martedì 30 ottobre 2007

Gli sfratti e la Chiesa

L'Arcivescovo Bonicelli, in una sua intervista alla Stampa, afferma: E' vero, siamo in contraddizione con il magistero dei Pontefici" e appena prima "E' un problema che dipende da chi li amministra (gli immobili), non dalla Chiesa".E così, con un artificio anche la coscienza dell'Arcivescovo è a posto.
A cosa si riferisce l'Arcivescovo?
La questione che gli è stata posta è relativa agli sfratti per finita locazione, che hanno colpito gli inquilini di una serie di appartamenti che appartengono al Vaticano.

Il patrimonio immobiliare che viene stimato, nell'articolo in cui compare l'intervista, è pari al 22% del patrimonio immobiliare italiano.
Il 25% delle case di Roma è intestato a diocesi, congregazioni religiose, enti e società del Vaticano, Il gruppo che si occupa di intermediazione immobiliare per conto di sua santità si chiama RE Spa, per questa attività fattura circa 30 milioni di euro anno.
Il patrimonio gestito dallo IOR e dall'Aspa ammonta a 6 miliardi.
Il giro di affari legato all'affitto di 200.000 posti letto (hotel, case di accoglienza per pellegrini etc.) è stimato in 4,5 miliardi di euro, il giro di affari per turismo religioso nella sola capitale vale 150.milioni di euro.(fonte la Stampa)

Tra le tante sconfitte subite dal nostro eterogeneo governo nelle aule parlamentari, una riguarda direttamente questa vicenda.Il blocco degli sfratti ha durata diversa a seconda del proprietario dell'appartamento.Se per tutti vale la data del 14 ottobre 2007, nel caso di "grandi proprietari" come compagnie di assicurazioni e simili la sospensione dura fino ad agosto 2008.
Il decreto legge 261 faceva rientrare tra questi soggetti anche i detentori di più di 100 unità immobiliari ad uso abitativo.
Tale decreto non è passato a causa di una pregiudiziale di incostituzionalità che ha avuto il voto di 151 senatori contro 147 (mi chiedo come abbia votato il Turigliatto in questa circostanza, o il Dini).
Con buona pace di tutti quelle persone che adesso dovranno cercare altre soluzioni alla loro emergenza.
Tra le tante soluzioni, da barricadieri come siamo, suggerirei l'occupazione di un po' di chiese.In alternativa una tendopoli in Vaticano.
Sommessamente ricordiamo che sua santità non paga l'ICI sulle sue proprietà, e che molti contribuiscono con l'8 per mille allo stipendio dei tanti custodi del culto della civiltà cristiana.
Sempre più sommessamente continuiamo a pensare, da inguaribili comunisti, che la proprietà è un furto. In particolare quella che ha origine da donazioni di inconsapevoli "fedeli"

lunedì 29 ottobre 2007

Grazie signor padrone per la tua generosità

Quello che penso è che il signor Jaco ha il merito di spendere quattrini, che lui ha e che molti di noi no purtroppo, per fare una operazione come quella di avviare un metablog.
Quello che penso è che questo signore, se tiene all'indipendenza di questo metablog, dovrebbe stare fuori sia dall'aggregatore che dalla redazione.E' in palese conflitto di interessi, se non altro con quella che è la sua visione del modo in cui bisogna starci dentro l'aggregatore.
Uno dei problemi delle redazioni e di chi scrive articoli è quello di avere garantita la piena libertà nel dire quello che pensa, che a sindacare su questo ci possa essere il "padrone" di Kilombo (perché anche Kilombo ha un padrone) è un vulnus (per usare un termine caro ad uno dei redattori superstiti) alla libertà di non subire condizionamenti di sorta.Ambiamo quindi ad una redazione senza padrone.
Ora, una discussione fatta tra alcuni Kilombisti ed una serie di regole ( a mio modo di vedere assurde), vengono utilizzate come il pretesto per far partire Kilombo Slow. Bé suonatevi ed ascoltate la vostra musica, a quelle condizioni non siamo interessati a partecipare.
Secondo questa logica, i primi che arrivano si piazzano. E poiché quelli che si piazzano hanno in testa quello che l'amico Luca intendeva nella sua mail, pensiamo che di "liberi" uomini di questo tipo con cui confrontarsi non abbiamo bisogno.Coerenza vorrebbe che declinassero la loro abnegazione su altri fronti e uscissero da quel comitato di redazione.Difficile che seguano questa strada.
Ora un appello di Ladytux ci chiede di proporre un percorso diverso per Kilombo slow. A quell'appello ho aderito e potete leggerlo qui.
Così come risponderò positivamente a quello di Dacia. Mi interessa un luogo di confronto con compagni che conosco e che riconosco e che ha l'onestà di definire il suo confine.

Appello di Ladytux da sottoscrivere
Nasce Kilomboslow, un progetto politico di kilombo, come da manifesto di presentazione:
http://www.kilombo.org/index.php?option=com_content&task=blogsection&id=10&Itemid=202 nasce attraverso una votazione plebiscitaria
http://www.kilombo.org/index.php?option=com_joomlaboard&Itemid=178&func=showcat&catid=33
La redazione passa mesi a discuterne e lavorarci su fino al punto di arrivo.
http://theobserver.splinder.com/
Nel frattempo nasce una mailing list di "pochi" che lavora in parallelo senza coinvolgere tutti i kilombisti.
Il lancio di kilombo slow risulta un "loro progetto" e si pretende assoluta autonomia dalla redazione.
Al lancio di kilomboslow, kilomboslow sarà gestito da 6 volontari, non eletti ma "i primi che arrivano", 5 di questi sono i partecipanti autori della mailing list "privata"
I 6 volontari non solo non saranno eletti, non avranno tutti la stessa durata di incarico (chi 6 mesi chi 2, ma non si sa in base a quale caratteristica) ma saranno assolutamente autonomi dalla redazione di kilombo (espressione del collettivo) e dalla carta. Pertanto non si comprende perchè il progetto debba essere "di kilombo"
Personalmente titubante sul metodo con cui questo processo è stato gestito, dalle nulle comunicazioni redazionali, al nullo coinvolgimento del resto del collettivo, alle dichiarazioni contraddittorie tra redazione e autori del manifesto sull'intenzione di autonomia del progetto dalla redazione e da kilombo, al dichiarato "buon segno" che i margheriti o i sinistri radicali (Pieroni e Korvo Rosso) non abbiano condiviso e non solo loro (http://www.areacritica.splinder.com/), al risultato che TRE redattori su SEI si siano dimessi,
ritengo che sia essenziale migliorare il progetto attraverso un collegamento di kilombo slow e di chi se ne occuperà alla Carta di Kilombo ed alla Redazione, in modo da avere una garanzia di partecipazione totale e di non "personalizzazione" di un progetto politico di "tutto kilombo", a prescindere dal gradimento sulle idee politiche esposte. Nonchè una più trasparente e frequente comunicazione da parte della redazione a tutto il collettivo.
Perchè un miglioramento non fa mai male e nemmeno un maggiore coinvolgimento di tutti.

Pertanto sto iniziando a raccogliere le firme per un emendamento alla precedente votazione che riguardi:
1 - Elezioni democratiche per i redattori di Kilombo Slow
2- Maggiore trasparenza per quanto riguarda le questioni di redazione (dimissioni, carte programmatiche, iniziative, discussione), attraverso mailing list


come da appello lanciato da:
http://senzatrama.blogspot.com/2007/10/appello-kilombo-slow-questione-di.html
la discussione con tutte le versioni è qui:
http://www.kilombo.org/index.php?option=com_content&task=view&id=27084&Itemid=201#jc_allComments

domenica 28 ottobre 2007

Campagna di solidarietà per Dacia e Cloro

Per un attimo molliamo le nostre idee sui massimi sistemi e guardiamo a quello che accade qui, vicino al nostro uscio.
Ho letto le vicende di Cloro e Dacia, ho una proposta semplice che faccio ai compagni di Kilombo ed a quanti leggono i nostri post:
1- iniziare una campagna di solidarietà nei confronti di chi ha subito la vigliaccheria di chi si nasconde prima dietro i codici del diritto e poi passa a vie di fatto che ricordano tanto lo squadrismo fascista. Gli strumenti che potremmo utilizzare sono:
a- creare una banner di solidarietà da inserire nei nostri blog (ed anche sulla home page di Kilombo) con uno slogan del tipo: IO SONO CLORO, IO SONO DACIA COLPISCI ANCHE ME
b- scrivere una lettera di denuncia sulle intimidazioni da far pubblicare sui giornali, nel caso fare una colletta affinché la pubblichino anche pagando
Io credo che la protezione migliore che possiamo offrire a chi subisce queste intimidazione è data dalla massa di persone che si alzano e fanno scudo, con le loro coscienze e con i loro corpi.
Chi vuole condividere questa iniziativa?

sabato 27 ottobre 2007

Kilombo e la quercia

Oggi mio figlio si è esercitato nella parafrasi un testo del Pascoli, ve lo riporto così come lui lo ha scritto:
La quercia caduta
-Dov'era l'ombra della grande quercia morta, non più il vento può passare tra i suoi rami.
La gente dice" mi ricordo: era molto grande
Ancora ora pendono i nidi degli uccelli di primavera
la gente dice : ora ricordo era anche piena di vita
Ognuno la loda, la taglia.
la sera con il lor ceppo tornano a casa
nella stessa sera il pianto di una capinera che cercherà il nido e non lo troverà.

