giovedì 12 febbraio 2009

Cosa dice il Partito Comunista Israeliano

Fonte:http://gcenna.wordpress.com

realizzata da “Mundo Obrero” (PCE), traduzione dallo spagnolo per www.resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare

“Il sostegno alla lotta per l’autodeterminazione del popolo palestinese è un dovere dei comunisti israeliani”

Il Partito Comunista di Israele e il suo fronte Hadash (Fronte Democratico per la Pace e l’Uguaglianza) sono state le uniche forze politiche in questo paese ad essersi contrapposte al massacro perpetrato da Tzahal (le forze armate israeliane) lo scorso mese di gennaio nella Striscia di Gaza. In modo deplorevole la “grande stampa” non ha riportato l’ampiezza della protesta contro la guerra dentro lo Stato di Israele. Una grande manifestazione realizzata nella città di Sajnin su iniziativa del Comitato Rappresentativo Superiore della popolazione arabo-palestinese in Israele, una settimana dopo la criminale offensiva con la partecipazione di 130.000 manifestanti e quella realizzata il giorno seguente nella città di Tel-Aviv con 20.000 manifestanti, molti dei quali portavano la bandiera rossa, dimostrano che durante quelle tre settimane, in tutto il paese le mobilitazioni non sono cessate.

Mundo Obrero ha intervistato il Segretario Generale del PCI, lo scrittore Mujammad Nafa’h, originario del villaggio druso di Beit Jan, per far conoscere le posizioni dei comunisti israeliani. L’intervista è stata realizzata nella città di Haifa l’ultimo giorno di gennaio.

Il Partito Comunista di Israele commemora quest’anno il suo 90° anniversario. Il Partito Comunista Palestinese, dalla fine degli anni quaranta del secolo scorso, fu la culla di tre organizzazioni: il Partito del Popolo Palestinese e i Partiti Comunisti giordano ed israeliano.

Il PCI ha un gruppo parlamentare di tre deputati alla Knesset (il parlamento israeliano) diversi sindaci, tra i quali spicca quello della “capitale araba” di Israele, la città di Nazareth, dove governa da 32 anni. Possiede anche un’importante presenza sindacale e studentesca.

Alle ultime elezioni municipali realizzate a novembre, il deputato comunista Dov Khenin ha raggiunto il 36 % dei voti nella città di Tel-Aviv contro il 51 % del sindaco laburista. Il PCI, marxista-leninista, è l’unico in Israele nel quale militano senza distinzione ebrei ed arabi, e pubblica l’unico quotidiano comunista in lingua araba del Medio Oriente, Al Itijad (L’Unità), oltre a un settimanale in ebraico, Zu Haderej (La Via)

Mundo Obrero - Dal 28 dicembre, il Partito Comunista ha convocato manifestazioni in tutto il paese contro l’aggressione militare israeliana alla Striscia di Gaza. Qual è la posizione del Partito Comunista Israeliano sul conflitto israelo-palestinese?

Mujammad Nafa’h - Il nostro partito rivendica dall’anno 1947 la posizione di “due stati per due popoli” e sostiene il diritto all’autodeterminazione del popolo palestinese. Cioè il diritto dei palestinesi ad avere uno stato libero e sovrano nei territori occupati da Israele nel giugno 1967 con Gerusalemme Est come capitale. Esigiamo anche lo smantellamento delle colonie ebraiche nei territori e la soluzione della questione dei rifugiati palestinesi, in accordo con le Risoluzioni delle Nazioni Unite.

M.O - E riguardo la situazione in Cisgiordania ed il “muro della vergogna”?

M.N - Israele deve ritirarsi alle linee del cessate il fuoco precedenti alla guerra del giugno ‘67 e smantellare il muro che noi chiamiamo in ebraico ed in arabo: il muro dell’apartheid.

M.O - Come coordinate il lavoro di denuncia dell’aggressione al popolo palestinese, in questo caso a Gaza, con i movimenti sociali, pacifisti e delle università?

