica che, non avendo la possibilità di avere elementi razionali a spiegazione del disastro economico, cerca nell'atto di fede una possibile soluzione. Una sorta di nuova religione in cui l'immaterialità della materia trova la sua ragion d'essere nella evocazione di un valore (azioni,immobili etc.) fattosi puro spirito. Un puro atto di fede.
2- nei due articoli non si parla di quella "banale" relazione esistente tra uomini/lavoro/valore/plusvalore relazione che produce sotto relazioni che permettono accumulazione/risparmio/investimenti (tanto per fermarci alla prima). Economia materiale e finanziaria, gioco di equilibri in cui la ricerca esasperata di tassi di profitto, che siano altro rispetto all'investimento in capitale morto (macchine) contrapposto al capitale vivo (uomo), ci conduce in un mondo che sembra ritornare sui suoi passi ed alle origini dei fondamentali economici.
Si può ricostruire senza distruggere? E pensare che in modo artefatto si ridia vita ad un sistema taroccando qualche numero?
Prossimo capitolo: Marx e la caduta tendenziale del saggio di profitto 

13 commenti:

  • "Si badi bene una logica che, non avendo la possibilità di avere elementi razionali a spiegazione del disastro economico, cerca nell'atto di fede una possibile soluzione."
    Dai, questo non è vero. La crisi economica attuale è una crisi finanziaria. Va benissimo ed è giustissimo dire che non è più solo finanziaria e quindi intervenire sulla finanza non è più sufficiente: però rimane necessario, sennò l'economia non riparte, nemmeno col più ampio degli stimoli (che peraltro non c'è e, almeno da noi, non ci sarà).
    Va pure benissimo dire che la misura 'ideata' da Giavazzi non serve a nulla, però non è negando che la crisi attuale è (o almeno è iniziata come) una crisi finanziaria che la si può criticare.
    Luca

    3 marzo 2009 alle ore 08:33

  • Non pensavo di dare l'impressione di negare la crisi finanziaria.
    Non ho, però, la convinzione che esista una relazione meccanica tra crisi finanziaria e crisi dell'economia reale. Nel senso che non capisco se la crisi finanziaria, in realtà , non sia stata prodotta come conseguenza data dall'insostenibilità dell'economia reale a reggere il ritmo di "sviluppo" del sistema stesso.Sei convinto di una gerarchia tra gli eventi (finanza, economia reale)?Io vedo più una serie di cause che si sono concatenate tra di loro ma che affondano le loro radici nella perdita di razionalità data da un mercato in cui i protagonisti si muovono in modo indipendente ed in funzione della massimizzazione dei loro profitti.

    Se è vero che ha avuto inizio nel mercato USA per l'esplosione della bolla immobiliare e dei subprime è anche perché qualcuno non era in grado di onorare i "debiti" accumulati. E chi faceva quei debiti? Lavoratori che venivano espulsi dal mercato del lavoro? Salari che non reggevano il carico dell'indebitamento complessivo?
    Gente, come afferma Giavazzi, che vive in condizioni precarie la propria vita lavorativa?E perché non possono onorare quei debiti?

    In ogni caso la proposta di Giavazzi mi sembra una cazzata. Poi può anche darsi che qualcuno pensi che sia praticabile. La vedo dura pensare che basti dire facciamo finta che questo ri-valga 100 per mettere fine alla crisi.

    3 marzo 2009 alle ore 09:39

  • Questa è inizialmente una crisi di bassi salari, poi una crisi finanziaria, poi di nuovo una ulteriore crisi dell'economia reale

    3 marzo 2009 alle ore 10:50

  • "Non ho, però, la convinzione che esista una relazione meccanica tra crisi finanziaria e crisi dell'economia reale."
    Certo che c'è. Il sistema finanziario funziona come una cinghia di distribuzione; è solo grazie al sistema finanziario, per es., che è possibile l'equazione keynesiana della macroeconomia, S=I.
    D'altronde la "spiegazione" alternativa (i salari sono cresciuti poco, dunque i consumi si sono sostenuti solo grazie al debito) non è molto alternativa... dato che equivale a dire che la gente ha ricevuto dal sistema finanziario crediti che non avrebbe dovuto ricevere, il che a sua volta è solo un altro modo di dire che il sistema finanziario non ha funzionato=crisi finanziaria, appunto.