In questo testo c'è molto di quello che siamo, dell'egoismo e della ipocrisia che ci fa compagnia ogni giorno.
A me questa storia di Kilombo ha dato molto dal punto di vista delle relazioni, ho conosciuto una serie di compagni con cui condivido un pò del tempo.
Ho polemizzato molto vivacemente con tanti altri.
C'è poi un'area grigia, impalpabile. di quelli di cui non capisci mai in fondo cosa farebbero nella vita di fronte a scelte in cui la passione deve pur prevalere rispetto alla razionalità fredda se vuoi sentirti un attimo vivo.
Bè io Kilombo lo immagino non come una quercia da fare a pezzi.
Oggi non ho voglia di fare polemica, dedicherò domani un ultimo contributo. la mia esperienza in redazione ed il perché ho deciso di pensare ad altro.

giovedì 25 ottobre 2007

E' iniziata la selezione ancor prima di partire in Kilombo slow?




Tra le molte motivazioni (nobili/mobili) alla base del manifesto dei "volenterosi" (vi ricorda qualcosa?) per sviluppare Kilombo slow,che hanno colpito chi scrive, ci sono una serie di passaggi molto interessanti:

1-In questi giorni il progetto politico dell'Unione sembra, invece, alla corda. Il governo ha il fiato corto. A destra e a sinistra della coalizione governativa cresce la voglia di andare da soli. Alcuni non possono sentir parlare di Partito Democratico, altri non ne possono più della sinistra di lotta e di governo. Kilombo rischia di subire questa situazione e di implodere. Sarebbe un peccato, perchè è proprio nel momento in cui la sinistra "reale" si divide che bisogna fare valere le ragioni del dialogo riscoprendo il patrimonio storico e valoriale che ci accumuna. Questo compito è responsabilità anche nostra, la sinistra "virtuale". E', paradossalmente, nel momento di massima distanza politico-parlamentare che l'esperimento kilombista acquista significato e importanza non secondari. 2-Per prevenire l'implosione di Kilombo è cruciale riscoprire le ragioni del nostro aggregatore e farle diventare progetto politico (sebbene rigorosamente non partitico). Se vogliamo impedire che Kilombo si trasformi (o rimanga) una vetrina in cui prevalgono le ragioni della polemica fine a se stessa tra nemici su quelle del confronto fruttuoso tra compagni, dobbiamo dotarci di tutti gli strumenti, reali e virtuali, necessari. 3-Il loro scopo non deve essere quello di ricreare dal vivo o alla moviola l'atmosfera litigiosa e individualistica di kilombo.org. Le ragioni dell'associazione e di kilomboslow sono ben altre e altrettanto importanti. Sono le ragioni dello stare insieme a sinistra, nonostante parlamento e governo. Non dobbiamo, infatti, governare un paese, ma salvaguardare legami, contatti, spazi comuni.

A leggere questi punti uno immagina lo sforzo di creare un contenitore alternativo ad uno in cui le persone passano il loro tempo ad accapigliarsi, fatto da saggi , bravi e paludati signori.
La cosa più interessante è lo sforzo di individuare un percorso "aureo" in cui alcuni fanciulli, scevri delle tensioni dei poveri mortali, dibattono coscienziosamente di massimi sistemi e delle "ragioni" della sinistra accogliendo in modo un pò elitario compagni di viaggio .

Fin qui nulla di male, in fondo. Tra tanti che chiacchierano, qualcuno in più aumenta solo il rumore di sottofondo.

Se non che ci passa sotto gli occhi questa mail, mandata alla redazione, da uno di questi virtuosi giovinotti che delinea molto bene cosa intendono i promotori (non i sottoscrittori che temo non conoscano gli scenari) per "confronto" e per "sinistra", Rigorosamente non partitica.

Questo il testo

"ho accorciato la maillist togliendo quelli che non hanno mai
partecipato alle discussioni. se volete rimetterli fate pure. mi pare che l'iniziativa abbia avuto un discreto successo e sta ora a noi non sprecarla. La non adesione di Valerio, Korvorosso (e altri compagni barricadieri) mi pare una indicazione positiva, forse abbiamo colto nel segno, e ci siamo fatti capire. Direi ora che possiamo pianificare i prossimi passi. Gli obiettivi sono due: un kilombo slow come luogo riflessione e un'associazione attiva.Il nostro primo asset è una lista di sottoscrittori, cioè di persone che condividono il nostro progetto. E' da loro che bisogna partire. Il secondo asset è kilomboslow aperto e in attesa di essere riempito di contenuti.Al momento ci sono 5 volontari per il comitato redazionale: titollo, supra, ciocci, grandangolo e me. se c'è qualcun'altro si accomodi pure. Bisognerà poi escogitare dei sistemi per il ricambio redazionale.Sui collegamenti con la redazione accolgo la mozione 3 di titollo.per l'associazione io non so veramente più che pesci pigliare. forse qualcuno si potrebbe fare carico di sentire tra i sottoscrittori se ce la voglia di organizzare un incontro. voi che dite? aloa"


Questo personaggio ha poi scritto una mail successiva per spiegare meglio.Per evitare ulteriore imbarazzo (all'imbecillità) per il momento ce la risparmiamo.

Guarda caso i promotori sono per la maggior parte"compagni" (tra loro affettuosamente si chiamano così durante qualche party) che orbitano, con tanto di dichiarazione, dalla parte del PD.Ed anche qui niente di male anche se, in sé, la cosa inizia a manifestare un certo odore. E pensare che c'è un adulatore dello spontaneismo della base.

La cosa inspiegabile è leggere tra i "volenterosi" un "compagno" che per qualche giorno ha fatto parte della redazione. Immagino che l'atmosfera di litigiosità abbia avuto anche il suo contributo e siamo portati a pensare che ha avuto bisogno di accompagnarsi a persone più in sintonia con le sue idee

La cosa che ci preme, compagni ed amici, è capire come faranno a conciliare, siffatti paladini della democrazia per pochi parenti, gli ideali con le vere intenzioni.Immaginiamo che chi ha scritto la mail capisca perfettamente il significato delle parole, sarebbe una cosa indecorosa stare qui a dire "no io, però intendevo un'altra cosa".Così come è strano che si abbia già la necessità di stare lì a cianciare sul significato vero del termine "laboratorio politico".
Noi dalla redazione siamo andati via, subodorando che tanta precipitazione nel voler chiudere la questione Kilombo slow avesse altri intenti, e sarebbe cosa buona e giusta che qualcun altro riflettesse su quello che fa lì dentro. Così come l'autore della mail, in coscienza, dovrebbe dedicarsi al suo blog e maturare momenti diversi per proporsi come volontario.Volontari così è meglio che stiano a casa.Aspettiamo. Le questioni che porremo sono le stesse che abbiamo evidenziato quando eravamo lì e sulle quali per mesi nessuno si è espresso.pensavamo di avere delle idee da condividere, sul modo, per rendere il lavoro più fluido.Sembrava un argomento centrale, vista l'accelerazione degli avvenimenti. Bé, silenzio.
Aloa

-continua alla prossima puntata dove sveleremo i dubbi amletici di mister collettivo, le proposte fatte su chi coinvolgere nella redazione di Kilombo slow( e su altre questioni) e come si è risposto-

Kilombo slow luogo di confronto

L'unica cosa che mi sovviene è : MI SCAPPA DA RIDERE MA SONO TROPPO CONCENTRATO A CAGARE PER ANGUSTIARMI CON ALTRE STRONZATE.
Ad ogni modo qualche spiegazione è dovuta, STIAMO LAVORANDO PER VOI alla prossima-))

mercoledì 24 ottobre 2007

Primo capitalismo, forme di dominio attuali e socialdemocrazia

Con la prima organizzazione dell'agricoltura in lotti di produzione, con la recinzione dei campi e la loro privatizzazione (XVII E XVIII secolo), inizia l'invasione delle città, in Inghilterra, da parte di una massa di persone in cerca di nuova occupazione.Quando non la trovano si arrangiano.Nascono nuovi mestieri ai limiti della legalità (giochi di prestigio , giochi d'azzardo e suonatori di organetti) e molte palesemente illegali. All'epoca mancavano le automobili e, quindi, il fenomeno dei lavavetri era di là da venire.Aumentò il disagio sociale e crebbe la microcriminalità. Anche in quel caso la reazione dell'autorità costituita fu quella della repressione violenta . Anche reati marginali (come il furto di un portafoglio) furono puniti con l'impiccagione.La società aveva bisogno del gesto esemplare per provare a gestire nuovi fenomeni a cui non era preparata.- A.Koestler- Reflections on Hanging 1956

Questa forma di reazione era conseguente al consolidamento del primo capitalismo. Seguirono altre stagioni e una massa organizzata di operai e persone costrinse, questo magmatico flusso di energie e di situazioni esplosive e contraddittorie,a trovare punti di mediazione nel riconoscimento di forme di assistenza che garantissero le persone, imbrigliassero gli effetti negativi del "capitalismo libero da vincoli", distribuendo un pò di quanto l'accumulazione del capitale aveva prodotto in termini di ricchezza disponibile.
Quelle cose sono costate faticose lotte,sangue e morti.
Ora siamo di nuovo davanti al profilarsi di quel periodo in cui, un capitalismo sempre più aggressivo, non è disponibile a riconoscere parte del suo profitto alla società ed alla sua parte più debole .