M.N - Da un lato tentando di stabilire le più ampie alleanze possibili, perché è chiaro che non solo i comunisti si oppongono all’occupazione israeliana. Secondo, tentando di coordinare la protesta nelle piazze, con attività politiche volte a far prendere coscienza e di solidarietà “pratica”: invio di vestiario, alimenti ed aiuti. Il fatto che nelle manifestazioni siano state fermate più di 700 persone, da Nazareth e Haifa nel nord e fino a Beer-Sheva nel desertico Negev, mostra che molta gente è stata toccata da tante morti e distruzioni. Infine, segnalare che agiamo coordinatamente alle forze dalla sinistra palestinese. Tradizionalmente con i comunisti palestinesi, ma il giorno prima dell’attacco, e sapendo che il momento si avvicinava, ci siamo riuniti nella città di Rammallah con i dirigenti del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina, del Fronte Democratico per la Liberazione della Palestina e del Partito del Popolo (comunista) per unire gli sforzi, proseguendo nel lavoro con queste forze ancora il giorno dopo il ritiro israeliano

M.O - Come potrebbe spiegare agli stranieri che più del 70 % della popolazione israeliana appoggia o giustifica gli attacchi militari su Gaza in cui sono morti già più di 1.300 palestinesi, il 90% civili secondo alcune organizzazioni umanitarie?

M.N - In modo deplorabile gran parte della popolazione israeliana si è lasciata ingannare da una falsa propaganda ufficiale che ha definito la guerra coloniale compiuta a Gaza come una “azione di autodifesa”. A questo contribuiscono la censura e l’auto-censura dei media locali. Il telespettatore in Israele non ha visto sugli schermi le spaventose scene che vedeva un abitante di Madrid o Barcellona, notte dopo notte. D’altra parte la politica avventurista di Hamas ed anche le sue ripetute provocazioni hanno contribuito a trasformare la popolazione civile del sud di Israele, in maggioranza povera, in vittime dei missili che partivano da Gaza. Molte volte abbiamo ripetuto che appoggiamo la lotta contro l’occupazione, la lotta politica e di massa dei palestinesi, ma condanniamo gli attacchi alle popolazioni civili da ambo i lati della frontiera. Abbiamo ripetuto più e più volte che non esiste una soluzione militare al problema palestinese, ma solo una soluzione che passi per la fine dell’occupazione e la creazione di uno stato palestinese. Questa posizione l’abbiamo espressa prima, durante e dopo il criminale attacco perpetrato in gennaio.

M.O - Nel 2003 attentarono alla vita del precedente Segretario Generale, Issam Majul, collocando una bomba sotto la sua auto, e malgrado ciò si salvò miracolosamente. Perché volevano ammazzarlo? In che condizione vivono i “nemici” della politica sionista nello stato di Israele?

M.N - Non è un segreto che gli spazi democratici in Israele siano minacciati tanto dal governo come dai gruppi di estrema destra, ufficialmente “senza controllo”, ma che tutti sanno da chi sono diretti. Durante le proteste delle ultime settimane sono stati fermati oltre 700 manifestanti, ed alcuni continuano ad essere incarcerati fino a che cominceranno i processi. Gruppi di destra hanno attaccato le nostre manifestazioni provocando feriti, sotto lo sguardo “distratto” della polizia. Con la guerra ha preso il via una vera campagna razzista contro la popolazione araba, con la direzione del partito sciovinista “Israel Beiteinu” (Israele è casa nostra) del razzista Yvette Liberman. Vale a dire che esiste un vero pericolo di un avanzamento fascista della società israeliana le cui prime vittime saranno la minoranza nazionale arabo-palestinese ed i settori della sinistra.

M.O - Mantenete contatti con gli ebrei comunisti che vivono fuori dal paese e condividono una posizione di rifiuto alla politica bellica israeliana contro il popolo palestinese?