    La crisi della razionalità sinceramente la lascerei da parte per i discorsi sullo stato della sinistra in Italia :))

    4 marzo 2009 alle ore 00:13

  • Che i consumi si siano sostenuti grazie al debito mi sembra l'unico punto evidente di quello che accade.
    Quello che non colgo è la gerarchia stabilita (crisi finanziaria poi crisi dei consumi).
    Quali sono i fattori che hanno reso esplicita la crisi finanziaria?
    In modo speculare al tuo ragionamento potremmo dire che i debiti si sono fatti oltre una misura sostenibile perché i salari non sono sufficienti a garantire bisogni che hanno assunto valori di mercato assurdi (es. le abitazioni).
    Che un sistema che fa finanza, vendendo un'aspettativa di realizzazione di un bisogno attraverso l'indebitamento, entra in crisi se i produttori del reddito (lavoratori)quell'impegno non lo possono garantire per assi temporali di medio lungo periodo.
    E questo dipenderà o no anche da bassi salari, precarietà etc.
    Anche la produzione di merci e servizi è una cinghia di trasmissione.in modo semplificato potremmo dire che è quella cinghia che dovrebbe permettere l'accumulo di risorse da redistribuire nella catena della produzione del valore.

    4 marzo 2009 alle ore 00:52

  • No, qui non c'è nessuna "gerarchia stabilita", qui c'è semplicemente un prius: la crisi finanziaria è venuta prima, la crisi dei consumi - ma chiamiamola pure crisi economica generale - è venuta dopo. Questi sono i fatti, poi possiamo passare alle interpretazioni.
    Una di queste (alquanto discutibile se posso) si basa sul presupposto che l'acquisto dell'abitazione sia una necessità. Non lo è affatto. Chi decide di acquistare una casa anziché, per es., condurla in locazione, non sta facendo una scelta di consumo -tantomeno una di consumo necessario-, ma una di risparmio (è la differenza che c'è fra una rata di mutuo e una rata di canone di locazione, per intenderci). E alla radice della crisi attuale non c'è affatto il credito a consumo (=la vendita a rate, le carte di credito, ecc.), ma ci sono i mutui immobiliari e i prodotti derivati.
    Non c'è alcuna relazione evidente tra i problemi distributivi che denunci e la crisi attuale.

    4 marzo 2009 alle ore 02:34

  • Il significato che dai a prius è quello di prima, diciamo che gli dai una gerarchia temporale.
    Bene, io credo che che la genesi risieda in fattori che stanno a monte di questo prius. Nei rapporti "sociali" che determinano questi effetti.Ed i salari, la precarietà etc. è parte di questo processo.Magari c'è voluto un po' di tempo affinché, attraverso la loro sedimentazione, diventassero una massa critica in grado di smuovere tutto il sistema.
    D'altro canto il mercato finanziario non fa delle aspettative (in positivo o negativo) una delle sue leve (speculative)? Forse per qualcuno di quei signori i brontolii della società "reale" ha prodotto "aspettative" critiche sulla bontà del valore dell'aspettativa (subprime).
    Che non ci sia relazione evidente aspetterei a dirlo. magari qualche analisi più attenta sul sistema nel suo complesso può darci qualche elemento in più, o no?
    Sono d'accordo sul fatto che "l'acquisto" di un'abitazione non sia una necessità.Che sia risparmio è tutto da vedere. Infatti basta una variazione nei tassi per capovolgere la situazione. Tecnicamente non è consumo acquistare una casa, però abitarci è soddisfare un bisogno primario che si attua anche con quella modalità.A maggior ragione se c'è gente che pensa che debba esistere una relazione "meccanica" tra rendimento dell'acquisto immobiliare ed affitto rendendo, in questo modo, improponibile anche l'affitto (es.mi è costato 200.000€ mi deve rendere il 5%).
    In ogni caso, penso, che nell'economia di una famiglia la parte più esposta se non altro per le dimensioni è proprio la rata del mutuo (o l'affitto). E se ti pagano poco o vai a casa perché non ti rinnovano il contratto, quella salta per prima.Dopo arriveranno anche quelle per la TV etc.Infatti si vedono già le prime avvisaglie.