I socialdemocratici sono, nei fatti, convertiti ad un pensiero unico che necessita di pochi vincoli nella gestione delle risorse e dei fattori di produzione.La cultura del welfare viene descritta come elemento negativo, buono soltanto ad imbrigliare la creatività e la naturale inclinazione degli individui a rischiare. Negli USA uno dei progetti dell'amministrazione Clinton fu quello di far uscire dall'assistenza milioni di persone per trovare loro una collocazione nel mondo del lavoro. Questo obiettivo fu raggiunto al costo di una flessione totale dei salari di quanti facevano parte dei settori in cui queste persone furono distribuite (facchinaggio, pulizie,ristorazione etc.).L'esercito di riserva (quello dei disoccupati) aveva in questo modo assolto una delle sue funzioni. Abbassare i salari reali, aumentare la competizione tra poveri e la flessibilità ed aumentare il profitto.

I costi, di coesione sociale del liberismo, vengono espressi dalle statistiche che guardano ai comportamenti delle persone ed ai loro orientamenti.
Nel libro di Robert Putnam (Capitale sociale ed individualismo), l'autore analizza gli effetti dell'atomizzazione della società americana. I dati che analizza sono i più diversi ed eterogenei:
-adesioni alle associazioni di volontariato
-numero di volte in cui si invitano gli amici a cena
-andamento delle elezioni e partecipazione
Insieme a molti altri indici, questi declinano, inesorabilmente, verso il basso e danno l'immagine di un tessuto sociale in cui si afferma sicuramente l'individuo, ma l'individuo solo e privo di rapporti (sociali) solidi.

Altri fattori come la crescita della criminalità, dei divorzi, delle nascite fuori dal matrimonio sono cresciuti a dismisura dopo la metà degli anni ottanta, al contrario del tasso di fertilità che, inesorabilmente, misura la tendenza a non fare figli ed all'invecchiamento della popolazione.
Questi dati, complessi, sono abbastanza omogenei nel mondo occidentale, Europa e Stai Uniti.

Quella che si forma, in prospettiva, è una struttura di capitalismo globale che ha superato i confini di stati e nazioni e che ridisegna rapporti sociali e distribuzione delle risorse secondo le sue logiche e le sue esigenze.
La mediazione dei partiti politici tradizionali e dei sindacati sempre più guarda a questi fenommeni in modo ineluttabile e, cogliendo l'occasione, offre uno scambio di rendita creando i presupposti "legali" affinché ciò avvenga.
Questa è la sconfitta strategica della socialdemocrazia, non riuscire più a trovare punti di mediazione perché il contenitore all'interno del quale questo avveniva viene superato da nuove istituzioni e da nuovi rapporti.
Se l'esperienza dei paesi socialisti si è consumata nel mancare le occasioni storiche degli anni 20, quella della socialdemocrazia spirerà per consunzione.

Rimane un modo "antagonista" e radicale di costruire il tessuto di lotte e di consenso. Ripartendo proprio da quelle letture che descrivevano il primo capitalismo. Queste non sono superate e sono le uniche che sanno proiettare fino ad oggi una struttura di pensiero coerente, dei fenomeni che venivano descritti e studiati, con quanto avviene.
Rimane la questione di come costruire questo fronte e renderlo solido e visibile.Toni Negri guarda alla moltitudine ed alla figura del militante che così descrive" Un prototipo di questa figura rivoluzionaria è il militante agitatore degli industrial Workers of the World. I Wobbly diedero vita ad associazioni di lavoratori costruite dal basso attraverso continue agitazioni e, con questa forma di organizzazione, costituirono un pensiero utopico ed una conoscenza rivoluzionaria"

martedì 23 ottobre 2007

Settori e condizioni di lavoro oggi

Immaginate un mondo in cui la maggioranza delle persone lavora più di 60 ore a settimana non per avere successo ma solo per sbarcare il lunario.Immaginate un mondo in cui la mggior parte della gente compete per offrire i propri servizi a prezzi sempre più bassi, e dove la concorrenza è così estrema che si riesce ad ottenere quello che si chiede solo lavorando di più, ricavandone però il minimo necessario per sopravvivere.
Immaginate un mondo in cui la gente lavora in questo modo senza una programmazione regolare:giorni e orari di lavoro discontinui, passando dal giorno alla notte e viceversa con scarsissima prevedibilità.
immaginate un mondo in cui i salari dei lavoratori si arrestano bruscamente a ogni minima interruzione della catena di montaggio.
Immaginate un mondo in cui i datori di lavoro decidono per quale attività remunerarvi e quali dovete svolgere gratuitamente, e quest'ultima comprende il 25% della vostra giornata lavorativa!
Smettetela di immaginare, perchè questa è la vita dell'autotrasportatore oggi.

M.H.Belzer , Sweatshops on Wheels, prefazione

La vita dell'autotrasportatore italiano non è diversa. Questo è uno dei settori che ha subito una delle più importanti deregolamentazioni negli ultimi anni, in cui la logica del padroncino imprenditore, fortemente individualista, non riesce più a garantire neanche l'ammortamento del costo dell'investimento sui mezzi di lavoro . E' uno dei settori in cui più massicciamente si è assistito all'accorpamento di fusioni di aziende, fino al punto che, oggi, quelle in grado di reggere la competizione dei mercati si contano sulle dita di una mano, indebolendo la capacità contrattuale dei fornitori e creando un mondo di lavoro, in sub appalto gestito da cooperative,che è all'avanguardia in Italia per quanto riguarda flessibilità e precarietà.
Questo settore (servizi di trasporto e logistica) ha nel suo DNA quella massima che dice" e' il mercato bellezza" . Con tutto quello che ne consegue per la vita delle persone.

lunedì 22 ottobre 2007

Il convegno sulla legge 30 e quello che ci aspetta

Una delle "brillanti" conclusioni del convegno a difesa della legge 30 è stata: "in Italia il lavoro c'è, anche quello a tempo indeterminato. Basta cercare tra i servizi (pulizie) o tra alcune attività che oggi svolgono solo gli extracomunitari (saldatori etc.)."Una bella pietra tombale sulle ambizioni di tanti giovani e rampanti neo laureati.
Questa cosa detta insieme ad altre quali: "sono stati creati tre milioni di posti di lavoro dalla applicazione del pacchetto Treu e dalla legge 30", danno il senso delle approfondite analisi con cui una schiera di "nullafacenti", ben pagati, si è occupata della questione precariato.

Nel 1992 il totale dei lavoratori dipendenti (a termine + tempo indeterminato) era stimato, dall'Istat, in 14 milioni 961 mila unità. Nel 93 si scende a 14 milioni 631 mila. Nel 1994 si assesta a 14 milioni 417 mila unità. Da allora, e fino al 2005, il numero è salito a 16 milioni 719 mila unità. La crescita, in valore assoluto, rispetto al 94 è stata di 2 milioni 300 mila unità (circa), rispetto al 92 di 1 milione 758 mila unità.Verso il 94 il peso del lavoro a tempo determinato, contro quello a tempo indeterminato, è passato dal 10% al 13,5% (dato ultima rilevazione trimestrale Istat). Questi numeri non dicono tutto sul fenomeno precariato e si limitano a registrare quanto avviene con i contratti a termine.

Questa tendenza è una logica conseguenza di ciò che offre questo "sistema" economico . Pensare che si possa invertire questa tendenza solo con la fede in una politica che dia più diritti è pura illusione. La prospettiva per i giovani, e non solo per loro, è un destino fatto di precariato e di società che qualcuno descrive come "liquida". Il capitale ha la tendenza ad andare dove il costo del lavoro è più basso e scarica, in questo modo, mercati che dal suo punto di vista non sono più competitivi. A questo si accompagna una politica salariale che fa crescere le disparità retributive tra la punta della piramide e la sua base. Basta guardare a quello che accadde negli USA, ed a ciò che avviene da noi ed in Europa, per capire come certe tendenze non sono modificabili solo con politiche che intervengono sui "diritti" delle persone ma dovrebbero integrarsi ad un diverso modello economico e di coesione sociale, partendo da come si distribuisce la ricchezza prodotta dal paese.

Secondo l'economista Shankar i segnali spia (ultimi 25 anni di ciclo) che hanno portato, tra l'altro, ad una modificazione del mondo del lavoro nei paesi maggiormente industrializzati sono riassumibili in:
-calo drastico del PIL pro capite
-disoccupazione cronica crescente
-distribuzione diseguale del reddito e della ricchezza
In particolare il tasso medio di disoccupazione cronica che nel periodo 64/73 era del 3%, salì al 5% tra il 74 ed il 79, al 7,8% nel 93 per scendere al 6,5% nel 2001 e risalire al 7,1% nel 2003
In aggiunta a questo fenomeno, si è assistito ad una graduale mutazione del mondo del lavoro e della qualità del lavoro offerto dalle aziende.La tendenza alla precarizzazione non è più un "momento" del ciclo economico e dello sviluppo dei paesi ma un aspetto strutturale, di caduta, degli effetti della competizione del capitale a livello globale . Questo effetto si combina a quello che vede sostituito il lavoro perso con uno meno qualificato e peggio retribuito. Negli USA il reddito delle famiglie americane passò dai 18 mila dollari nel 1947 ai 36 mila 900 del 1973. Nei 20 anni successivi passò a "soli" 38 mila 400. Secondo Mishelle e Bernstein la crescita delle disuguaglianze reddituali fu dovuta al fatto che il 60% delle famiglie più "povere"vide una diminuzione del reddito contro una crescita del 63% per l'1% della fascia più ricca.Il peso maggiore della discesa dei salari reali fu messa sul conto di diplomati e sui lavoratori senza titolo di studio. A partire dal 1987 anche i ceti medi subirono una perdita dei salari reali.I dati riportano una perdita del 3,1% per i laureati (1987/1991),del 3,5% per le retribuzioni orarie degli uomini.A questo si associò il fenomeno della de qualificazione professionale.Le ristrutturazioni non riguardarono più solo la manodopera operaia ma anche il mondo dei colletti bianchi.Le imprese furono de localizzate ed i lavori in sostituzione le offrirono aziende di servizi a basso valore aggiunto.

