Scorrendo qualche post, che tratta di politica e di economia, leggo spesso l'evocazione "dell'economia di sussistenza".
Cosa sarà mai l'economia di sussistenza nel suo significato "vero"?
Se si prende come riferimento la storia dell'umanità, di solito, ci si riferisce all'economia di quelle comunità in cui non esisteva una specializzazione nei ruoli che i vari soggetti vi assumevano (nel lavoro svolto) e dove ciò che veniva prodotto vi veniva consumato.
Lo scambio di ciò che venne prodotto in più dalle comunità, cioè le eccedenze dei prodotti, assunsero un ruolo che permise lo sviluppo delle comunità su tre direttrici:
1- una specializzazione dei vari soggetti all'interno delle comunità, quindi una divisione del lavoro in funzione di abilità e ruoli riconosciuti
2- la formazione di comunità sempre più numerose; integrate in contesti urbani che beneficiavano della possibilità di usare "infrastrutture" naturali come vie di comunicazione per gli scambi.
3- un sistema di governo che aveva l'obiettivo di coordinare i vari soggetti ed una stratificazione delle classi in funzione della ricchezza posseduta.
Qualche esempio nella storia lo abbiamo con lo sviluppo nel 3.500 a.c. delle città di Uruk, Eridu e Ur.
La nozione di economia di sussistenza ha, quindi, come punto di riferimento una comunità stanziale e chiusa in cui quello che viene prodotto viene consumato; è riferibile ad un epoca precedente al 3.500 a.c. e riporta al neolitico.
Quindi, ha senso parlare di economia di sussistenza quando si ventila l'idea di indirizzare lo sviluppo dell'economia su direttrici diverse?
Il pensiero che sta dietro all'uso di quel termine ha come punto di riferimento, probabilmente, più che l'aspetto economico il modello di condivisione delle scelte che si operano all'interno della comunità.
L'immagine è quella del villaggio in cui tutti fanno le stesse cose,consumano tutto e c'è una gestione delle scelte di tipo "assembleare".
Una logica hippy e comunitaria che non tiene conto che anche così nulla garantisce da come possa, in ogni caso, svilupparsi la qualità dei rapporti tra i vari soggetti.
Per chiudere anche l'economia di sussistenza non ci preserverà dalla necessità di ricercare, in ogni caso, la felicità.
Cosa sarà mai l'economia di sussistenza nel suo significato "vero"?
Se si prende come riferimento la storia dell'umanità, di solito, ci si riferisce all'economia di quelle comunità in cui non esisteva una specializzazione nei ruoli che i vari soggetti vi assumevano (nel lavoro svolto) e dove ciò che veniva prodotto vi veniva consumato.
Lo scambio di ciò che venne prodotto in più dalle comunità, cioè le eccedenze dei prodotti, assunsero un ruolo che permise lo sviluppo delle comunità su tre direttrici:
1- una specializzazione dei vari soggetti all'interno delle comunità, quindi una divisione del lavoro in funzione di abilità e ruoli riconosciuti
2- la formazione di comunità sempre più numerose; integrate in contesti urbani che beneficiavano della possibilità di usare "infrastrutture" naturali come vie di comunicazione per gli scambi.
3- un sistema di governo che aveva l'obiettivo di coordinare i vari soggetti ed una stratificazione delle classi in funzione della ricchezza posseduta.
Qualche esempio nella storia lo abbiamo con lo sviluppo nel 3.500 a.c. delle città di Uruk, Eridu e Ur.
La nozione di economia di sussistenza ha, quindi, come punto di riferimento una comunità stanziale e chiusa in cui quello che viene prodotto viene consumato; è riferibile ad un epoca precedente al 3.500 a.c. e riporta al neolitico.
Quindi, ha senso parlare di economia di sussistenza quando si ventila l'idea di indirizzare lo sviluppo dell'economia su direttrici diverse?
Il pensiero che sta dietro all'uso di quel termine ha come punto di riferimento, probabilmente, più che l'aspetto economico il modello di condivisione delle scelte che si operano all'interno della comunità.
L'immagine è quella del villaggio in cui tutti fanno le stesse cose,consumano tutto e c'è una gestione delle scelte di tipo "assembleare".
Una logica hippy e comunitaria che non tiene conto che anche così nulla garantisce da come possa, in ogni caso, svilupparsi la qualità dei rapporti tra i vari soggetti.
Per chiudere anche l'economia di sussistenza non ci preserverà dalla necessità di ricercare, in ogni caso, la felicità.
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