M.N - Il nostro partito non si rivendica “ebreo” o “arabo”. Il nostro è un partito di classe che non fa distinzioni etniche o di religione. Manteniamo con tutti strette relazioni, con militanti ed organizzazioni ebraiche progressiste e pacifiste di Europa, America Latina, America del Nord ed Australia. La dirigenza israeliana lavora per spingere le comunità ebraiche in tutto il mondo sulle sue posizioni colonialiste, ma esistono grandi settori di ebrei, organizzazioni ed individui, che dissentono da questa posizione e finanche combattono questa politica. Non tutti gli ebrei sono sionisti, nel mondo come in Israele.

M.O - Che relazioni avete con i partiti comunisti di Palestina, Siria, Iraq, Egitto, Turchia, Libano, Giordania?

M.N - Il nostro partito mantiene strette e frequenti relazioni con i partiti comunisti ed operai del Medio Oriente. Fondamentalmente con i comunisti palestinesi, con cui collaboriamo strettamente dall’inizio dell’occupazione nel 1967, portando ogni tipo di aiuto materiale e politico. Non bisogna dimenticare che l’appoggio alla lotta per l’autodeterminazione del popolo palestinese è un dovere internazionalista dei comunisti israeliani. Manteniamo anche relazioni col partito Tudeh iraniano e l’anno scorso abbiamo pubblicato una dichiarazione comune dei comunisti di Stati Uniti, Iran ed Israele avvertendo che un attacco all’Iran causerebbe alla regione una tragedia di maggiori conseguenze. I comunisti del Medio Oriente si riuniscono almeno una volta l’anno.

M.O - Quali obiettivi nasconde il governo dietro l’attacco a Gaza e che relazione ha questa dimostrazione di forza con le prossime elezioni generali israeliane di febbraio?

M.N - Il governo israeliano ha tentato di assestare un colpo a Hamas, ma ciò che ha ottenuto è di rendere vittime tutti i palestinesi di Gaza, particolarmente i civili. L’obiettivo è chiaro: tentare di approfondire la divisione - che amareggia - esistente tra le frazioni maggioritarie palestinesi per posticipare la creazione di uno stato indipendente. Nei partiti di governo, Kadima e laburista, c’è chi credeva che la guerra coloniale avrebbe apportato qualche credito politico alle prossime elezioni. Ma gli unici beneficiari sono stati i partiti dell’estrema destra razzista.

M.O: Quali sono i principali punti del vostro programma per le elezioni?

M.N: Quando cominciammo la campagna elettorale, terminate le elezioni municipali nel novembre del 2008, credevamo di poter presentare un programma “controcorrente”: anticapitalista, anti-occupazione, antiprivatizzazione, antiglobalizzazione, antirazzista e per i diritti dei lavoratori e lavoratrici, per l’uguaglianza della popolazione araba di Israele, per un ambiente sano, per i diritti di omosessuali e lesbiche. Questo programma lo chiamammo “una nuova agenda socialista” per Israele. Ma con la criminale guerra di gennaio e le sue terribili conseguenze abbiamo dovuto abbandonare quanto pianificato ed investire tutte le nostre risorse umane, che sono molte, e materiali, che sono scarse, nella lotta contro la guerra e le sue conseguenze interne: particolarmente il razzismo ed il fascismo. Ad ogni modo, siamo consapevoli che il capitalismo genera l’occupazione, l’oppressione ed il razzismo. E di fronte alla crisi capitalista internazionale che già colpisce duramente i lavoratori israeliani, il prossimo governo che sarà scelto godrà di un breve periodo di potere. Questo sarà un prodotto delle molteplici crisi che colpiscono Israele: la crisi occupazionale, la crisi capitalista, la crisi della dirigenza politica con le sue corruzioni e bustarelle, la crisi ideologica del sionismo. Tutte queste condizioni porteranno ad un nuovo periodo di lotte sociali e di classe e nuove resistenze all’occupazione. Molti giovani guardano al Partito Comunista e comprendono che indichiamo una via ed una scelta reale di fronte alle molteplici crisi. Siamo molto preoccupati dal presente, ma assumiamo con fermezza il nostro impegno verso il futuro. Sarà questo un futuro di pace e di giustizia sociale.

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