La logica che guida il profitto è quella di vedere nel lavoro un "fattore di produzione". Quelli che sono i costi sociali, di questo "fattore", non lo riguardano. Da questo punto di vista si afferma la logica del "capitalismo" che regola e si autoregola in tutti i suoi elementi costitutivi. Qualsiasi rigidità del sistema viene superata cercando altrove le condizioni idonee per poter continuare la sua corsa. Questa miopia è uno degli elementi fondamentali della sua fragilità.Gli anticorpi che produce sono conflittuali e generano "rivendicazioni". Il rischio, per noi, è trovarci di fronte ad uno scenario in cui le "rivendicazioni" se non accompagnate da una visione e da una strategia conseguente sono destinate a non cogliere alcun obiettivo.

Se non viene ripensata una politica economica in cui, per gli interessi della maggior parte della popolazione, si riacquisiscano modalità e mezzi di produzione, asset strategici, si riformulino alleanze internazionali e si re distribuisca reddito, il destino è quello di un costante declino sociale accompagnato da una polarizzazione in termini di ricchezza tra due estremi. Se non c'è scelta bisogna prepararsi al domani organizzando le basi di una profonda e radicale contrapposizione a questo modo di sviluppare il paese, alle sue istituzioni ed ai suoi rappresentanti.Lo slogan dovrebbe essere quello di "alzare il tiro" e di puntare in alto. Il terreno lo stanno preparando loro, a noi il compito di costruire un'alternativa praticabile.

sabato 20 ottobre 2007

Hanno la faccia come il culo

Chi ha la faccia come il culo? Provate ad immaginare un convegno di fancazzisti, in cui si parla di precarietà e leggi Treu e Biagi, in cui entrano dei ragazzi precari che contestano. Dalla platea un fancazzista (o molti, fate voi) che invita quei ragazzi ad andare a lavorare (di Sabato). Un pò come Montezemolo che discettava, dall'alto dei suoi milioni, di gente che non ha voglia di lavorare. Chi è che ha la faccia come il culo?

Da la Repubblica

12:47
Precari contestano il convengno


Parapiglia alla manifestazione organizzata al centro convegni Capranica dal comitato a difesa della legge Biagi. Un gruppo di cinque o sei giovani di Rifondazione comunista è infatti entrato nella sala dove si svolge il convegno esibendo un lungo striscione proprio davanti al tavolo degli oratori: "Siamo troppo giovani per lavorare", era scritto sul cartello in polemica con alcune norme della legge 30. "Il protocollo non me lo accollo". Quando i giovani sono entrati nella sala del convegno, dalla platea si è levato un grido: "Andate a lavorare'.

Giavazzi, cazzata detta ed una recensione

Francesco Giavazzi è un liberista duro e puro. Domenica, in un editoriale del Corsera, lo ha ricordato con insolita violenza. Sosteneva che il governo è una pappamolla pronto a fare «un passo indietro» sul protocollo welfare per paura dei sindacati. E faceva anche l'esempio di Fincantieri, non privatizzata per «paura di sfidare un sindacato cui sono iscritti 500 dei 10mila dipendenti». La Fiom, tirata in ballo, ha pacatamente fatto sapere di avere in quell'azienda 3.411 iscritti, il 37% del totale. E che l'appello contro la privatizzazione è stato firmato da 6.443 dipendenti (il 71%). E' un bene che Giavazzi non si occupi di scelte operative: se provasse a trattare le persone in carne e ossa come tratta i numeri, provocherebbe certamente conflitti sanguinosi. Ma proprio non si trova uno più esperto che provi a indottrinarci senza inventare numeri e teorie economiche?

Fonte:http://www. ilmanifesto.it

Perchè Giavazzi ci vuole convincere che il liberismo è di sinistra? Misteri della fede. Io penso che il liberismo è liberismo e basta.La sua natura è tale che si trova di più a suo agio con un conservatore borghese che con un comunista o un socialista.
La scala dei valori a cui fa riferimento è lontana mille miglia dalla nostra cultura e dalla nostra storia.
Perchè ostinarsi? In attesa di capire un'interessante recensione all'ultimo libro del professore. Consiglio di non comperarlo.

I precedenti sono illustri. Nello stilare l'elenco di cosa è di sinistra e cosa no, di cosa è rock e cosa è lento, si erano già cimentati Nanni Moretti e Adriano Celentano, mettendo in luce i paradossi e le assurdità di queste tassonomie. Si aggiungono ora Alberto Alesina e Francesco Giavazzi con il loro Il liberismo è di sinistra (Saggiatore, pp. 126, euro 12). Affermazione fatta per stupire, ma che dovrebbe stupire prima di tutti i liberisti.
Si potrebbe infatti dire, che il liberismo consiste in primo luogo nel liberare il mercato da vincoli e ingerenze che ne alterano la dinamica e l'espansione. Un'affermazione che equivarrebbe in qualche modo a sostenere che il mercato è di sinistra. Ma c'è da dubitare che il mercato l'apprezzerebbe, essendosi sempre autorappresentato come l'antitesi di un disegno politico, come un dispositivo spontaneo, quando non come una legge di natura. Comunque qualcosa di Altro dalla politica. E, del resto, anche chiedersi se lo stato (e lo statalismo) siano di destra o di sinistra sarebbe piuttosto ozioso, essendo stati, disgraziatamente, entrambe le cose. Dunque meglio sarebbe chiedersi se il liberismo sia ragionevole, se abbia contribuito a incrementare il benessere dei singoli e la ricchezza della società.
Metafisica del mercato
Prima ancora converrebbe tuttavia interrogarsi se qualcosa come il libero mercato e la concorrenza tra eguali siano mai esistiti nella realtà. Come sarebbe difficile rispondere con un secco no alla prima domanda (è Marx stesso a guardarsene bene) pur avendo sotto gli occhi i disastri della storia del capitalismo, altrettanto azzardato sarebbe rispondere affermativamente alla seconda. I monopoli, le lobby, i poteri corporativi, la corruzione non si sviluppano solo attraverso interventi, per così dire abusivi sul mercato, ma anche a partire dalla sua dinamica interna, dalla sua spontanea evoluzione. Sono un fatto, per dirla all'antica, strutturale.
Tant'è che Alesina e Giavazzi confidano fortemente nelle autorità di controllo indipendenti (Antitrust, Consob, Comunicazioni, Energia, etc.), per imporre il rispetto delle regole auree del mercato. Queste costituirebbero l'ossatura di uno «stato liberista forte». Dietro questa fede si cela un'idea molto platonica della politica. che considera queste entità come una sorta di emanazione della «dea ragione» al riparo da interessi confliggenti, rapporti di forze, scontri di potere. Fuori dalla storia. Idea astratta e ben lontana da una realtà in cui monopoli, cartelli, corporazioni, fioriscono lussureggianti e le regole sono tutt'altro che neutrali. Basterebbe ripercorrere la storia recente dei diritti di proprietà intellettuale per illuminare quanto arbitrio e sopraffazione abbiano agito nella definizione di queste regole.
Ma di siffatte astrazioni il pamphlet di Alesina e Giavazzi è prodigo. Nel cantare le lodi della «meritocrazia» gli autori si guardano bene dall'entrare nel merito del merito, dallo spiegarci, insomma, di che cosa si tratti. Il famigerato Sessantotto ne coltivò, invece, un'idea piuttosto realistica: il merito - sostenne - è l'approvazione dei poteri costituiti. E, in conseguenza, si schierò contro il merito conformista e a favore del talento, che però non è «cratico» tant'è che nessuno ha mai sentito parlare di «talentocrazia». Il merito è un giudizio e dipende da chi lo pronuncia. E dove starebbe oggi quel «tribunale della ragione» incaricato di attribuirlo? Nei quiz demenziali che aprono le porte dell'università? Nell'incubo bancario che domina il corso degli studi? Nell'astuzia ipocrita che sottende le carriere politiche? Nell'insindacabile giudizio dei baroni e degli opinionisti alla moda?
Lo spreco produttivo
Il vizio degli economisti «liberisti e di sinistra» è quello di ridurre tutto a un calcolo costi-benefici e, per di più, di credere che si tratti di una cosa semplice, pacifica, al riparo da fattori imprevisti, anomali, incalcolabili, con il risultato di precipitare continuamente in una gretta contabilità. Per esempio si pretende dall'«azienda universitaria» di ottenere un rapporto ottimale tra input di materia prima (gli studenti) e output di prodotto finito (laureati e diplomati). Fatto sta che gli innumerevoli giovani che hanno partecipato all'acculturazione di massa senza diventare prodotto finito, costituiscono l'insostituibile bacino del consumo culturale a tutti i suoi livelli. E siccome i consumatori sono l'alfa e l'omega dei nostri due autori, non dovrebbero sottovalutare questa circostanza. Il problema dello «spreco», della dispersione, delle eccedenze è molto più complesso di quanto uno schema economicistico possa abbracciare. L'innovazione, il salto di qualità, perfino la competitività spesso si annidano proprio nei fattori che esso non contempla. Se si apprezza il rischio non si può condannare lo spreco. Se si persegue l'eccellenza bisogna migliorare il livello della mediocrità. Quanto alla figura del consumatore, la sua divinizzazione non è meno unilaterale e astratta di quella del produttore e risponde a quella medesima logica che riduce le persone a funzioni. Sostituire un «patto dei consumatori» al «patto dei produttori» non sembra condurre fuori dalla vecchia mentalità riduzionista e conciliatoria.
Non a caso i nostri due liberisti di sinistra concludono con un sentito apprezzamento per le futili politiche repressive adottate dai sindaci d'Italia. Dalla persecuzione bolognese dei nottambuli alla crociata fiorentina contro i lavavetri. Misure appunto rivolte contro quanto di buono ci ha recato il liberalismo storico: libertà di movimento, espansione dei consumi, libera impresa (quella dei lavavetri, dei centri sociali e dei lavoratori autonomi «sfigati»), libertà delle inclinazioni individuali. A dimostrazione inequivocabile che liberismo e libertà stanno divorziando, che lo stato minimo si fa massimamente prescrittivo e proibizionista, che le regole della virtù (e del mercato) continuano ad essere definite dall'alto e nell'interesse dei privilegiati. Con il decisivo contributo del dirigismo di sinistra.
I fronti opposti