    4 marzo 2009 alle ore 03:19

  • La crisi dei consumi è venuta prima (bassi salari), la crisi finanziaria (per far consumare senza dare lavoro stabile) dopo quando lavoratori a basso salario non hanno più onorato i debiti.

    4 marzo 2009 alle ore 10:07

  • Guarda che non sto dicendo che una relazione non c'è o non ci può essere. Dico solo che non è evidente.
    Non sto nemmeno dicendo, tanto per chiarire, che non ci sia stato un serio problema di distribuzione dei redditi negli ultimi decenni. Ad es., Krugman nel suo ultimo libro (La coscienza di un liberal) dice che negli USA il fenomeno c'è stato ed è visibile (anche se molti lo negano, va detto), ed è dovuto alla decadenza delle politiche di welfare ed in particolare al calo verticale di iscritti ai sindacati USA.
    Solo che questo mica vuol dire che la crisi è frutto della dinamica salariale. E questo lo si può dire ancor meno dell'Italia, in cui (i) questa dinamica salariale è ancor meno evidente, e in cui (ii) da anni c'è una evidente diminuzione della produttività che si aggiunge, ma precede, la crisi finanziaria.
    Non so se hai letto questo pezzo del prof. Lunghini:
    http://www.ilmanifesto.it/il-manifesto/in-edicola/numero/20090303/pagina/01/pezzo/243603/
    Secondo me sarebbe interessante parlarne. Se non ti va di falro qua, possiamo farlo da me.
    Ciao.

    4 marzo 2009 alle ore 10:15

  • Ops, la mia risposta si è incrociata con un altro commento. Stavo rispondendo a Mario.

    4 marzo 2009 alle ore 10:17

  • Ah, ecco poi un'altra teoria:
    "la crisi dei consumi è venuta prima (bassi salari), la crisi finanziaria (per far consumare senza dare lavoro stabile) dopo quando lavoratori a basso salario non hanno più onorato i debiti".

    Crisi dei consumi=meno consumi.
    Ora mi piacerebbe sapere come (e soprattutto perché) qualcuno si indebita senza consumare, e viceversa come fa ad esserci una crisi dei consumi senza diminuzione dei consumi.

    Mario, fammi sapere su Lunghini, ciao.

    4 marzo 2009 alle ore 10:34

  • Il tempo di leggerlo domani, adesso devo seguire il pargolo che studia.
    per quanto riguarda il luogo per me va bene da te.
    Mi raccomando guagliò (faccio l'ecumenico e vale per tutti) non dobbiamo dimostrare di essere superdotati nella discussione;-))))
    p.s.
    su tutto scienze ho letto un'intervista a Mandelbrot (lo conoscete?). Ve la segnalo perché è interessante.

    4 marzo 2009 alle ore 10:48

  • Se io prendo un auto e apro un mutuo che non posso onorare, sto consumando ? Fisicamente sì (all'auto consumo tutte le gomme e fondo anche il motore), ma economicamente ? Certo se la banca il tuo pagherò lo dà a qualcun altro sembrerebbe di sì, ma quando il castello di carte crolla perchè io non pago (perchè ho bassi salari e lavoro non stabile), possiamo anche dire che si è trattato di una crisi finanziaria
    ma all'origine c'è sempre il basso salario,la disoccupazione che non mi fa onorare il debito (alla fine il consumo economicamente inteso non c'è stato, non c'è stata spesa, scambio etc etc)
    Dire il contrario, equivale a dire che "Eluana è stata assassinata perchè gli hanno tolto il sondino" (non c'è prova che sia morta perchè il cervello danneggiato non le consentiva di nutrirsi autonomamente...)

    4 marzo 2009 alle ore 11:18

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