Su un punto, ed è un punto importante, con Giavazzi e Alesina si deve convenire. L'idea di ricondurre tutto il lavoro flessibile al tempo indeterminato è fuori dalla storia e dalla ragione. Mantenere in piedi lavoro inutile e costoso invece di sviluppare diverse forme di sostegno al reddito, per salvaguardare l'etica del lavoro e una omogeneità biografica e politica irrimediabilmente tramontata è criminale. Sarebbe come abolire le pale meccaniche per moltiplicare il numero dei braccianti. Ma sulla flessibilità-precarietà (quando non si tratti di una maschera della subordinazione), sulle condizioni di vita, i diritti, le risorse, le libertà di scelta e di movimento del lavoro intermittente e precario la battaglia è aperta ed è improbabile che ci troveremo dalla stessa parte. Indebolire l'autonomia e i diritti dei singoli per accrescere la loro appetibilità sul mercato del lavoro è un'aspirazione che accomuna il sogno conservatore della piena occupazione e le politiche del ricatto care agli sfruttatori del lavoro precario. Liberisti e sinistre. In una stagione ormai remota, una certa corrente politica e intellettuale si autodefiniva «sinistra non marxista». Terminata la lettura di questo pamphlet, verrebbe voglia, se non fosse comunque un po' riduttivo, proclamarsi «marxisti non di sinistra».
Marco Bascetta
Fonte:http://www.senzasoste.it/

venerdì 19 ottobre 2007

Reddito da classe dirigente e morte da povero

La somma dei compensi di 11 manager italiani, nel 2005, è stata di 41 milioni di euro circa.Andiamo dagli 8 milioni di Tronchetti Provera (incremento rispetto al 2001 del 33,6%), ai 7 milioni865mila euro di Profumo (incremento rispetto al 2001 del 215,6%).Il valore dell stock option, 2006, di 10 altri personaggi dell'imprenditoria italica è stata di 115 milioni di euro. Andiamo dai 37 milioni di Bifulco di lottomatica ai 10 milioni di Montezemolo.
Sono alcuni dati, presi a campione, che danno un'idea di cosa significa essere classe dirigente nel nostro paese. Il dott. Epifani, quando siede al tavolo delle negoziazioni con qualcuno di quegli illustri signori, parte dal suo stipendio che è di circa 3.500 € più benefits, al mese.L'aliquota fiscale sui dividendi delle stock options è del 12,5% la cessione fatta a terzi gode del seguente trattamento:"Per le stock options come strumento di incentivazione dell'alta dirigenza, per evitare la tassazione, l'assegnazione deve avvenire al valore normale, cioè il valore medio dell'ultimo mese di contrattazione. Solo così il guadagno non è considerato retribuzione in natura e chi lo realizza non paga imposte sul reddito e contributi, ma solo il 12,50% sul capital gain."

Una delle questioni banali è relativa al criterio per il quale stabiliamo che il dott. Profumo debba "godere" di una retribuzione di quella portata e cosa "giustifica" il valore della sua prestazione rispetto ,ad esempio, a quella di un infermiere che si occupa di persone all'interno di un pronto soccorso. Potremmo anche chiedere perché così tanta differenza rispetto ad un operaio metalmeccanico. In pratica la questione che si pone è sapere che cosa giustifica, in un'economia di libero mercato quale è la nostra, queste differenze. Undici uomini hanno un reddito equivalente a quello di 1826 lavoratori con reddito di 23.000€ all'anno o, se preferite, di circa 3000 precari (probabilmente anche laureati).

Questo sistema drena risorse a favore di una casta di "burocrati" e "magnati" dell'imprenditoria che negoziano con quattro "morti" di fame quanto è giusto distribuire, in spiccioli, al popolo. Consuma , in buona sostanza, ricchezza prodotta trasformandola in rendita parassitaria. Nega reddito e possibilità di consumo. Lo stesso popolo , con entusiasmo ed in minima parte, sottoscrive un accordo "fuffa" che mette una bella pietra tombale sulle aspirazioni ad un sistema equo e giusto per tanta gente.

Ora, rispetto a questo sistema "democratico", noi comunisti siamo in minoranza.Ci sarebbe da chiedere cosa è maggioranza rispetto a questi valori e quanto siano ragionati e condivisi fino in fondo. Quale è l'informazione disponibile e chi la produce. Quanto tempo dedichiamo a questo e quanto ai fenomeni che, nella quotidianità, servono ad occupare il cervello e la parte emozionale ed irrazionale delle persone (come ad esempio la microcriminalità o l'immigrazione).

In attesa di costruire il sol dell'avvenire, credo sia necessario porre con forza la semplice questione del reddito e della distribuzione della torta della ricchezza prodotta.Intorno a questo costruire un fronte "radicale" sia nelle sue "parole d'ordine" che negli strumenti e forme di lotta. Credo che sia necessario dirsi molto semplicemente che è ora di ricostruire nei quartieri, nelle piazze e nei luoghi di lavoro modi e sistemi di lotta che non abbiano paura di andare allo scontro e rimettere in discussione l'ordine delle cose. Se non ci avviamo su una strada di "conflitto" sociale organizzato e con un modello che parta da questioni pratiche e concrete, qualsiasi movimento farà fatica a non durare più del battere delle ali di una farfalla.

Insieme a queste questioni vorrei fare un salto ad una notizia che mi ha colpito. Anche nella morte e nel diritto ad una degna sepoltura ci sono delle belle differenze.
A Torino, se sei povero e il tuo bambino muore prima di nascere, il comune dovrebbe provvedere alla sua sepoltura (nuda terra). Da un po' di tempo i soldi sono pochi e si sa che si tagliano tutti quei servizi "non essenziali". da qui la richiesta agli ospedali di pagare una tariffa per poter fare i funerali. Il risultato è che i soldi mancano ed i funerali non si fanno, per le mamme non rimane che il pianto di fronte ad una scatola posta, per un pò, dentro una cella frigorifera.Dopo un pò si brucia pure quello.Che volete, mancano i soldi e chi dovrebbe pagare?

mercoledì 17 ottobre 2007

Il grande partito democratico

Il Partito democratico ha più delegati del partito comunista cinese.Circa 2800 contro i 2217.Questo poderoso think tank della nuova democrazia cristiana ha il compito di disegnare le linee guida del partito scatola. Una volta messe a posto le poltrone, ricontati i voti, ripescati quelli trombati (tra cui la Melandri con sommo gaudio dei giovani,la Binetti,Amato,Bassolino e Visco) tanto per non scontentare nessuno e garantire la continuità con il passato,liquidati e rimandati a casa i giovani ed i creativi, si tornerà finalmente a fare politica.
La prima questione è un bel rebus. "Vogliamo governare l'Italia e dopo tutto questo sforzo mediatico i sondaggi ci danno al 30%.Si potrebbe dire tutto questo per il nulla. Ci mancano ancora la bellezza di 21 punti percentuali per centrare l'obiettivo."
L'unica alternativa seria è una bella alleanza con Forza Italia.Tra un pò il nanetto toglie le tende per limiti anagrafici e biologici, Bondi lo segue a ruota e pensate voi che quella gente si perde questa occasione per garantirci almeno 50 anni di prosperità, potere e felicità? Hanno generazioni di figli e parenti da sistemare ed il modo bisogna pur trovarlo. Trovate qualche motivo serio perchè questo non avvenga? Qualche tratto del loro programma e del loro DNA che li distingua seriamente l'uno dall'altro? Qualche sacro principio da difendere a prescindere? In fondo se hanno accettato di convivere con Dini e l'ex fascio di Fisichella cosa volete che sia qualche ex venditore di polizze di assicurazione berlusconiane.
Volete mettere, finalmente, il gaudio per poter togliere dal blog la faccia del nano con la sbarra sopra? Sito de berlusconizzato recitava qualcuno.
Per tutto questo cosa c'è di meglio dell'uomo ramarro? Cambia colore in funzione dell'ambiente. sarebbe capace di ridiventare più rosso del rosso in un'assemblea di metalmeccanici.Avete presente il Totò che vendeva il colosseo? La forza stringente degli argomenti è quella. E poi, compagni, non possiamo non dare un'altra possibilità a baffino. Uno che in un altro paese avrebbero preso a calci in culo per i danni prodotti. Ricordate Misserville nel suo governo? E Cossiga l'adulatore?Quella guerricciola con i vicini dell'altro lato del Mediterraneo? Ed i morti per uranio impoverito che si posta sulla coscienza (oltre che sotto le scarpe griffate)?
Questo è l'orizzonte. Questo è il futuro dentro cui dovremo crescere i nostri figli. Per fortuna non tutto è immobile e, forse, il 20 è un'occasione per rivedere qualche faccia di popolo in piazza. Non tanto per la nomenclatura della così detta cosa rosa. Solo per noi. Per guardarci e stare finalmente bene. Almeno per un giorno.

lunedì 15 ottobre 2007

Il caos prossimo venturo

Prem Shankar Jha,nel suo ultimo libro, afferma che il capitalismo è condizionato da una sua connaturata asimmetria dovuta a due fattori:
- la tendenza dei mercati a ritrovare il loro equilibrio dopo uno shock
- il disinteresse e la cecità rispetto agli effetti re distributivi di questi nuovi equilibri

Questi elementi sono generatori di potenziali conflitti e necessitano dell'intervento dell'uomo affinché ridimensionino la tendenza del capitalismo a generare caos .

Le trasformazioni economiche, indotte dalla tecnologia, producono, all'interno di questi processi, i seguenti fenomeni:
-crescita delle differenze di reddito (tendenza alla concentrazione dei profitti in poche mani)
-l'utilizzo della tecnologia se accompagna la riduzione del costo del lavoro, determina contestualmente la disponibilità di minor reddito per la parte finale della catena produttiva (la base della piramide).
-i cambiamenti tecnologici, al mutare delle tecnologie disponibili, portano ad una crescita degli esuberi con un aumento dei posti di lavoro nei settori meno qualificati e a più basso valore aggiunto (servizi).

Il progresso del capitale si afferma in una sorta di processo distruttivo di ciò che fino a ieri ha contenuto e legittimato la sua forza.
In questo senso il capitalismo ha la tendenza ad allargare il suo contenitore, distruggendolo.

"Il concetto di un contenitore per il capitalismo fu ideato da Fernand Braudel e si riferisce a una unità sociale, economica e politica sufficientemente ampia da organizzare e contenere tutte le funzioni interconnesse del capitalismo.....Sebbene le connessioni interne che definiscono tale unità siano eminentemente economiche, la necessità di un contesto sicuro in cui operare la trasforma anche in una unità politica e militare.la tecnologia è il motore dell'inesauribile crescita del contenitore del capitalismo negli ultimi sette secoli, perchè ogni nuovo sviluppo tecnologico ingrandisce la scala economica minima di produzione."

I cicli storici in cui questo avviene (formazione del contenitore) vengono così identificati :
1° ciclo- Formazione e leadership delle città stato (Firenze, Genova, Venezia)
2°ciclo- Leadership Paesi Bassi (città stato ancora con un ruolo)
3°ciclo- Leadership Inghilterra, stato nazione e colonialismo (fino alla fine del XIX secolo)
4°ciclo- Leadership USA

Il comune denominatore dei cicli storici ,e della nascita di nuovi soggetti, è dato da:
- aumento del disordine (guerre, disordini sociali,distruzione delle istituzioni sociali)
-creazione di nuove istituzioni funzionali al nuovo assetto

I 4 cicli descritti sono stati accompagnati dall'esplosione di guerre e da un contestuale rimodellamento dell'ordine internazionale, in particolare:
-1° ciclo- guerra dei 100 anni tra le città stato del Nord Italia
-2°ciclo- guerra dei 30 anni
-3°ciclo-conflitto con Olanda e Francia
-4°ciclo-guerre mondiali e guerra fredda

Secondo questa analisi, oggi, siamo di fronte allo sviluppo di un 5° ciclo, in cui il capitale cerca punti di sbocco in termini economici ed un nuovo contenitore che ne garantisca l'agibilità.
Al contrario delle teorie che identificavano con la caduta del regime sovietico la "fine della storia" ed una contestuale era della noia e della prosperità, siamo di fronte ad un periodo di "caos sistemico" in cui l'ordine delle cose non è dato e la costruzione di nuovi assetti avverrà in modo traumatico, aggressivo e violento.

Come fare il sindaco de sinistra


Chi mi segue sa che parte della mia famiglia è legata al Brasile. Ho adottato Lucas nel 1994 ed ogni tanto il mio cuore e la mia testa ritornano in quei luoghi.Amo il Sud America per i suoi spazi infiniti, la voglia di vivere, quell'atmosfera da "rivoluzione" possibile in ogni istante, la sua storia e la perenne sensazione di avventura che ti danno le sue strade ed i suoi villaggi,la varietà dei paesaggi e la possibilità di isolarti veramente se lo vuoi, la sensazione del trascorrere lento del tempo, i colori e le atmosfere (non solo Sud America, i miei ricordi più belli sono legati anche al Salvador al Guatemala all'Honduras ed al Messico). Ogni tanto mi interrogo sulle ragioni per continuare a stare qui.Direi che sono sempre meno e mi faccio forza guardando all'età di mio figlio. In attesa di partire (tra non molto) vi invito a leggere questa corrispondenza da una città brasiliana e di come si può provare a vivere meglio senza andare in Svezia.


Curitiba, altro che Terzo Mondo!

L'impegno di un sindaco, il brasiliano Jaime Lerner della città di Curitiba, che "qui ed ora" ha cambiato il volto della sua città rendendola una delle realtà più evolute e una delle più grandi esperienze di cambiamento sociale che sia stata mai realizzata.

Dario Fo

Fonte: www.francarame.it

Una delle città brasiliane più prosperose, organizzata e con qualità di vita migliore. Curitiba è esempio in tutto il mondo nelle soluzioni urbanistiche e vita ambientale. Eletta capitale americana della cultura nel 2003, in un'iniziativa promossa dall'organizzazione capitale americana della coltura, creata nel 1997 e diretta verso i membri dei paesi dell' OEA. Città di coltura eclettica e fortemente influenzata dalla immigrazione tedesca, polacca ucraina e italiana, da cui discende la maggior parte della popolazione di Curitiba. Questo fatto è percepito da chi arriva e nota l'architettura, la gastronomia e le abitudini locali. E’ conosciuta come la capitale ecologica del Brasile, Curitiba conserva vaste zone verdi ed abbraccia l'ecologia della forma ampia. Ambiente con fauna e flora ricca e differenziata. I prodotti principali sono il matè e il caffè.

Fondata nel 1654, Curitiba è la capitale dello stato del Paranà sin dal 1831. Abitanti: circa 2.500.000.

Vi sorgono l'Università federale del Paraná (1912) e l'Università cattolica del Paraná (1959).

clicca sulle immagini per ingrandire

Curitiba non è una piccola comunità alternativa. E' una città di quasi 2 milioni e mezzo di abitanti. Si trova nel sud del Brasile. Non si tratta neanche di una storia nuova: va avanti da 30 anni. Nel 1971, in piena dittatura fascista, una serie di casualità portarono alla designazione di Jaime Lerner come sindaco della città. Lo avevano scelto perché era un inoffensivo esperto di architettura. Un trentatreenne che non si era mai impegnato politicamente e che sembrò l'ideale per mettere d'accordo le diverse fazioni al potere.

Jaime Lerner ci mise un po' ad organizzarsi, poi nel 1972 decise di creare la prima isola pedonale del mondo. Lerner sapeva di avere contro buona parte della città.

I commercianti erano terrorizzati dall'idea che i loro affari fossero danneggiati dal divieto di accesso al centro delle auto. E gli automobilisti odiavano l'idea di dover andare in centro a piedi. I maligni dicono che aveva paura che la sua iniziativa fosse bloccata da un esposto in tribunale. Resta il fatto che i lavori iniziarono proprio un venerdì, un'ora dopo la chiusura del tribunale. Un'orda di operai invasero il centro della città e iniziarono a sistemare lampioni e fioriere, ripavimentare le strade e scavare aiuole piantandoci alberi. Lavorarono ininterrottamente per 48 ore. Quando il primo contingente crollò stremato fu sostituito da un secondo battaglione di operai e andarono avanti così. Il lunedì mattina quando il tribunale riaprì i lavori erano finiti. Crediamo che nella storia del mondo nessuna opera pubblica fu mai realizzata altrettanto velocemente.
I cittadini di Curitiba se ne stavano a bocca aperta. Erano state piantate migliaia di piante fiorite. Una cosa mai vista. E la popolazione si mise a strappare tutti i fiori per portarseli a casa. Ma Lerner lo aveva previsto e già erano pronte squadre di giardinieri che sostituivano immediatamente le piante. Ci vollero un po' di giorni ma alla fine i cittadini smisero di rubare i fiori. I commercianti poi erano stupiti perché si accorsero che il centro cittadino trasformato in salotto eccitava le vendite. E quando il sabato successivo un corteo di auto dell'Automobil-club tentò di invadere l'isola pedonale si trovò nell'impossibilità di farlo perché migliaia di bambini stavano dipingendo grandi strisce di carta che coprivano buona parte della pavimentazione. Da allora tutti i sabati i bambini della città si ritrovano nell'isola pedonale a coprire di disegni meravigliosi enormi rotoli di carta stesa per terra.

Praça Japao
Castello
Strada dei fiori

La seconda operazione di Lerner fu quella di creare un sistema di trasporti rivoluzionario con strade principali riservate agli autobus e particolari rampe coperte (da tubi trasparenti) che portavano il marciapiede sullo stesso piano dei mezzi pubblici, permettendo ai passeggeri di salire sull'autobus senza fare scalini e quindi più rapidamente. Queste rampe davano la possibilità di accedere ai trasporti pubblici anche a chi era su una carrozzina a rotelle. Particolare attenzione fu data ai collegamenti con i quartieri poveri della città, furono acquistati autobus composti da tre vagoni, con porte più grandi che si aprivano in corrispondenza delle porte scorrevoli delle rampe coperte. Per tagliare i costi e i tempi furono anche aboliti i bigliettai e si decise di fidarsi del fatto che se i trasporti funzionavano veramente i cittadini pagano volentieri il biglietto. Grazie a queste innovazioni i tempi di percorrenza degli autobus di Curitiba sono 3 volte più veloci e trasportano in un'ora 3 volte il numero dei passeggeri, con un rapporto tra il denaro investito e i passeggeri trasportati superiore del 69%. Praticamente avevano creato una straordinaria metropolitana a cielo aperto.
Le autovie di Curitiba trasportano 20 mila passeggeri all'ora (più di quanti viaggino sui mezzi pubblici di New Jork). Gli autobus percorrono ogni giorno una distanza pari a 9 volte il giro del mondo. Rio de Janeiro ha una metropolitana che trasporta un quarto di passeggeri e costa 200 volte di più.
Grazie a questa gestione oculatissima dei costi le linee di trasporto si autofinanziano con il solo costo dei biglietti (circa mille lire), ammortizzano i costi di un parco mezzi costato 45 milioni di dollari, offrono utili alle 10 imprese che hanno in appalto il servizio e remunerano il capitale investito con un tasso di profitto del 12% annuo. L'autorizzazione rilasciata ai gestori del servizio è revocabile all'istante. Le banche, restie a collaborare con altre amministrazioni locali, sono ben disponibili a prestare denaro al comune di Curitiba.
I trasporti sono talmente efficienti che nel 1991 un quarto degli automobilisti della città aveva rinunciato a possedere un'auto e che il 28% dei passeggeri pur possedendo un'auto preferiva non usarla. E questo nonostante il traffico sia molto scorrevole e gli ingorghi sconosciuti.
A questo rifiuto di massa dell'auto contribuiscono anche 160 chilometri di piste ciclabili. Iniziare la riforma della città dai trasporti per Lerner era fondamentale perché egli teorizza che nulla influenza più rapidamente la coscienza dei cittadini quanto l'efficienza dei mezzi pubblici.

Stazione bus
Trasporti
Stazione bus
Stazione bus

Ma la riforma non si è fermata ai trasporti. Il problema delle baraccopoli e della miseria è stato affrontato trovando sistemi semplici in grado di offrire effetti positivi immediati e un cambiamento radicale della cultura a lungo termine. E' la fantasia delle soluzioni quello che stupisce di più. Sembrano pazze ma contengono un'efficienza enorme.
Ci sono servizi di distribuzione quotidiana di pasti gratuiti. Sono state costruite 14 mila case popolari. Ma si è agito anche distribuendo piccoli pezzi di terra per orti e per costruire case. I materiali di costruzione vengono acquistati con un finanziamento comunale a lungo termine ripagato con rate mensili pari al costo di due pacchetti di sigarette. Ogni nuova casa riceve poi in regalo dal comune un albero da frutta e uno ornamentale. Il comune offre anche un'ora di consulenza di un architetto che aiuta le famiglie a costruirsi case più confortevoli ed armoniose. I quartieri poveri di Curitiba sono i più belli del mondo.
Esiste un servizio di camioncini che girano per la città scambiando due chili di immondizia suddivisa con buoni acquisto che permettono di acquistare un chilogrammo di cibo (oppure quaderni, libri o biglietti per gli autobus). Così il 96% dell'immondizia della città viene raccolta e riciclata [I cestini per i rifiuti sono doppi: per l'organico e per l'inorganico, n.d.r.]. [Uno degli slogan che caratterizzano la città è "la spazzatura che non è spazzatura". Praticamente tutta la carta raccolta viene riciclata e, come spiega
orgogliosamente un cartello elettronico che campeggia in mezzo al parco, "50 chili di carta riciclata bastano a salvare un albero. Il riciclaggio della carta ha salvato finora 4'693'559 (il numero aumenta di secondo in secondo) alberi. n.d.r.]. Il che ha permesso di risparmiare milioni di dollari per costruire e gestire una discarica. Attraverso la pulizia della città e una migliore alimentazione della popolazione povera si è ottenuto un netto miglioramento della salute.
Il tasso di mortalità infantile è un terzo rispetto alla media nazionale. Ci sono 36 ospedali con 4500 posti letto, medicinali gratuiti e assistenza medica diffusa sul territorio. Ci sono 24 linee telefoniche a disposizione dei cittadini per informazioni di ogni tipo. Una di queste linee fornisce ai cittadini più poveri i prezzi correnti di 222 prodotti di base. In questo modo si garantisce ai consumatori di non cadere vittime di negozianti disonesti.
Ci sono anche 30 biblioteche di quartiere con 7000 volumi ciascuno. Si chiamano "Fari del sapere" e sono casette prefabbricate e dotate di un tubo a strisce bianche e rosse alto 15 metri. Sulla sommità della torre c'è una bolla di vetro dalla quale un poliziotto controlla che bambini e anziani possano andare in biblioteca indisturbati.
Ci sono 20 teatri, 74 musei e centri culturali e tutte le 120 scuole della città offrono corsi serali. Vengono organizzati corsi di formazione professionale per 10 mila persone all'anno. Gli abitanti di Curitiba sono collegati a un "Telefono della solidarietà" che permette di raccogliere elettrodomestici e mobili usati che vengono riparati dagli apprendisti artigiani e rivenduti a basso prezzo nei mercati o regalati.
Grazie al microcredito, una volta imparato un mestiere i giovani possono aprire un'attività in proprio. Vengono aiutati anche coloro che vogliono diventare commercianti ambulanti attraverso la concessione di autorizzazioni al commercio facilitate. Ed è proprio la logica con la quale si affrontano i problemi ad essere diversa. Ad esempio, le azioni di un gruppo di giovani teppisti che strappavano fiori all'orto botanico furono interpretate come una richiesta di aiuto e i ragazzi furono assunti come assistenti giardinieri. Un'altra grande iniziativa di Lerner è stata quella di creare decine di parchi dotati di laghetti e di piantare ovunque alberi. Curitiba è la città più verde del mondo (55 m2 per abitante, n.d.r.). Insomma un paradiso con il 96% di alfabetizzazione (nel 1996). Gli abitanti che hanno un titolo di studio superiore sono l'83%. La città ha un terzo in meno dei poveri del resto del Brasile e la vita media arriva a 72 anni, grossomodo quanto negli USA, ma con un reddito procapite che è solo il 27% di quello degli Stati Uniti. Insomma, per essere una città del Terzo Mondo non è male...
A questo punto però c'è da chiedersi come mai l'esperienza di Curitiba non sia conosciuta in Italia. Abbiamo fatto una ricerca e ci hanno detto che anni fa la rivista Nuova Ecologia pubblicò un lungo servizio su questo miracolo dell'onestà creativa e anche l'Espresso ne parlò. Allora come è successo che Curitiba non è diventata un esempio da imitare? Perché queste tecniche ingegnose ed entusiasmanti non sono diventate il cavallo di battaglia della nostra sinistra? Cosa hanno i nostri politici? Sono sprovvisti di senso pratico? Sono ammalati di serietà? Non sanno più sognare?

domenica 14 ottobre 2007

La vendetta del sindacato. Contro operai e precari


Sui numeri che vengono amplificati da TV e giornali, mi sembra di ritrovare il senso di una scenetta di Totò.Con una serie di botti esemplificava il suo parere su una bellezza femminile che gli si proponeva d'avanti agli occhi. era una serie di bum, patabum,bum bum bum buuuummmm!!!! fino all'allegorico patatatatabummmmm!!!!.
In quattro giorni milioni di Italiano hanno ritrovato la voglia ed il gusto per la politica. 5 milioni alla consultazione sindacale, 500 mila alla manifestazione di AN e da questa mattina il sito di repubblica mi avvisa che sono in 600 mila per votare il candidato del Partito Democratico.
Sono senza parole. Qui si annunciava la fine della politica e questi qui, in men che non si dica, mettono in piedi questa roba da revival del 68 alla rovescia. Qualcosa mi dice che la manifestazione di rifondazione non avrà la stessa copertura e lì qualcuno che misura anche il pelo lo troveremo certamente.
Intanto ci accontentiamo di proporre qualche questione su quanto è accaduto con la consultazione sul protocollo:
1- Vi sembra credibile che soltanto lo 0,16% dei pensionati abbia manifestato il suo dissenso?
2- Vi sembra credibile che non si sia ancora in grado di fornire uno spaccato per categoria dei voti?
3- I primi dati dicono che sul totale del pubblico impiego ha votato il 7%, della scuola il 3%.Solo i metalmeccanici sono andati a votare per circa il 50% della categoria. Se i dati sono questi come hanno fatto a raccogliere 5 milioni di persone?Possibile che la differenza la facciano disoccupati e pensionati?
4- la Sicilia, notoriamente industrializzata, ha detto si per il 92%.A votare sono andati in circa 600 mila. Una bella lezione di partecipazione non c'è dubbio. Il doppio di quelli che votarono sulla riforma Dini.Sicuri che in quel contesto quel 92% sia espressione di dialettica democratica?
5- E' credibile che quanto accaduto in Lombardia non faccia porre delle domande?
" quel che è accaduto in Lombardia, dove fino a una certa ora il «no» stava intorno al 57-58%, per poi precipitare al 52% e infine al 47,7% quando sono arrivati i numeri da «una serie di piccole fabbriche non sindacalizzate» (dove, cioè, non c'era mai stato un solo iscritto Fim, Fiom o Uilm), tutte con percentuali bulgare a favore del «sì»"
6- Non riusciamo più a trovare un bel giornalista, di quelli modello liberal democratici americani che tanto vanno di moda al cinema e che piacciono a Wuolter, che abbia voglia di fare un'inchiesta seria sulle condizioni in cui si è votato?Che faccia qualche domanda tipo: ha partecipato all'assemblea? le hanno esposto le ragioni del si e dl no? Perchè ha votato si (o no)? ha subito pressioni? Pensava che le togliessero la pensione se non approvava il protocollo?Come avete contato i voti?

Questo il contesto e ci torneremo più avanti, quando qualche "onesto intellettuale" se ne sarà dimenticato.
Adesso lo spettacolo migliore lo offrono sempre i signori della triplice, insieme a Confindustria.
Questi signori si sono incazzati perchè il governo è disposto ad accettare in modo estensivo l'applicazione del criterio di lavori usuranti (proviamo ad immaginare quale categoria ne è interessata)e a rivedere in modo più rigido il criterio di reiterazione dei contratti a termine. Sancendo in sostanza che dopo tre anni non c'è nessuna proroga (e nessuna assunzione a termine alternativa aggiungerei io).
Si tratta di due punti di "civiltà" che permetterebbe a gente che è da 35 anni davanti ad una catena di montaggio, con turni notturni o in situazioni di estremo disagio, di andarsene in pensione e riposarsi; e a qualche milione di precari di avere un orizzonte temporale entro il quale dare concretezza alle proprie aspettative di vita.
Qualcuno mi vuole spiegare perchè NO!?
Qualcuno mi vuole dire perchè proprio i sindacati dicono NO a diritti che si acquisiscono?
Scusate, signori del cazzo, ma di chi fate gli interessi?

sabato 13 ottobre 2007

Il sindacato



I numeri sugli iscritti alla triplice li forniscono i sindacati. E' una sorta di autocertificazione che non ha alcun riscontro oggettivo. Un pò come nel caso dell'ultima consultazione.Secondo questi numeri su 11milioni 724mila iscritti, ci sono circa 5 milioni 719mila pensionati.Oggi un pensionato la tessera al sindacato la fa per utilizzare, anche, tutta una serie di servizi che in questo modo costano meno (dalla denuncia dei redditi, alla ricerca di una badante, ai problemi con il padrone di casa).Dopo i pensionati, il pubblico impiego è la categoria più rappresentata con 1 milione di iscritti.
Il sindacato è una strana bestia, ha un ruolo di mediazione collettiva pur non avendone i requisiti se non nel fatto che l'altro ti riconosca come tale.L'articolo 39 della costituzione dice che "l'organizzazione sindacale è libera" l'unico obbligo che può essere imposto è quello della registrazione presso uffici locali e centrali.Ad oggi nessun sindacato si è preoccupato di fare questo e nessuno ha mai sancito ufficialmente la rappresentatività di un sindacato.
Oggi il sindacato si occupa di massimi sistemi. Vuole regolamentare ed avere un ruolo negoziando le politiche economiche dei governi, partecipa a consigli di amministrazione di enti pubblici, partecipate e municipalizzate. Molti suoi uomini non fanno molta fatica a saltare la barricata e ad occupare molto tranquillamente posizione di potere sia nell'ambito del pubblico che del privato. I peggiori direttori del personale li ricordo tra ex sindacalisti.
Quando parlo di sindacato, oggi, mi riferisco non alla sua storia ed a quello che ha rappresentato nel passato, ma quello che rappresenta oggi. Oggi è un buon viatico a problemi di occupazione facendoti diventare un suo impiegato o funzionario, senza per altro garantirti i diritti dello statuto dei lavoratori. Ha la possibilità di garantirti lunghi periodi di distacco dal tuo luogo di lavoro e di alleviarti dalle fatiche dei comuni mortali, di fornirti un potere negoziale in azienda che opportunamente sfruttato può servirti alla lunga nelle relazioni con i tuoi capi.Insomma può garantirti una serie di "benefits" che alla lunga non puoi non accettare.
E' un formidabile organizzatore di business (cooperative) e di consenso.In questo modo è fonte di reti di relazioni e di potere.
E' dura fare il sindacalista da lavoratore e confrontarti con la struttura. le ragioni delle opportunità e della politica disegnano, il più delle volte, un corridoio stretto all'interno del quale districarsi. Il contenitore ti ingabbia e, ad un certo punto, capisci che in realtà non rappresenti più i tuoi colleghi in funzione delle loro istanze e della tua capacità di essere promotore e coordinatore di lotte.Rappresenti la loro politica (quella del sindacato istituzione), il loro modo di vedere la società e le sue relazioni, la loro capacità di stemperare e semplificare il conflitto. Sei diventato come il valium o come il bromuro. Pensare di cambiare le sorti o di incidere all'interno di questo "mostro" è roba da cristiani nel periodo di Nerone.Ci vuole molta fede. Oppure non resta altro che uscire dal carrozzone e guardarsi intorno e forse il panorama è meno desolante di quello che si possa immaginare.Ammesso che il valium non abbia già fatto il suo effetto.

venerdì 12 ottobre 2007

Italianiiiiii!!! Il consenso al protocollo.


I numeri che saranno forniti da chi ha organizzato la consultazione, in modo macro sono stati anticipati dai media oggi.
Questi numeri ci dicono che hanno votato circa 5 milioni di persone.
Una prima lettura indica nell'82% il dato (bulgaro) di consenso al protocollo sul welfare. A questo protocollo hanno contribuito con il 99,81% di si i pensionati (dato de La Stampa di oggi).Il dato di per sè mi inquieta. Intanto sarà interessante sapere quanto pesano i pensionati sul totale dei votanti, dopo di che vorrei avere l'indirizzo ed i nominativi dei contrari (lo 0,19%) per mettermeli in agenda e spedire loro gli auguri per tutte le ricorrenze in calendario.
Detto questo, credo che la "serietà" dell'evento si commenti da solo con questi banalissimi dati statistici.
Direi che è una vittoria della democrazia quella in cui hanno fatto votare con un si ed un no (senza distinguere) persone a cui l'accordo dava "soldi" e soggetti interessati a questioni, forse più banali, come i lavori usuranti e la precarietà.
Il dato sui lavoratori dipendenti al 2005 era di circa 17. milioni a questi vanno sommati i milioni di pensionati, partite iva ed affini che compongono il mondo di quanti potevano essere interessati dalla consultazione.Quello che salta all'occhio è, dal mio punto di vista, il dato sulla non partecipazione. una sorta di messaggio da interpretare ma che sembra quasi voler dire "ho bisogno di pensare a cose a più serie e non sono queste le cose che cambiano la mia condizione o risolvono i miei problemi". Venendo alla parte che mi compete territorialmente (Torino e provincia) qui i si hanno vinto con il 66%. Anche a Torino i pensionati hanno dato una mano con il 95% di consensi.Senza di loro i consensi si attestano intorno al 55,8%.Un dato un pò più in linea con quella che dovrebbe essere la sostanza di una dialettica "democratica" tra parti.Per quanto riguarda la categoria metalmeccanica su 542 imprese i si hanno vinto in 101 ed il no (sul totale del comparto) ha vinto con il 70% di voti (36.224).
Ora lor signori possono rappresentarsi il paese che vogliono e che più gli aggrada.Hanno messo in campo un apparato mediatico ed una rete di controllo molto capillare ed efficiente. E' difficile competere, in queste condizioni, con volantini e ciclostili.E' difficile mettere in campo uno sforzo organizzativo che permetta di raggiungere tutti i luoghi di lavoro e "garantire" un confronto ad armi pari.Saranno felici di leggere la realtà che vogliono per auto referenziarsi e continuare in questo modo.Potranno tranquillamente iniziare il gioco delle epurazioni (vedi Cremaschi). Quello che emerge, come campanello, è l'astensionismo massiccio ed il disinteresse di tanti. La fotografia di una società disgregata ed assente. Una società in cui ribollono malumori ed incazzature varie che possono prendere sbocchi e rivoli inattesi per lor signori.La trincea di quegli operai e di quella categoria assume, da questo punto di vista, un valore più che simbolico.

giovedì 11 ottobre 2007

La nazione ed i media, un messaggio di Pasolini

Sarà stato un gran pessimista, il Pier Paolo, ma nel suo pessimismo viveva la consapevolezza che in quello c'era il suo opposto:l'ottimismo della speranza.
>Ho trovato questi due vecchi video, una sua poesia dedicata alla "nazione", ed all'essenza della sua classe dirigente, ed un intervista fatta da Enzo Biagi.
Ho sorriso quando, con stupore, Biagi lo apostrofa dicendogli "lei qui (TV) è libero di dire quello che vuole".Proprio lui.